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Ancora sul precariato… ma stavolta a stelle e strisce

di Giovanni De Notaris

In "Gli intellettuali precari visti da qui", pubblicato da Sara De Balsi, su “Agoravox” il 22 settembre 2010, l’autrice pone chiaramente i problemi riguardanti il precariato a livello comunitario, seppur legandoli principalmente al ruolo degli intellettuali.

È utile rilevare come queste situazioni superino i confini europei. De Balsi riprende tematiche che affliggono un po’ tutti i giovani “under 35” che vivono nell’Unione Europea, spostandosi poi in Italia e riportando testimonianze di storie oramai note nella nostra penisola, dove i giovani – e i meno giovani – il lavoro fisso lo possono vedere ormai solo con un telescopio degno del miglior Hubble.
 
Quello che l’autrice riporta è l’amaro ritratto di una situazione che, potrebbbe sembrare strano, accomuna l’Italia agli Stati Uniti, con stupefacenti somiglianze tra le zone meridionali di entrambi i paesi.
 
È infatti da poco uscito nelle librerie italiane per Bruno Mondadori il libro del giornalista freelance Joe Bageant "La Bibbia e il fucile" (2010), che esamina la condizione della gente del Sud degli States; condizione che ovviamente non riguarda solo il lavoro, ma che è determinata dalla cronica assenza di questo.
Con una prosa diretta e disinvolta Bageant racconta attraverso personaggi dai nomi fittizi, ma ispirati a persone reali, le storie di un Sud americano che straordinariamente sono molto simili a quelle provenienti dal meridione d’Italia, e forse ormai comuni a tutta la penisola.
 
Come noto gli Stati Uniti si dividono culturalmente in tre zone, quelle della West e East coast, dove sono presenti situazioni lavorative e sociali più progredite, e gli stati interni, quelli dove le suggestioni straniere non arrivano, ma dove arriva la parola di Dio, o chi per lui, tanto da aver preso la stranota nomea di Bible Belt. Gli stati che affacciano sui due oceani sono soggetti ad un tasso di scolarizzazione e di istruzione universitaria che stacca di miglia e miglia quelli più interni. È sulle due coste che sono situate le più note università (Yale o Berkeley) e che c’è un tasso di occupati maggiore; è lì che la fanno da padrone i liberal democratici che vorrebbero poche guerre e più sanità per tutti.
Gli stati centrali sono invece la culla dei rednecks, i conservatori più conservatori, che poco hanno a che fare con i ben più noti neocons, di cui negli ultimi anni molto si è parlato. Gli abitanti di questi stati, come racconta l’autore, sono quelli che in vita loro non hanno mai letto un libro, che passano le loro giornate a lavorare – sottopagati – in impianti di ogni tipo, e che non hanno nessuna speranza di evadere dalla vita precostituita che la società americana ha predisposto per loro.
 
Non danno inoltre nessuna possibilità neanche ai loro figli di uscire da questa vita, caratterizzata da memorabili ubriacature a base di birra Bud nei ben noti locali country, dove si divorano bistecconi o il classico supercalorico maestro di obesità, sua maestà l’hamburger.
 
Come si può intuire si ravvedono delle somiglianze con la nostrana questione meridionale, sia dal punto di vista sociale che lavorativo. È però innanzitutto necessario operare un piccolo distinguo tra la concezione americana e quella italiana del lavoro. Mentre difatti per l’Italia e l’Europa il precariato o come si usa dire oggi il “lavoro flessibile”, perché spaventa meno, è un fenomeno pressocché recente, negli Stati Uniti è invece noto da sempre. Infatti la cultura a stelle e strisce è nata lavorativamente sull’idea di non avere un lavoro unico per tutta la vita, ma di cambiarlo in continuazione spostandosi da uno stato all’altro ogni qualvolta che se ne trova uno migliore.
 
Insomma il lavoro flessibile e la mobilità sono praticamente nel nucleo profondo della cultura Americana. Molte sono difatti le persone che nate ad esempio in Ohio, hanno poi studiato in Connecticut, e sono poi andati a lavorare in Minnesota; e alcuni hanno poi proseguito per nuovi lavori in altri stati spostandosi con tutta la famiglia. Tra l’altro è curioso ricordare come negli Stati Uniti vi sia anche una florida tradizione di case preconfezionate e mobili che possono essere spostate da un luogo all’altro, funzionali proprio a questa tradizione di continue migrazioni – come a perpetuare il mito dei conestoga. Agli americani quindi la precarietà, o meglio la flessibilità, non spaventa perché è così che sono abituati e non concepiscono un modus vivendi differente.
Si potrebbe ancora sottolineare come fin dalla nascita della confederazione gli americani si sono continuamente mossi da un luogo all’altro senza stare mai fermi; è proprio la loro tradizione.
 
Chiaramente questa tradizione è completamente estranea al mondo lavorativo italiano ma, a scanso di equivoci, è opportuno ricordare che oggi nella maggior parte dei casi sarebbe anche inutile migrare da una regione all’altra. Se difatti negli States chi possiede una buona istruzione (almeno di livello universitario) ha buone possibilità di trovare un lavoro dignitoso recandosi in un altro stato, lo stesso non si può dire per il nostro paese. Il Sud Italia ha difatti un alto tasso di laureati che pur spostandosi in altre regioni molto spesso non trovano un lavoro decente. Le vecchie generazioni molto spesso rimproverano ai giovani di essere troppo viziati e di non voler abbandonare la casa paterna; solo così secondo alcuni è possibile, come oggi si usa dire, “fare curriculum.” Come se un laureato in Ingegneria che lavora come tecnico in un negozio di cellulari oppure una laureata in Lettere che fa la cassiera in una nota catena di negozi facessero curriculum con tali impieghi, molto spesso sottopagati, o per niente retribuiti. Meglio lasciar perdere.
 
Non bisogna inoltre dimenticare che anche i giovani che vanno a lavorare in altre regioni molto spesso hanno bisogno comunque dell’aiuto finanziario dei propri genitori per poter sopravvivere.
 
Anche negli Stati Uniti, in particolare negli stati meridionali, chi possiede un lavoro fa enorme fatica a arrivare alla fine del mese, figurarsi poi pagare un affitto oltre all’assistenza sanitaria…
 
A questo è poi legato anche il fatto che mentre in passato le giovani generazioni avendo un buon lavoro potevano assicurare una vecchiaia decente ai loro genitori, oggi non è più così. Oggi le persone anziane del Sud degli States finiscono in ospizi o muoiono abbandonati in casa loro ancorati alle bombole di ossigeno; i figli e i nipoti non possono aiutarli perché non possono aiutare neanche se stessi. In Italia al contrario è proprio grazie ai genitori o addirittura ai nonni, che hanno avuto l’occasione, anzi il privilegio (perché ormai di questo si tratta), di avere un lavoro, che i più giovani possono permettersi di studiare o lavorare gratis per poter un giorno aspirare a qualcosa di meglio.
 
Non si tratta allora di mancanza di volontà di andare chissà dove in cerca di chissacché, ma semplicemente di avere un impiego dignitoso seppur a tempo determinato, da cui però si possa trarre un profitto ragionevole sia in termini economici sia in termini professionali.
 
Tornando in America anche lì al Sud c’è la stessa rassegnazione che pervade il meridione d’Italia; tutti coloro che sono nati nella provincia, sono praticamente fuori dal mondo e senza alcuna possibilità di progredire lavorativamente e culturalmente. Le scuole, come racconta Bageant, hanno un livello di standard cognitivi talmente bassi che tutti li superano: ciò avviene per evitare la dispersione scolastica, in zone dove si comincia a lavorare da ragazzini, e dove i genitori non hanno tanta voglia di dare ai propri figli l’istruzione che loro stessi non hanno ricevuto a suo tempo; senza però intuire, perché nessuno glielo ha mai spiegato, che lì (non come in Italia…) se si possiede un istruzione universitaria è più semplice entrare nel mondo del lavoro flessibile, che lì davvero concede la possibilità di “fare curriculum” nel settore di riferimento.
L’istruzione quindi negli Stati Uniti serve ancora, anche se fa comodo – soprattutto a una parte dei repubblicani – tenere gli abitanti degli stati meridionali nello stato di ignoranza e rassegnazione che li caratterizza da decenni, perché in tal modo è più facile convertirli alle loro idee. Il fenomeno della bassa scolarizzazione sta comunque riprendendo piede anche nel Sud Italia, dove appunto l’ignoranza paterna spinge alcuni minori a lavorare appena possibile piuttosto che andare a scuola. Altri invece preferiscono arruolarsi nella malavita; lì davvero si guadagna tanto e subito.
 
In America invece i giovani adolescenti preferiscono arruolarsi nelle forze armate, con la promessa che un giorno grazie ai loro guadagni come militari potranno trovare un facile inserimento nella società o addirittura pagarsi i costosi studi universitari. Promesse che secondo Bageant sono false, in quanto sono davvero pochi i giovani soldati che di ritorno dal fronte riescono a trovare subito un buon lavoro; e quasi nessuno di essi pensa invece di iscriversi all’università. Solo propaganda quindi. Un fenomeno che anche qui nel Sud Italia è presente, seppur in maniera minore rispetto agli Stati Uniti; ma il risultato è lo stesso. Finito il servizio, quelli che tornano, perché non tutti tornano, non vanno poi a migliorare la loro istruzione, anzi restano nelle forze armate, anche perché oggi in Italia investire in un istruzione universitaria è percepito da molti come inutile, almeno dal punto di vista lavorativo.
 
Quello che in definitiva traspare dalle pagine del libro di Bageant è un fenomeno altresì noto anche in Italia, e cioè la totale rassegnazione degli abitanti del Sud che ormai sanno di non avere un futuro al di fuori delle strade delle loro piccole città, e che quel futuro non lo cercano nemmeno più. Sanno che sono nati lì e che lì moriranno, perché nessuno gli ha dato davvero la possibilità di poter aspirare a qualcosa di meglio.
 
Né lì né qui si guarda ormai più “dove va a finire l’arcobaleno”, perché alla sua base non vi è più alcun tesoro da scoprire.
 
Letture
Bageant J., La Bibbia e il fucile, Bruno Mondadori, Milano, 2010.
De Balsi S., Gli intellettuali precari visti da qui, “Agoravox”, 22 settembre 2010, http://www.agoravox.it/Gli-intellettuali-precari-visti-da.html, 04/10/2010.

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