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Atalanta vince l’Europa League: inchinatevi alla Dea

Magica Atalanta: prima coppa europea della sua storia!

 

Aviva stadium, Dublin, Ireland

Gli spavaldi orobici di G. Gasperini schiantano 3-0 (tripletta da urlo di Ademola Lookman) i freschi Campioni di Germania del Bayer Leverkusen (al primo k.o. stagionale), e conquistano l'Europa League. Un trionfo in parte annunciato, che per i bergamaschi rappresenta il punto più alto di una epopea da favola iniziata nel 2017, recante in primis la firma del proprio allenatore. Il proseguimento di un sogno incredibile da cui Bergamo non vuole più svegliarsi. Una squadra che negli ultimi anni sembra aver mutato il proprio DNA, e che ormai è diventata un orgoglio per l'intero calcio italiano. 

Era esattamente da un quarto di secolo che l'Italia non si fregiava della Coppa UEFA (perdonatemi, ma la nuova denominazione a me non va proprio giù..). Nel corso di questo lunghissimo lasso di tempo si sono cimentati nel tentativo di emulare il Parma di Alberto Malesani, ultimo team nostrano capace di alzare al cielo il famigerato trofeo, tantissime compagini, dalle più blasonate (come Inter, Milan e persino Juventus) alle meno titolate (come Roma o Napoli), ma nessuna, vuoi per deficienze tecniche, vuoi per mediocrità mentale (comprendente anche la diffusa predisposizione - oggi fortunatamente in fase discendente - di vedere codesta competizione come una incombenza anziché una ghiotta opportunità d'impreziosire l'albo d'oro), era mai riuscita a sfatare quello che nel corso dei lustri era diventato un vero e proprio tabù, accostabile ad una sorta d'incantesimo volto a precluderci l'accesso al circolo delle elette. Sembrava ormai che alle squadre italiane mancasse sempre quel qualcosa in più che le permettesse di elevarsi sulle altre contendenti, ed un certo spirito di rassegnazione iniziava timidamente ad insinuarsi tra le aspirazioni delle compagini della penisola, perennemente inadeguate a raggiungere certi propositi.

QUANDO LA COPPA UEFA SOMIGLIAVA ALLA COPPA ITALIA

E pensare che sino al secolo scorso la Coppa UEFA era stata una sorta di avamposto dello spessore qualitativo del nostro calcio. I successi in questo torneo iniziarono nel 1977 con la Juventus di Bettega e Tardelli. Negli Anni 90 avremmo toccato l'apice delle nostre potenzialità internazionali. Dettavamo legge nella prestigiosa Coppa dei Campioni, nella rinomata Coppa delle Coppe e soprattutto in Coppa UEFA, competizione in cui davamo sfogo a tutte le nostre mire sfarzose. Il nostro idillio con la terza competizione europea (in ordine d'importanza) iniziò esattamente al calar degli Anni 80, col trionfo del Napoli di D. Maradona sullo Stoccarda, unico successo extranazionale nella storia dei partenopei. Il nostro matrimonio con la gloria sarebbe proseguito lietamente nel 1990, con la prima Finale tutta italiana, giocata fra Juventus e Fiorentina, culminata con l'exploit dei bianconeri allenati dall'ex portierone Dino Zoff. La stagione seguente l'apoteosi del calcio tricolore sarebbe proseguita inesorabile, con un'altra finale monopolizzata, con l'Inter di L. Matthaeus e compagni abile a prevalere sulla Roma. L'anno successivo avrebbe sfiorato l'impresa il sorprendente Torino dei vari Marchegiani, Lentini e Casagrande, fermato al cospetto dell'Ajax soltanto dalla differenza reti. Ma l'appuntamento con la letizia fu solo rimandato di un anno. Nel 1993, infatti, la Juventus di R. Baggio e G. Vialli tramortisce in Finale il Borussia Dortmund, conquistando la terza (e sinora ultima) Coppa UEFA della propria storia. L'anno seguente la competizione continuerà a parlare italiano, e stavolta a svettare più in alto è l'Inter di Zenga, Bergomi e Bergkamp, che riuscì ad avere la meglio sugli austriaci del Casino Salisburgo. Nel '95 arriva l'ennesimo ultimo atto targato Italia, e stavolta la ben più accreditata Juventus è costretta ad inchinarsi dinnanzi all'emergente Parma dei sogni dei vari Zola, Asprilla e Dino Baggio. Ormai, dopo questa sfilza ininterrotta di successi la Coppa UEFA sembra aver assunto le sembianze di una versione nobilitata della Coppa Italia, con le nostre esponenti assolute protagoniste. Dopo un paio di anni sabbatici (ed una finale persa dall'Inter) i nostri aneliti trovano il giulivo riscontro nel 1998, grazie all'Inter del brasiliano Ronaldo, che rimette il calcio italiano sulla corsia preferenziale del successo, liquidando 3-0 la “compatriota” Lazio nella prima finale secca della competizione. E così si giunge al 1999, con la glorificazione del super Parma di Buffon, Thuram, Cannavaro, E. Chiesa e Crespo, che tramortisce 3-0 i francesi dell'Olympique Marsiglia. Sembrava il naturale proseguimento della nostra magnifica consuetudine di andare a nozze col tripudio, che all'epoca arrivava quasi per inerzia, ed invece quella superba affermazione rappresentò la chiusura di un ciclo dorato irripetibile. In quel '99 nessuno osava immaginarlo, eppure stava per iniziare un lungo ed estenuante periodo di oblio. Venticinque infiniti anni di delusioni, illusioni, frustrazioni e fallimenti, nel corso dei quali il nostro marchio in questa coppa diverrà sinonimo di sconfitta, di atteggiamento rinunciatario, di apatia. Un vuoto cosmico che pareva non avere fine, da cui sembrava impossibile uscire.

L'IMPRESA STORICA DELL'ATALANTA

Ad interrompere finalmente questa lunghissima fase di ritrazione, facendo ripartire il nastro trasportatore della gloria, ci ha dovuto pensare una squadra che sino a pochi anni fa non avresti osato inserire fra le candidate, e che adesso è diventata l'orgoglio del Bel Paese, capace di tenere alta la bandiera tricolore, ovvero l'Atalanta di Gasperini, la “Dea dei miracoli”. Da quando l'Atalanta nel 2017 aveva iniziato a spogliarsi delle proprie vesti di proletaria per indossare gli abiti della nobiltà, in pochissimi avrebbero immaginato che nel volgere di pochi anni sarebbe riuscita addirittura a vincere una coppa europea. Calarsi in una nuova classe sociale, specialmente se non hai alle spalle una tradizione sontuosa di lungo corso, non è mai facile (presenta svariate insidie) ed anzi richiede una marcata inclinazione all'adattamento. Quasi sempre per mutare le proprie attitudini occorrono decenni, passando per delusioni, amarezze e capitomboli fragorosi. E non è detto che tanta gavetta basti per completare la propria evoluzione. L'Atalanta invece ci è riuscita, completando la propria “elaborazione genetica” in tempi ragionevoli, guidata con sapienza magistrale dal geniale G. Gasperini, principale artefice della permutatio neroblu. Per arrivare così in alto, diventando un modello virtuoso, l'Atalanta ha dovuto rinnegare sé stessa, la sua esiguità ed il proprio passato mediocre consono ad un team idoneo per la salvezza e poco altro. Ha dovuto crearsi dal nulla una notevole tenuta caratteriale, una consistente sfrontatezza, un cospicuo coraggio. Il coraggio di osare, di non attendere l'avversario, ma di affrontarlo frontalmente, di aggredirlo, di schiaffeggiarlo senza remore. Ne è venuto fuori un calcio estremamente propositivo, prorompente, vitale, spumeggiante. Incredibilmente vincente. In ambito italiano, ma soprattutto internazionale. Ed è proprio qui che s'è concretizzata la vera svolta: essere riuscita a forgiarsi uno spirito europeo. Sconosciuto persino a tanti top club. Per una mentalità che ti permette di sfidare ad armi pari anche i più grandi team d'Europa, sovvertendo le gerarchie e cancellando i canoni della consuetudine. Per un cambio di rotta davvero inconsueto per una squadra che da sempre è stata estranea a certi palcoscenici lussuosi. Una squadra proveniente dai vicoli del calcio italiano e che adesso riesce a farsi largo sulle autostrade del football internazionale. Per una favola diventata una vera realtà. Una realtà che ci dice di una ex popolana trasferitasi ormai stabilmente tra i vagoni di prima classe del calcio continentale. Una realtà che ci dice di una squadra diventata da tempo una gradevolissima alternativa alle solite note d'alto lignaggio, conferendo freschezza e nuova linfa all'intero pianeta pallonaro. Una realtà che ci dice di un team capace di conquistare un trofeo che rappresenta l'acme della propria recente epopea nonché il riconoscimento oggettivo di un fenomeno inimitabile destinato a fare scuola. Una realtà che ci dice di un team capace di entrare nella storia, ottenendo quello che a tutti gli effetti è il completamento di un desiderio utopistico mai del tutto confessato. Ed il proseguimento di un sogno incredibile da cui Bergamo non vuole più svegliarsi.

Per una favola che tocca l'apogeo, se ne contrappone un'altra su cui inesorabile cala il sipario. Il Sassuolo, infatti, dopo 11 anni torna in Serie B. Gli emiliani durante quest'arco di tempo erano stati una “piccola Atalanta”, coi suoi assalti alla diligenza, con le sue sortite irriguardose, con le sue escursioni europee. Con le sue ambizioni d'eccezione.

37^ GIORNATA

BOLOGNA-JUVENTUS

3-3

CALAFIORI, CASTRO (B), CALAFIORI (B), F. CHIESA, MILIK p., YILDIZ

SASSUOLO-CAGLIARI

0-2

PRATI, LAPADULA r.

TORINO-MILAN

3-1

ZAPATA, ILIC, RODRIGUEZ, BENNACER (M) r.

UDINESE-EMPOLI

1-1

NIANG r., SAMARDZIC r. (U)

FIORENTINA-NAPOLI

2-2

RRAHMANI (N), BIRAGHI p., NZOLA, KVARATSKHELIA p. (N)

INTER-LAZIO

1-1

KAMADA (L), DUMFRIES

LECCE-ATALANTA

0-2

DE KETELAERE, SCAMACCA

MONZA-FROSINONE

0-1

KHEDDIRA

ROMA-GENOA

1-0

LUKAKU

SALERNITANA-VERONA

1-2

SUSLOV, FOLORUNSHO, MAGGIORE (S)

 

Classifica Squadre

Inter 93 Milan 74 Bologna, Juventus 68 Atalanta* 66

Roma 63 Lazio 60 Fiorentina*54 Torino 53

Napoli 52 Genoa 46 Monza 45 Verona, Lecce 37

Cagliari 36 Frosinone 35 Udinese 34

Empoli 33 Sassuolo 29 Salernitana 16

 

* una partita in meno

 

Inter già Campione d'Italia; Milan, Bologna e Juventus già in Coppa dei Campioni; Salernitana già in B;

Foto Wikimedia

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