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Attentato di Strasburgo | Un meccanico afghano

di Giorgio Chelidonio

L’informazione e la solidarietà possono essere cripto-nazionaliste?

Tre giorni fa, su Radiotre/Mondo della Rai, ho avuto notizia che fra le vittime dell’attentato di Strasburgo c’era un profugo afgano, da quasi 20 anni rifugiato in Francia, dove aveva messo su famiglia e lavorava come meccanico [LINK 1]. Questa notizia – che fino ad allora mi era sconosciuta nonostante i numerosi articoli giornalistici – mi ha colpito per diversi motivi: era musulmano praticante, era andato (con moglie e tre figlioletti) al mercatino natalizio ed è stato ammazzato, con un colpo alla testa, per essere stato “scelto” a caso dall’attentatore.

Per provare a capirne di più ho provato a interrogare la rete digitando «meccanico afgano + attentato Strasburgo». Dalla massa dei “copia-incolla” sono emersi ben pochi dettagli in più, in modo del tutto sproporzionato alle notazioni sulla vittima italiana, Antonio Megalizzi di cui giustamente tutti hanno enfatizzato la valenza simbolica di giovane che si stava impegnando nel giornalismo e nella dimensione attiva di cittadino europeo.
Solo da 2 o 3 siti italiani ne è emerso il nome: Kamal Naghchband. La stampa francese, invece, lo nomina come «un cittadino di Strasburgo di origine afgana» [LINK 2] evidenziando così una storia personale e familiare emblematica di quel processo che si auspica possa realizzarsi come “integrazione”.
Chiudo:
a) ponendo una domanda: l’informazione e la solidarietà umana possono essere cripto-nazionaliste?
b) segnalando nei link gli stralci, italici e non, esemplari di questa diversità nel trattare… l’informazione. 


LINKS

  1. https://www.corriere.it/esteri/cards/attentato-strasburgo-chi-sono-vittime-feriti/i-feriti-l-afghano-religione-musulmana.shtml
    Deceduto anche un cittadino afghano di religione musulmana. L’uomo, un meccanico di nome Kamal, è morto mercoledì mattina. La notizia è stata data dai responsabili della moschea di Strasburgo. Era uscito prima dal lavoro per fare una passeggiata al mercato di Natale con la moglie e i tre bambini ed è stato colpito alla testa mentre teneva il figlioletto di tre anni fra le braccia. http://lanuovabq.it/it/le-vittime-dei-jihadisti-non-sono-tutte-uguali

2) https://france3-regions.francetvinfo.fr/grand-est/bas-rhin/strasbourg-0/attaque-terroriste-strasbourg-kamal-naghchband-45-ans-etat-mort-cerebrale-est-decede-1591815.html +

https://www.fdesouche.com/1126427-strasbourg-67-enterrement-de-kamal-naghchband-refugie-afghan-tombe-sous-les-balles-de-cherif-chekkat

Kamal Naghchband, mort deux jours après l’attentat du marché de Noël de Strasbourg dans la soirée du mardi 11 décembre, est la première victime de Cherif Chekkat à avoir été inhumée. […] Cet Afghan de 45 ans était arrivé en France il y a une vingtaine d’années, avec sa famille. Originaire de la capitale Kaboul, il avait fait ses études à Mazar-i-Sharif, dans le nord du pays, précisait-il sur son compte Facebook, avant de fuir la guerre pour trouver refuge d’abord à Paris, puis à Strasbourg. C’est aussi en Alsace qu’il s’était marié et que sont nés ses trois enfants, âgés aujourd’hui de 3, 6 et 8 ans. Après avoir travaillé de nombreuses années dans un garage à proximité de la ville, il avait ouvert sa propre affaire il y a deux ans.
[…] Homme de bien, toujours souriant, Kamal Naghchband était apprécié de tous. Depuis 2016, il tenait un garage automobile à proximité de la mosquée Eyyûb Sultan, qui lui louait l’espace. « Il avait besoin d’un local donc il est venu ici, comme il fréquentait régulièrement la mosquée », affirme Eyup Sahin, président régional de l’association islamique Milli Görüs, qui gère le lieu de culte.
« Sa clientèle, ce n’était pas que des Afghans, témoigne un fidèle de la mosquée. Il y avait de tout ; cela prouve qu’il était accueillant avec tout le monde. Les gens venaient dans son garage même sans avoir de voiture à faire réparer, simplement pour prendre un café. Avec lui, on ne parlait jamais de l’actualité ; il faisait plutôt des blagues. Il était tellement souriant qu’on n’avait pas le temps de parler tristesse. » […]

Le Monde

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