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Assalto alla Diaz: i fatti sono nudi

E’buio, quasi mezzanotte, quando dal fondo di via Cesare Battisti si sentono arrivare dei rumori. Rumori insoliti. Un uomo è in strada, dentro la scuola fa troppo caldo, d’altra parte siamo in luglio, in Italia. Forse, pensa l’uomo, è meglio l’estate inglese. Il rumore si avvicina, sembra quello di una marcia, l’uomo guarda verso la fine della strada e vede una colonna di persone. No, non sono semplici persone, sono poliziotti. L’istinto gli fa gridare all’amico accanto di scappare, ma lui non riesce, viene travolto.
(pag.9)

Ci sono eventi che più di altri si sbucciano, dove la realtà assume troppe facce perché occhi e mente umana le possano cogliere tutte, essendo poi in grado di ricostruire ’un intero’. I fatti spesso, sono il vero e unico problema. Riuscire a recuperarli, possibilmente ’interi’ appunto, e non mere schegge o parti rese soggettive dalle memorie individuali, le volontà, i credo politici ma anche religiosi o etici o morali e così via.

Ciò che accadde sabato 21 luglio 2001, a Genova, in occasione della riunione del G8, e più precisamente dentro la scuola Diaz nel corso della notte, fa parte di questo grappolo di non-eventi, quando gli accadimenti mutano forma e sostanza per volontà e parere individuale. Quando la gente fatica a capire, la stampa, i Tg e ogni altro mezzo di informazione non riesce a chiarire, né nel corso di quel fine luglio rovente, né negli anni successivi.

Ce ne sono voluti sette, di anni, per arrivare, il 13 novembre 2008, alla sentenza di primo grado.

Eppure oggi, maggio 2009, se si ferma qualcuno per strada, non importa dove (nord, sud, centro, come volete) e non importa neanche ’chi’ è questa persona; se si chiede cos’è successo alla scuola Diaz nel 2001, cos’è l’assalto alla Diaz, ecco che le parole si confondono.

Qualcosa però si è mosso, tra parole e carta: un funzionario della Polizia, ex sindacalista, una donna. Simona Mammano. Non è riuscita a placare un’ossessione, un bisogno di equità, che da anni si trascina. ’Assalto alla Diaz’ da poco pubblicato da Stampa Alternativa in una collana coraggiosa, tenta di ascoltare le voci, ma lo fa attraverso il rigore dei documenti, attraverso le dichiarazioni, le ’registrazioni dei fatti’ che non dovrebbero dunque finire troppo inquinate da animi, pathos e umori. Dovrebbero certo, nessuno ci può dare certezze in proposito. Ma questo è un male ormai consolidato. Sappiamo che ciò che ascoltiamo dall’amico quanto dal rinomato giornalista può essere una verità parziale, la verità di quel dato soggetto, di quel momento.

Eppure in questo libro di raro impegno civile, Simona Mammano fa uno sforzo ulteriore. Si scherma. Quello che pensa, o ha provato, vedendo, poi scoprendo strato dopo strato non è rilevante, non per un testo che mira a ’presentare fatti’. Nudi. Crudi. Ma fatti reali, messi in fila, tentando di districarsi tra tante, forse troppe, voci spesso contrastanti, confuse, ma che qualcosa, comunque, dicono.

E’ evidente, dunque, lo sforzo dell’autrice, non solo personale ma anche pubblico, l’urgenza di ricostruire. Non condannare a priori, tanto meno assolvere o criticare.
Fatti. Accadimenti. Sequenze di azioni, reazioni, ragioni, cause-effetti.

Antonella Beccaria (on line rintracciabile qui: http://antonella.beccaria.org/ ) , co-responsabile della collana ’Senza finzione’ (che ha all’attivo altri due titoli pubblicati: http://www.stampalternativa.it/collana.php?collana=senza%20finzione), ha affermato alla presentazione bolognese che “i fatti qui urlano più delle parole”. Pare perfino scontato a dirsi oggi. Eppure è proprio così. Non c’è bisogno di lasciarsi ’convincere’ o trascinare da questa o altre teorie su chi, cosa, come, perché. Non c’è n’è bisogno dal momento che gli eventi, rintracciati e proposti come assi di legno su cui camminare, non necessitano di spiegazioni sformanti. Solo dopo, a lettura ultimata, ognuno penserà - se vorrà - crederà o meno, ragionerà insomma.

Però saprà.
E sapere, questo tipo di sapere non è solo prezioso ma essenziale per ricostruire una memoria che non sia astratta, menzognera, inutile.



Simona Mammano cerca il dialogo attraverso un libro senza fronzoli o romanzate. La fantasia qui non esiste, non deve. Ogni pagina registra. Nient’altro. E le storie che si intrecciano inevitabilmente non sono fiction ma reali respiri di chi, quel luglio 2001, si è trovato a Genova, dentro un ’qualcosa’ forse più grande di loro, di loro tutti messi insieme.

’Assalto alla Diaz’ non ha la pretesa di raccontare ’tutto’ di quel G8 maledetto, restringe volutamente il campo, gli occhi della Mammano si concentrano su un preciso lasso temporale, proprio quando i pareri, i ricordi, le certezze dei presenti (e non) si sono troppo facilmente spaccati, stratificando una realtà che perde così una propria collocazione nella storia italiana, si trasforma in circo, illusionismo dove ognuno si sente autorizzato a pensare quello che preferisce.

L’autrice è assistente capo della Polizia di Stato, una donna forte e fragile, ma piena di passione, che cerca disperatamente il confronto, l’occasione per ascoltare e farsi ascoltare, per non perdere quelle briciole abbandonate, frammenti di un passato ancora recente, doloroso, troppo controverso per poter essere accantonato senza lottare. “Vorrei essere un anticorpo” ha detto l’autrice, e gli anticorpi sappiamo cosa fanno: neutralizzano corpi estranei, virus, batteri. Combattono ’i cattivi’ insomma. Ed è questo, io credo, il grande valore di una persona - prima - e di un libro - poi - che non cerca il mercato editoriale ma la gente, che non costruisce ma ri-costruisce, che combatte per riportare a galla quanti più strati possibili. Fornisce strumenti.

Non è una lettura immediata, è bene precisarlo, non potrebbe né deve esserlo. Gli accadimenti ricostruiti attraverso atti, documenti, dichiarazioni, diventano piccoli serpenti che sgusciano, tentano di scivolare lontano ma. Proprio perché le voci ci sono e sono tante, il lettore ha la possibilità - l’occasione - di ascoltare con calma e pazienza, di seguire code e sensi, di unire tasselli, delineare quei fatti con una precisione fin ora forse impossibile.

"La confusione e l’agitazione di quei momenti può aver reso i ricordi imprecisi e confusi" è stato dichiarato dai magistrati di Genova, il febbraio scorso, spiegando la sentenza del novembre 2008. (fonte: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/g8/diaz-motivazioni/diaz-motivazioni.html )

Allora è arrivato il momento di recuperarli, quei ricordi, di perderne il meno possibile.

Simona Mammano ci prova, con coraggio e determinazione, con la disperazione di chi non ha capito per molto tempo e già questo stato - di non conoscenza, non comprensione, confusione - è inaccettabile. Oggi più che mai. Sommersi di media, mezzi di comunicazione e tecnologie.

Certo, il G8 è finito. A un certo punto l’Italia ha preso a respirare regolarmente, passato il caldo, con le foglie dell’autunno e nuovi anni in successione. Il tempo allevia, attutisce, si dice.

Ma è necessario, doveroso, per noi, per le prossime generazioni, per riprendere una coscienza civile, una memoria storica che non sia solo ventriloquismo sterile; è necessario aprire gli occhi e impegnarsi.

Non ci sono rivelazioni, sia chiaro. Colpi di scena o capovolgimenti inaspettati. Nulla di quello che il libro contiene è di fatto ’inedito’. Ma la capacità di sintetizzare raccogliendo l’essenziale; l’intento asessuato, apolitico e lontano da ogni moralismo di ricostruire meri fatti; lo sforzo di rendere carte processuali, dichiarazioni, ’leggibili’ anche da chi ha poco tempo, magari fa altri mestieri, ha una propria ’vita’ e routine da assecondare. Questi sforzi non vanno ignorati.

Ultima annotazione sul libro: ciò che accadde la notte del 21 Luglio 2001 alla Diaz ha avuto dei ragionevoli ’prequel’, ovvero circostanze, situazioni, condizioni che hanno portato le persone a essere ’ciò che sono state’ e non solo in termini di motivazioni, intenti e ideologie. Tutt’altro. Ed è fondamentale, riconoscerli questi antefatti, questi pre-accadimenti perché non si arriva alla violenza dal nulla, a quel tipo lì di violenza collettiva, non sono le ’lune storte’ o le congiunzioni astrali sfavorevoli. In ’Assalto alla Diaz’ tutto questo viene delineato con lucida precisione, ed è un ulteriore sforzo di equità, restituzione, un modo concreto per andare oltre i parafulmini, per annusare davvero quella polvere e quell’aria elettrica.

Il blog di Simona Mammano: http://simonamammano.blogspot.com/.

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