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Banche: la benzina, il fiammifero, l’estintore

Le autorità statunitensi salvano i clienti della banca delle startup offrendo al sistema quella liquidità che la banca centrale stava ritirando aggressivamente. E l'Europa viene contagiata

 

Nel tardo pomeriggio statunitense di domenica 12 marzo, le autorità federali sono intervenute per evitare che il collasso di SVB sfuggisse di mano. I depositanti di SVB e Signature Bank (posta in risoluzione quasi contestualmente), saranno integralmente garantiti, “senza costi per i contribuenti”. Azionisti e “alcuni creditori non garantiti” non saranno protetti, cioè saranno spazzati via. Eventuali costi a carico del sistema di assicurazione federale sui depositi saranno addebitati al sistema bancario, come previsto dalla legge e come succede anche da noi col Fondo Interbancario di tutela dei depositi.

LA FED E L’IDRANTE

L’aspetto più interessante dell’intervento è che le banche potranno prendere a prestito dalla Fed a scadenze sino a un anno mettendo a garanzia Treasury, obbligazioni ipotecarie e altri titoli di elevata qualità, valutati a valore nominale e non a quello di mercato. Questo aspetto è quello più interessante e potenzialmente foriero di conseguenze anche in giro per il mondo, soprattutto in Europa.

Perché? E il settore bancario europeo non è molto differente da quello americano, per supervisione più stretta? Lo è ma i mercati prima agiscono e poi fanno e si fanno domande. E così, le quotazioni del settore bancario europeo, nella giornata di lunedì 13, sono state colpite in modo pesante. Ma torniamo al caso americano.

La Fed, come noto, ha iniziato una fase di rialzi marcati e protratti dei tassi d’interesse. Le banche che non hanno coperto il rischio di tasso usando derivati si trovano con perdite teoriche piuttosto elevate. Ampia parte dei titoli di stato sono stati spostati, a livello di classificazione contabile, nella categoria “Mantenuti sino a scadenza” (Held To Maturity, HTM), in modo da non subire danni ai bilanci in conseguenza del loro deprezzamento.

E fin qui, tutto bene. Il problema, come evidenziato dalla vicenda di SVB, è quando una banca perde depositi e si trova costretta a vendere i titoli (di Stato e non) che ha nell’attivo. A quel punto, il rischio è di realizzare forti perdite che mangiano il capitale, richiedendo una ricapitalizzazione che il mercato vivrebbe come un rischio esistenziale per la banca.

Ecco perché le autorità americane hanno consentito di prendere a prestito dalla Fed con il Bank Term Funding Program (BTFP), mettendo a garanzia titoli di stato, obbligazioni ipotecarie con garanzia pubblica e altri titoli di elevata qualità. La mossa serve a evitare di dover vendere in urgenza (fire sale) i titoli, e bruciarsi capitale. La garanzia di questa liquidità a condizioni di favore serve a evitare che i depositanti di banche che potrebbero essere in difficoltà fuggano coi soldi, avverando la profezia del fallimento. Nel frattempo, l’agenzia di assicurazione federale sui depositi procede a vendere l’attivo di SVB, e alla fine si vedrà se queste vendite saranno sufficienti per coprire il valore dei depositi, oppure se ci sarà una perdita da mettere in conto al sistema bancario e quindi ai clienti.

A questo punto, sorgono altre domande: siamo sempre nell’ambito dei casi più o meno isolati oppure c’è qualcosa di sistemico? Il denominatore comune, come già detto, è il rialzo dei tassi, con le conseguenti perdite sul valore dei titoli a tasso fisso. Se la base dei depositi di una banca è stabile e diversificata, non dovrebbero esserci pericoli, e la possibilità di prendere a prestito dalla banca centrale senza decurtazioni dovrebbe consentire di evitare problemi.

A questo punto, molti tra voi diranno: “ma come, le banche centrali aumentano i tassi e poi prestano a condizioni agevolate alle banche?” Così pare. I nuovi prestiti Fed saranno remunerati a tassi pari all’Overnight Indexed Swap (OIS) a un anno, più 10 centesimi. A oggi, sarebbe circa il 5%. Sul 100% del valore nominale del titolo messo a garanzia.

E ancora: se questa è una misura espansiva per proteggere la stabilità finanziaria, non rischia di essere del tutto contraddittoria rispetto alla stretta monetaria in atto, e di conseguenza produrre iniezioni di liquidità nel sistema che finiscono a soffiare sul fuoco dell’inflazione? Non è detto che le cose siano così meccaniche. Spesso basta l’annuncio della banca centrale per placare gli animi, senza usare gli strumenti annunciati. Se il mercato sa che c’è un backstop di liquidità da parte delle banche centrali, allora i depositanti si sentiranno meno inquieti.

IL CONTAGIO DELL’EUROPA

Tutto bene, quindi? Sì e no. Nel senso che l’iniziativa americana sta causando contraccolpi in Europa. Anche da noi i rendimenti sono saliti e le banche hanno delle perdite teoriche sul portafoglio titoli, se non hanno coperto il rischio di tasso. Il mercato pare dire: “d’accordo, classifichi quei titoli come detenuti sino a scadenza, ma se avessi bisogno di venderli prima perché devi pagare i depositanti che se ne vanno?”

Ecco quindi un contagio dagli Stati Uniti all’Europa. Le banche americane possono avere liquidità per 100 mettendo a garanzia 100 di titoli di stato. In Europa non è (ancora) possibile. I mercati prezzano questa divergenza. Secondariamente, è il ragionamento, le banche dovranno pagare di più i depositi, per evitare che fuoriescano, e quindi avranno danni di redditività. Ed ecco che vengono penalizzate. Soprattutto, quando ci si trova in una fase di stretta monetaria, i depositi si restringono fisiologicamente.

Quello di SVB è stato un caso che definirei di risk mismanagement, oltre che di buco regolatorio. Una crisi idiosincratica che tuttavia mette in luce i rischi sistemici per la stabilità finanziaria indotti dalla stretta monetaria. Il sistema bancario americano, che molti elogiano e indicano agli europei come modello di redditività, stabilità e “tocco leggero” regolatorio, ci regala uno scossone che dovremo gestire.

Per ora, osserviamo il vero e proprio crollo dei rendimenti di mercato, che suggerisce che il timore sta portando a ridimensionare drasticamente il sentiero previsto della stretta monetaria delle banche centrali. Ora è il timore per la stabilità finanziaria ad aver preso il volante, strappandolo a quello per l’inflazione. Occorre sperare di non uscire di strada. Dalla benzina del denaro facile al fiammifero della stretta monetaria, ora è il turno dell’estintore, sempre che da esso non esca liquido infiammabile. Siamo peraltro sicuri che i mercati accetteranno un aumento dei tassi di ulteriore mezzo punto da parte della Bce, tra pochi giorni?

In tutto ciò mi sia consentito un sorriso, pur se piuttosto tirato, per i dibattiti politici europei e italiani. Quelli che passano dalla tassazione degli “extraprofitti” delle banche al timore di doverle puntellare nuovamente.

P.S. Ultimo ma non per ultimo, c’è un elefante nella stanza. Se questo intervento venisse interpretato come sdoganamento della garanzia illimitata su tutti depositi, inclusi quindi quelli aziendali, si aprirebbero rischi altissimi di destabilizzazione per manifesta ingestibilità, oltre a una evidente spinta al moral hazard, potenzialmente letale.

  • Sulla catena di unintended secondary consequences di questi interventi, riguardo i confini delle garanzie pubbliche ai clienti delle istituzioni finanziarie, lettura consigliata: Tyler Cowen.

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Foto di raedon da Pixabay

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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