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Berlusconi, Bossi e Formigoni in difficoltà: il nord rimane orfano dei suoi presunti leader

Non è un momento facile per i tre leader italiani che negli ultimi anni hanno rappresentato più degli altri gli interessi del nord Italia. Berlusconi, Bossi e Formigoni si ritrovano in mezzo a scandali ed inchieste giudiziarie che ne delegittimano l’operato e ne limitano la leadership, mentre le regioni settentrionali si vedono private delle tre figure chiave che (almeno sulla carta e nel campo del centrodestra) si facevano portavoci delle istanze dell’area più produttiva del paese.

Il Cavaliere è costretto settimanalmente ad andare al tribunale di Milano per presenziare ad un processo in cui è accusato di concussione e di sfruttamento della prostituzione minorile, mentre la Cassazione ha sancito chiamente come Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl, fosse il “mediatore” tra lo stesso Silvio Berlusconi e settori di cosa nostra.

Umberto Bossi è stato costretto a lasciare la segreteria della Lega nord in quanto un gruppo di dirigenti del suo movimento a lui molto vicini (tra cui l’ex tesoriere, la propria “badante” Rosi Mauro e lo stesso figlio Renzo Bossi) usavano, secondo le ipotesi di reato di tre Procure della Repubblica, i soldi del partito per interessi personali. Minato dalla malattia, isolato dai suoi stessi militanti, colpito da pesanti accuse che ora includono anche casi di presunta corruzione, Bossi conduce attualmente la sua personale battaglia per tenere unite le varie anime della Lega, dimenticandosi le vere rivendicazioni che provengono dalle terre in cui il partito di via Bellerio è fortemente radicato.

A questo si aggiunge la precarietà di Roberto Formigoni che da presidente della più popolosa e ricca regione italiana, sta diventanto un governatore a breve scadenza, la cui carica sembra avere i giorni contati. Il “Celeste” come viene chiamato Formigoni dai sui fedelissimi, dopo la storia di Nicole Minetti, fatta eleggere nel suo listino in virtù della propria amicizia con Silvio Berlusconi, si trova in balia della stampa e forse presto della magistratura per i suoi rapporti molto “particolari” e poco chiari con imprenditori della sanità lombarda.

Ultimamente è più facile sentire Silvio Berlusconi discettare sull’arte del burlesque, oppure Umberto Bossi o Roberto Formigoni tuonare contro presunti complotti orditi nei loro confronti, che non ascoltare questi stessi leaders avanzare una proposta concreta per arginare la crisi sicuramente più acuta in terre in cui la piccola e media imprenditoria italiana è più diffusa.

Sfiancati dai propri errori politici, dall’impreparatezza della classe dirigente di cui si sono attorniati e da un senso di etica pubblica che non hanno mai posseduto, ma che adesso (piu’di prima), gli italiani rivendicano, di questi piccoli leaders - un tempo faro del “grande nord” - restano soltanto le parole confuse che quotidianamente pronunciano dinanzi alla stampa, nell’eterno tentativo di “metterci una pezza”. Ma ormai più che potenti appaiono patetici.

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