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Anteprima inchieste Report: il Vaticano, le due Leghe, la Sicilia dei morti spalmati

Questa sera Report torna a parlare di Vaticano, del Veneto e di cosa è successo nella seconda ondata e della Sicilia coi report sul covid abbelliti. Infine le due Leghe e i soldi da restituire allo Stato.

C'è del marcio in Vaticano

Seconda puntata dell'inchiesta di Giorgio Mottola sugli episodi di corruzione in Vaticano: il giornalista è venuto in possesso di un documento del 2011 in cui la segreteria di Stato vaticana autorizzata l'ambasciata dell'Iran a depositare in contanti il denaro presso il loro conto allo IOR e poi a far uscire i soldi tramite bonifico. Un'autorizzazione inusuale che, tecnicamente, consente di fare riciclaggio di denaro sporco. E poi, come mai questa autorizzazione dall'ambasciata?

Becciu, ex vice segretario di stato, e monsignor Perlasca temevano che queste operazioni (come altri investimenti) fossero scoperte e riportate al papa. L'uomo di cui la segreteria di Stato e Perlasca aveva più paura era Libero Milone, nominato dal papa revisore generale della Santa Sede: proprio nel 2015 aveva iniziato a ficcare il naso negli investimenti a Londra del Vaticano:

ho visto dei documenti contabili che dicevano che c'erano investimenti a Londra, allora ho chiesto i documenti che non mi sono mai stati dati ” racconta a Mottola, e un anno dopo è stato costretto alle dimissioni.

In Vaticano sin dal principio l'accoglienza di Milone e dei suoi collaboratori non è delle migliori: pochi mesi dopo il suo insediamento il suo ufficio è oggetto di una misteriosa intrusione che viene rivelata dal signore delle trame in Vaticano, Luigi Bisignani.

C'è un video, della trasmissione Virus, dove Bisignani parla di una bomba che sta per esplodere, la violazione del computer del cantone del Vaticano, “chi ha osato tanto?”

Era un segnale per far cambiar idea a Milone, che nel suo ufficio si è pure trovato una microspia, denunciata alla gendarmeria che purtroppo non ha mai fatto niente.

La scheda del servizio: IL SABOTAGGIO di di Giorgio Mottola con la collaborazione di Norma Ferrara e Giulia Sabella

 

Nuove testimonianze inedite rivelano che il Vaticano avrebbe potuto evitare la presunta truffa del palazzo di Londra, costato 400 milioni di euro. L'ufficio del revisore generale della Santa Sede aveva infatti scoperto l'investimento nella primavera del 2016, ma la Segreteria di Stato vaticana non ha mai fornito la documentazione richiesta. In Vaticano la maggior parte dei professionisti scelti dai due pontefici Benedetto XVI e Francesco per vigilare sulla trasparenza e la correttezza delle transazioni finanziaria è stata negli ultimi anni sistematicamente boicottata o addirittura sabotata. I protagonisti dell'antiriciclaggio e della revisione contabile della Santa Sede tra il 2011 e il 2017 raccontano a Report la guerra subita all'interno delle mura vaticane, combattuta a colpi di dossieraggi, computer infettati, microspie e minacce di arresto.

 

La sanità veneta

Dall'inchiesta della settimana scorsa sulla Lombardia, si passa al Veneto: in questa seconda ondata questa regione ha registrato il tasso di mortalità più alto d'Italia, 8000 decessi in poco più di due mesi, a partire da ottobre – racconta la senatrice Laura Puppato. Cosa è successo in questo mesi?

E' successo che il contatto dopo il tampone anziché dopo 24 ore arrivava dopo giorni, pazienti risultati positivi non sono stati contattati da alcun tracciatore, per risalire poi ai contatti e isolare i contagi.

Così a dicembre nel vicentino si sono trovati nella stessa situazione di Bergamo: non si trovavamo cioè posti negli ospedali per i malati e nemmeno per effettuare le cremazioni (alcune delle salme sono state spostate a Bologna).

Con la seconda ondata la regione ha voluto dimostrare un obiettivo completamente politico, che era tutto merito loro (quello della prima ondata)– racconta il Andrea Crisanti (che nella prima ondata è stato consulente del governatore Zaia) – e che quindi avrebbero potuto fare a meno di me e del mio contributo.

La scheda del servizio: IL GIALLO VENETO di Danilo Procaccianti con la collaborazione di Marzia Amico e Chiara D’Ambros

 

Cosa è successo alla sanità veneta? Nella gestione del virus all'inizio sono stati i primi della classe. Ma a gennaio hanno registrato il tasso di mortalità più alto d'Italia. Nonostante il parametro di occupazione delle terapie intensive fosse stato superato, già a novembre, il Veneto è rimasto in zona gialla. Perché? Uno degli artefici dei successi della prima ondata è stato il prof. Andrea Crisanti che però durante la seconda ondata è stato messo da parte e non sono stati ascoltati i suoi allarmi sulla sensibilità dei tamponi rapidi di cui il Veneto ha fatto largo uso.

 

Quelli che spalmano i morti in Sicilia

Cosa succede quando la vita delle persone è considerato solo un problema secondario di fronte al PIL, le pressione di chi vuole tenere tutto aperto per non perdere soldi?

Succede che i dati della pandemia, su cui si decide il colore di una regione e dunque le sue misure di restrizione, vengono spalmati, abbelliti.

“Non si può dire che in un giorno ci sono stati 26 morti, quando invece i 26 morti ci sono stati in 4 o 5 giorni” - questo gridava il presidente della Sicilia Nello Musumeci il 1 aprile scorso - “ma alla fine, comunque li collochi nelle giornate, il saldo finale della settimana non cambia.”

Si scoprì poi che quei numeri erano falsi, i morti in Sicilia erano stati spalmati su più giorni per abbellire il bollettino che la regione mandava a Roma.

“Leggere oggi che i nostri genitori erano dei numeri.. lo abbiamo già vissuto questa cosa dei numeri” - racconta Simone Isabella, dell'associazione vittime del covid in Sicilia.

Di numeri dei morti parlavano in una intercettazione la dirigente Letizia Di Liberti con l'assessore alla salute Ruggero Razza: la Di Liberti era al vertice del dipartimento delle attività sanitarie, dove si gestisce la piattaforma che raccoglie i dati del covid in regione, numeri su cui poi il governo decide sulle fasce di rischio. E' rimasta in carica sotto governi di centrodestra e di centrosinistra, da Lombardo a Crocetta fino a Musumeci.

Fino a quando il 30 marzo scorso la Di Liberti è finita ai domiciliari: la procura di Trapani l'ha accusata di aver falsificato i dati sui decessi e sui contagi dopo aver ascoltato la sua telefonata con l'assessore Razza:

 

DL “i deceduti te li devo lasciare o te li spalmo?”

RR “ma sono veri?”

DL “Si, solo che sono di tre giorni fa”

RR “e spalmiamoli un po'”

La scheda del servizio: LA SPALMATA di Walter Molino con la collaborazione di Federico Marconi

 

Morti e malati di Covid considerati solo dei numeri, per evitare le restrizioni e le chiusure delle attività economiche della Sicilia. Un'inchiesta partita da un piccolo centro di elaborazione dei tamponi di Alcamo ha terremotato la sanità regionale. Il governatore Nello Musumeci, l'assessore alla Sanità e suo delfino, Ruggero Razza, i più importanti dirigenti degli uffici regionali, passati per le giunte di centrodestra e centrosinistra sono stati intercettati, in un'indagine definita dai gip "la punta dell'iceberg di ripetute falsità". Per evitare le chiusure della "zona rossa", uomini e donne al vertice del governo regionale avrebbero falsificato i dati sui morti e sui contagiati Covid-19 per mesi, spalmandoli su più giorni, così come quelli sui ricoveri in terapia intensiva. A Report intercettazioni inedite a audio esclusivi

 

I 49 milioni della Lega

Il 21 dicembre 2019, al congresso federale della Lega, nasce la nuova lega nazionalista di Salvini sulle ceneri della “vecchia” lega separatista di Bossi. Forse solo Bossi non l'aveva capito che quel passaggio era la fine della Padania e della secessione del nord (principio che era sempre rimasto nello Statuto della vecchia Lega, anche negli anni in cui era al governo a Roma). Per capire le ragioni che hanno portato a questa seconda Lega si deve risalire alla condanna stabilita dal Tribunale di Genova secondo cui la Lega doveva restituire 49ml allo Stato, in quanto finanziamenti di cui non aveva diritto.

Ma la procura di Genova iniziò ad incontrare fin da subito problemi, perché nelle casse del partito erano rimasti solo 110mila euro mentre le federazioni regionali, come la Lega Toscana, sollevavano dei contenziosi, sostenendo di essere enti indipendenti dalla Lega Nord.

Così si arrivò all'accordo per la restituzione di quei 49ml in rate da 600mila euro, da restituire in 60 anni: si arriva ad una lega divisa in due, una Lega A quella di Salvini e una bad company, “è abbastanza assurdo che nel nostro sistema venga riconosciuto questo” commenta il giornalista di Open Polis Vincenzo Smaldore.

La scheda del servizio: 2x1000x2 di Luca Chianca con la collaborazione di Alessia Marzi

 

Il 21 dicembre 2019 un instancabile Umberto Bossi dà la sua benedizione a quella che sembra essere una vera e propria trasformazione del suo partito indipendentista in quello nazionalista della Lega per Salvini Premier. Alla fine del congresso però non c'è stato nessun passaggio a un nuovo partito, ma il mantenimento della vecchia Lega Nord e il riconoscimento del nuovo partito di Salvini. Bad company da un lato e newco dall'altro. Quando alla fine del 2017 i magistrati di Genova alla ricerca dei 49 milioni di euro di contributi non dovuti hanno trovato solo 100 mila euro nelle casse della Lega Nord, il vecchio partito si è accordato con la Procura per restituire 600 mila euro l'anno per i prossimi 70 anni. E dove li prenderebbe i soldi? Anche se oggi non permette ai suoi militanti di candidarsi alle elezioni amministrative, riscuote ancora il 2x1000 e ci paga il debito con lo Stato

 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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