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Aumento dell’Iva, abolizione dell’Imu: la situazione è peggiorata

È passato poco più di un anno dal nostro articolo sull’aumento dell’IVA e i paragoni con gli altri Paesi europei. Tristemente, dobbiamo prendere atto dell’aumento dell’IVA ordinaria dal 21 al 22% in Italia, deliberato il 17/09/2011 dal governo Berlusconi ed entrato in vigore il 1° ottobre 2013.

Come possiamo notare dai trend degli altri Paesi dell’Unione Europea, il modello scandinavo è rappresentato bene dalla Danimarca (25% di aliquota IVA, ferma dal 1992). A questa tassazione elevata sui consumi, però, corrispondono minori carichi contributivi sui lavoratori e un migliore Stato sociale. Andando a vedere i Paesi con popolazione simile alla nostra, invece, possiamo notare due trend ben distinti, rappresentati da Francia e Spagna.

A Parigi, oramai da 13 anni, rimane ferma al 19,6%; per quanto riguarda il Paese governato da Mariano Rajoy, invece, abbiamo assistito ad una evoluzione drammatica della tassazione sui consumi. Si è passati, nell’arco di soli 3 anni, dal 16% fino al 21% (aumento datato settembre 2013).

Passando agli altri PIIGS (Portogallo, Irlanda e Grecia oltre alle citate Spagna e Italia), è facile notare come il trend sia molto simile: l’Italia, come detto, è passata dal 20% al 22% in due anni. Il Portogallo ha visto la propria aliquota al rialzo negli ultimi 3 anni (dal 20 al 23%).

La Grecia è passata dal 19 al 23% nel 2010, con due aumenti di aliquota (21% a marzo 2010, 23% a luglio 2010) che hanno depresso ulteriormente i già bassi consumi. L’Irlanda, che nel 2010 abbassò l’aliquota dal 21,5% al 21%, è ora ai livelli di Grecia e Portogallo.

articolo iva 2013 youtrend.doc Modalità compatibilità L’importanza di essere nei PIIGS: il caso dell’IVA

Tutti questi dati ci portano ad una riflessione sulle policies poste in essere dagli ultimi governi che si sono succeduti a partire dal 2011 ad oggi. Dati i paragoni con gli altri Paesi europei e tenendo conto del malandato stato dei nostri conti pubblici, l’innalzamento delle aliquote IVA poteva essere tenuto in conto come parte di un pacchetto più ampio di provvedimenti. La politica, però, non ha preso in considerazione l’inequità di questa imposta, che colpisce indistintamente tutti i cittadini e quindi i redditi più bassi ne sono affetti in maniera più rilevante.

Una soluzione poteva essere quella di alzare l’aliquota IVA per alcuni beni di lusso, di fatto inserendo una imposta patrimoniale indiretta su chi poteva permettersi determinati tipologie di beni (barche, automobili di grossa cilindrata, gioielli, abbigliamento di lusso etc etc). Tutto questo, però, avrebbe fatto diminuire le vendite di queste tipologie di prodotto e avrebbe provocato una contrazione della forza lavoro in questi settori, aumentando ulteriormente il tasso di disoccupazione.

Diventa a questo punto difficilmente giustificabile l’abolizione dell’IMU sulla prima casa, l’unica vera imposta patrimoniale rimasta a disposizione dello Stato e, soprattutto, dei Comuni. Sarebbe stato più consigliabile attuare la riforma del Catasto di modo che l’imposta fosse resa più equa per i contribuenti. Oppure l’alternativa era aumentare la detrazione base in modo da proteggere quella fascia di abitazioni presumibilmente collocabili nei redditi medio-bassi.

La politica, in questi mesi, è riuscita senza alcun dubbio a peggiorare una situazione di per se non semplice: a questo punto, l’ipotesi di rimanere senza Governo e di fare ordinaria amministrazione potrebbe essere davvero la nostra salvezza. Grottesco, a dir poco.

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