Bangladesh, tra le sfide del nuovo governo c’è l’abrogazione della Legge sui reati informatici
Sono tante sfide che attendono il nuovo governo ad interim del Bangladesh, guidato dal Nobel per la pace Muhammad Yunus, la cui figura autorevole è molto apprezzata dal movimento studentesco (in piazza da oltre un mese e affrontato con estrema ferocia) ma è pur sempre “vigilata” dalle forze armate.
Una delle leggi repressive da abrogare è quella sulla “cybersicurezza” o Legge sui reati informatici del 2023, che ha sostituito – replicandone, come nota un rapporto di Amnesty International, punto per punto tutto l’impianto repressivo – la Legge sulla sicurezza digitale del 2018 e l’articolo 57 della Legge sull’informazione e le tecnologie della comunicazione del 2008.
Le norme entrate in vigore lo scorso anno sono state usate per prendere di mira giornalisti, difensori dei diritti umani e dissidenti, anche prima e durante le proteste iniziate a luglio.
Il 26 giugno un uomo è stato arrestato per aver criticato su Facebook la riforma che assegnava il 30 per cento dei posti nell’amministrazione pubblica ai discendenti dei veterani della guerra d’indipendenza del 1971.
Il 24 luglio sette persone sono state poste sotto inchiesta per avere, sempre su Facebook, pubblicato immagini satiriche di funzionari del governo.
La Legge sui reati informatici punisce ancora le opinioni ritenute “propaganda contro lo spirito della guerra di liberazione”, la “diffusione di informazioni false e offensive”, la “diffamazione” e le espressioni che “urtano i sentimenti religiosi, vanno contro l’armonia o mettono in pericolo la legge e l’ordine”.
Chi contravviene alla norma può essere oggetto di perquisizioni, arresti, incarcerazione e sequestro dei suoi strumenti informatici, senza alcuna garanzia sull’uso e la conservazione dei dati.
Le autorità possono inoltre chiedere la cancellazione di contenuti che “minacciano la cybersicurezza” senza autorizzazione di un giudice né possibilità di ricorso.
In assenza di dati ufficiali Amnesty International ha calcolato che, nei suoi sei primi mesi di attuazione, la Legge sui reati informatici ha dato luogo ad almeno dieci indagini per diffamazione contro la (ormai ex) prima ministra Sheilh Hasina.
L’immagine è stata realizzata da Ema Anis
Questo articolo è stato pubblicato quiLasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox