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Anteprima inchieste di Presadiretta: la guerra all’Amazzonia

Brucia l'Amazzonia e con essa un intero ecosistema, il polmone verde del pianeta, la sopravvivenza delle tribù nella foresta.

Un patrimonio dell'umanità e non solo del presidente Bolsonaro che con le sue politiche antiambientaliste lo sta mettendo in pericolo: ogni anno bruciano migliaia di ettari di foresta mentre la materie prima che lì vengono prodotte, legno, soia e carne, invadono i nostri mercati.

Il fumo degli incendi copre i cieli di città a km di distanza, come successo il 19 agosto 2019, quando la coltre di fumo coprì il cielo di San Paolo, lungo la costa, a 2700 km di distanza. Un fumo che ha portato la notte nelle prime ore del pomeriggio: è stato l'apice degli incendi che hanno bruciato la foresta tra agosto e ottobre del 2019, per una superficie di 143mila chilometri quadrati, un disastro che si vede chiaramente anche dallo spazio. Osservando bene la scena si vedono i pennacchi di fumo che si innalzano dalle piantagioni che confinano con la foresta. Perché questi sono incendi dolosi.

L'Ibama è la principale agenzia federale contro i reati ambientali, hanno mezzi e risorse molto più ampi di molte altre polizie ambientali, si occupano delle operazioni più grandi come le miniere illegali o lo sfruttamento illegale del legname nelle zone più irraggiungibili della foresta.

Nonostante l'aumento dei crimini ambientali in atto il Brasile, secondo quando riporta l'agenzia di giornalismo investigativo Publica, lo scorso anno il numero delle operazioni dell'Ibama è crollato e si è addirittura azzerato nelle provincie più problematiche

Che il governo Bolsonaro stia volontariamente indebolendo il sistema di difesa dell'ambiente in Amazzonia non è solo un'impressione, è scritto nero su bianco su questo documento, una richiesta di impeachment verso il ministro dell'Ambiente Riccardo Salles, firmata da 12 procuratori della repubblica federale.

All'interno del documento di descrive come nei due anni del governo Bolsonaro sia avvenuta una “destrutturazione normativa” e come il ministro Salles si sia impegnato nello svuotare dei propri poteri il ministero dell'ambiente.

Per capire chi sia Salles, basta ascoltare cosa suggerisce durante un consiglio dei ministri brasiliano: si deve approfittare della pandemia di covid per cancellare il maggior numero di leggi ambientali.

“Dobbiamo approfittare di questo momento in cui la stampa è distratta e parla solo di Covid, per far passare tutte le leggi che vogliamo, questo è il momento”.

Deregolamentazione , semplificazione, tutto quanto riguarda la normative agricole e ambientali, “perché sappiamo che tutte le nostre modifiche appena le variamo gli ambientalisti ce le impugnano di fronte alla corte suprema federale ”.

 

 

Negli ultimi cinque anni sono stati uccisi 168 “guardiani della foresta” della tribù dei Guajajara nello stato amazzonico dello Maranao: loro compito è vigilare sui trafficanti di legname che vengono a depredare nella foresta. Hanno deciso di difendere la loro terra da soli perché stanchi di aspettare invano l'aiuto del governo dando vita ad una guerriglia contro i trafficanti.

Grazie alla loro lotta sono riusciti a suscitare l'attenzione internazionale sulla distruzione delle terre indigene in Brasile, al prezzo però dei 168 morti: tra questi Paolinho, uno dei leader di questa lotta.

Un altro guardiano, Tainaki, sopravvissuto ad una imboscata, vive nascosto da sei mesi per non farsi uccidere dai trafficanti.

La morte di Paolinho non ha fermato i trafficanti, si sono solo calmati in attesa che la notizia non girasse più in televisione, poi ricominciano daccapo – spiega al giornalista, che gli ha chiesto che futuro c'è per la sua gente:

“Io non smetterò mai di lottare, io non posso scappare come altri che già sono morti magari moriremo anche noi lottando, ma non abbiamo scelta. Sono già stati cento guardiani e non possiamo aspettare la giustizia brasiliana che non farà mai niente. Prendi il caso di Paolinho, a più di un anno dalla sua morte non è stato ancora fatto niente”

Nello stato di Rondonia quella che era, fino agli anni '70, un'unica distesa di foresta pluviale oggi è stata trasformata in una distesa di campi di monoculture di soia e di pascoli per i bovini. Dagli anni '80 assieme alla prima strada è arrivata l'agricoltura e ad oggi è sparito un terzo della vegetazione nativa dello stato.

Lungo l'autostrada che divide in due lo stato, dove viaggiano i camion pieni di soia, si vedono le colonne di fumo e alberi carbonizzati in mezzo ai pascoli.

Carne e soia prodotti in Brasile, distruggendo l'Amazzonia, vengono esportate in tutto il mondo, anche in Italia: Amnesty International è venuta in possesso di documenti che attestano come animali allevati e macellati illegalmente dentro riserve naturali nello stato di Rondonia siano entrate nella catena di produzione di JBS, la più grande azienda produttrice di carne al mondo.

Secondo questi documenti, bovini sarebbero stati fatti transitare brevemente in un'azienda legale e poi rivenduti alla JBS, una truffa che in Brasile chiamano “lavaggio del bestiame”.

Altre volte invece il bestiame illegale è stato acquistato direttamente da JBS: la conferma che quanto denunciato da Amnesty International non sia un caso isolato la da il procuratore federale Rafael Rocha, che guida le indagini sul traffico di carne nello stato di Rondonia.

Il giornalista ha riportato al procuratore quanto visto lungo la strada che attraverso lo stato a nord del Mato Grosso: colonne di fumo, alberi inceneriti e bestie in questi pascoli abusivi. Come fanno questi animali ad entrare in commercio in modo legale?

“Le vacche non muoiono di vecchiaia nei pascoli, le aree che ha visto sono quelle dove, anche se è proibito, non è ancora arrivata una denuncia formale e finché la polizia non produce un verbale che attesti l'infrazione non c'è niente che impedisca a quel bestiame di andare al macello.”

Trovate spesso irregolarità nei mattatoi, è un problema esteso?

“Ogni volta che indago trovo delle irregolarità, prima era il 30% dei casi, da quando abbiamo cambiato sistema è il 100%.”

In Europa ci chiediamo se la carne brasiliana arrivi da catene coinvolte con la deforestazione. Secondo lei la catena della carne è affidabile?

“Lasci che le risponda così, fintanto che ci sarà deforestazione a questi livelli in Amazzonia no, non è possibile dire che la catena della carne brasiliana sia affidabile.”

La scheda della puntata:

 

L’Italia è un grande consumatore di carne brasiliana. Ogni anno arrivano dal Brasile un milione e 55mila tonnellate di carne, tutta carne surgelata e con questi numeri siamo i primi importatori di carne dal Brasile dell’Unione Europea. Ma siamo sicuri che la carne brasiliana che arriva sulle nostre tavole sia tracciata, controllata e non venga da pascoli illegali? Ci sono indagini e documenti importanti che mostrano che le falle nel sistema di tracciamento e controllo sono gravi.

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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