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Ancora un fallimento per Napolitano

In Italia le novità sono sempre in agguato, come quella di un presidente della Repubblica che ripete il mandato settennale. Dopo che tutti noi ci siamo ripresi dallo stupore, ecco che è spuntata un'altra novità di rilievo: il governo delle larghe intese.

 Larghe intese mica tanto, da subito PD e PDL si sono scontrati su tutto: dall'IMU all'Iva fino ad arrivare al voto per escludere Berlusconi dal Parlamento. Non che il PD faccia male a votare la decadenza di Berlusconi da senatore, ma è anche vero che era il loro unico grande alleato di governo, almeno fino a ieri, ed è logico pensare che il "padrone" del PDL non avrebbe retto a lungo un simile affronto rimanendo insensibile al fascino di mandare tutto a rotoli. Per la seconda volta, la prima è stata con Monti.

Silvio Berlusconi ora sorride, lui ha già "fregato" Pier Luigi Bersani in campagna elettorale con la storiella di Imu e Iva, ora è il turno di Letta farsi "fregare" sull'Iva. Già, sull'Iva, non sulla decadenza. Furbo no? Non si crea una crisi di governo sul problema della decadenza di Berlusconi, bensì sull'aumento dell'Iva, proprio su uno dei punti di forza di Berlusconi che gli ha permesso di non perdere le elezioni, almeno non come voleva Bersani & Co. Ora il PD accusa il PDL di aver provocato l'aumento dell'Iva, mentre il PDL accusa il PD della stessa cosa. Chi ha ragione?

Ma nessuno dei due, naturalmente! Ognuno fa gli affari propri, il problema è che entrambi li stanno facendo male, ma proprio male. Il governo delle larghe intese è stato un fallimento voluto da Napolitano; anche la caduta di Monti è un suo fallimento politico, il Presidente della Repubblica ha un'enorme responsabilità su quanto succede in Italia da due anni a questa parte, e non sembra si possa vedere la luce in fondo al tunnel. Prima di allora era tutta colpa di Berlusconi, ma ora non più, la colpa va ripartita equamente fra Napolitano e coloro che lui ha fortemente voluto affinché governino il Paese.

Invece di governare come avrebbero dovuto, magari prevedendo una legge di stabilità economica e, soprattutto, una nuova legge elettorale in modo che si possa andare alle urne con una chiara regola del gioco e che sia più rappresentativa della volontà degli italiani, da allora niente. Sono passati i mesi, ma non i fatti.

Enrico Letta è il secondo capo del governo indicato da Napolitano, è pleonastico asserire che il nostro grande Presidente della Repubblica non riesce nel tentativo di costruire un moderno e affidabile esecutivo, da anni ormai. La pietra sopra la mette sempre lui: Silvio Berlusconi. E la pietra si sfracella sui governi che non fanno nulla per lui: Monti per la sentenza Mediaset, Letta per la decadenza da senatore.

Sempre lui, sempre Silvio. E sempre Giorgio!

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.8) 30 settembre 2013 19:53

    Antefatto >

    L’on.Alfano, come altri 4 Ministri, nel rassegnare le dimissioni manifesta alcune perplessità sul prevalere di posizioni estremiste all’interno del partito.
    Il direttore Sallusti, su Il Giornale, arriva ad accostare tali esternazioni alla “spaccatura” voluta a suo tempo da Fini.

    L’on.Alfano reagisce ed avverte Sallusti che il cosiddetto “metodo Boffo”, da lui usato contro Fini, questa volta non sortirà alcun effetto.
    Non fa mancare la sua replica Sallusti che precisa di essere “allibito” avendo “già pagato” con la detenzione “squallide minacce” alla libertà di espressione.

    Da notare.
    Sallusti fu condannato a 14 mesi di arresti domiciliari colpevole di aver pervicacemente avvalorato la diffamazione di un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni. E’ risaputo che subito il Presidente Napolitano ha commutato la pena in una multa da 15mila euro.
    Resta incomprensibile il riferimento alla detenzione ed alle “squallide minacce” subite.

    Per converso Napolitano farà bene a ricordare questo come un “antefatto” ove, in futuro, pensasse di adottare atti di clemenza in favore di soggetti che con malcelata protervia continuano a professarsi “vittima” di ingiustificata persecuzione giudiziaria.
    Non è stata mai scritta l’ultima pagina di un Dossier Arroganza

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