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Balena Bianca all’orizzonte. Voterebbe oggi per un "partito di tecnici" il 22% degli italiani

Questo è il dato rilevato da un sondaggio, condotto da Ipr Marketing per conto de "la Repubblica", riguardo alle potenzialità elettorali di un nuovo partito che raccogliesse il testimone del "montismo".

A votarlo sarebbero elettori provenienti da un po’ tutti gli altri partiti; in particolare dal PD che, dal 28% delle intenzioni di voto passerebbe al 22%, e dal PdL che dal 22% passerebbe al 17%, ma, e questo è il primo risultato sorprendente, anche dall’IdV, che pure al governo tecnico si oppone apertamente, che dal 9% scenderebbe al 7.

Notevolissima, ed è l’altro dato da tener presente, sarebbe anche la fuga di consensi dal terzo polo che, in presenza di un partito “tecnico” dimezzerebbe o quasi i propri voti: l’ UDC passerebbe dall’ 8 al 4% e FLI dal 3,5 al 2%. I “montiani” (uso questo aggettivo, seppure Mario Monti abbia ribadito di non aver intenzione di proseguire con la politica oltre il 2013, perché, tutto sommato, mi pare il più adatto), insomma, se si presentassero con una propria formazione, sarebbero il primo partito alla pari col PD.

Non si può dubitare che questo consenso sia dovuto, in buona parte, al cambiamento d’immagine rappresentato da Monti e dai suoi ministri rispetto ai loro predecessori, oltre che, ovviamente, al successo “contabile” ottenuto dalla loro azione di governo combinata con quella di Draghi alla guida della BCE; il differenziale dei tassi tra i nostri titoli e quelli tedeschi è tornato ai livelli di settembre, determinando un risparmio potenziale, per l’Italia, di 55 miliardi nei prossimi tre anni, e molti elettori non possono che averne preso nota.

A queste ragioni però se ne aggiunge una che credo tutti abbiano considerato ma che, per una qualche ragione, non viene mai espressa. Qualcuno ha scritto che vi sia la delusione nei confronti dei partiti tradizionali, dietro l’approvazione raccolta da Monti presso l’opinione pubblica, e che, proprio per questa ragione, se lui o uno dei suoi ministri dovesse davvero fondare un partito politico, ben difficilmente quest’approvazione si tradurrebbe in voti. Il ragionamento vale solo nella sua prima metà. Non vi è dubbio che una parte dell’elettorato italiano non si riconosca nei partiti della Seconda Repubblica, ma non è affatto detto che, solo per questo, non sia disposto a votare per un partito nuovo. Anzi, per un partito antico. Parlo ovviamente della Democrazia Cristiana.

Inutile discuterne meriti e demeriti; bisogna solo prendere atto del fatto che quando Mani Pulite la fece sparire, innanzitutto per colpa del comportamento di tanti suoi dirigenti durate i folli e criminali anni ’80 della nostra politica, la DC era ancora il partito di maggioranza relativa: un grande contenitore di materiale politico disomogeneo, da Martinazzoli a Cirino Pomicino, che, ricondotto ad unità da una certa comunanza di valori, rappresentava, vizi inclusi, un’ampia fetta della nostra società.

Quegli elettori non sono spariti; quei democristiani, cui magari il partito confessionale stava già stretto, non si sono volatilizzati a seguito delle sentenze della magistratura. Hanno votato per i nuovi partiti, alcuni vi sono addirittura entrati da protagonisti, ma, in generale, non avevano una tale affinità con la sinistra da riconoscersi fino in fondo col PD e, se pure possono essere stati attratti dalla prima Forza Italia, molti di loro avevano cari valori antitetici a quelli che si sono rivelati essere fondanti per il partito ad personam dell’edonismo berlusconiano.

Sono loro, e più in generale tutti i nostalgici di quanto di buono era pur rimasto dentro il pentapartito (credo vi fossero addirittura dei socialdemocratici onesti) ad essere la base elettorale del “partito che non c’è”; loro e tanti giovani, che vent’anni fa magari non erano neppure nati, che non si sentono di sinistra, ma non per questo erano disposti a votare per i nani e le ballerine di quello che fino a ieri era il centrodestra.

Che questo sia il profilo degli elettori del “partito che non c’è” ce lo confermano proprio i dati di quel sondaggio. Fotografano, innanzitutto, il ritorno all’ovile dei democristiani dispersi nel PdL e nel PD, di quelli “legalitari” finiti con Di Pietro e più ancora, in proporzione, di quelli “costretti” a votare per il non eccelso frammento di DC guidato da Casini. Ci dicono, quasi a riprova di quanto ho scritto, che non hanno tentazioni “montiane” solo gli elettori della Lega, che hanno motivazioni peraltro diversissime da quelle del resto del paese, e quelli di SEL rimasta riferimento pressoché unico della sinistra radicale in Parlamento.

Soprattutto, ed è il dato più significativo a mio parere, ci rivelano che la presenza sulle schede elettorali del partito che non c’è” farebbe scendere il numero degli indecisi e degli astenuti dal 47 al 33%. Sarebbe un’Italia decente, lontana dalle ideologie e per la maggior parte laica, quella che, delusa dal berlusconismo, inorridita dal leghismo come pure dubbiosa di una sinistra che avverte come diversa da sé, tornerebbe allora a votare. Un’Italia dimenticata , oggi priva di rappresentanza, ma ancora maggioritaria.

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