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 Home page > Attualità > Cultura > Anche le case editrici nel loro piccolo si danno delle arie

Anche le case editrici nel loro piccolo si danno delle arie

Un’idea balzana, quella di partecipare a un concorso letterario investendo pochi versi in memoria di un amico andato, ed ecco che ti trovi attaccato un bottone epistolare nello stile recita magic flash di illusionismo tra classico e moderno, di basso impatto scenico, strutturata in maniera tale da avere il giusto squilibrio tra persuasione e autoinganno che permette di vivere un crescendo di disagio incredibile, fino a terminare nell’incomodo del Maestro seccatore che insiste nel suo intento… ti vuole telefonare… potrebbe essere la chiamata che cercavi… la telefonata che ti cambia la vita… la domanda è solo quando… ti lascia un messaggio… ti fa sentire a casa. 

Ebbene, la casa è una delle più grandi ed esclusive comunità letterarie italiane, un team di professionisti e grandi artisti, tanto esclusiva da essere ignota alle mie latitudini e poco oltre. I gioielli di casa, la collana impreziosita che prevede 

firme prestigiose per l’introduzione critica del libro dell’autore selezionato, 

addetti stampa personali, 

format televisivi, 

per essere più conosciuti, 

distinguersi, 

devono essere smarriti in qualche caveau altrettanto esclusivo, perché a frugare la rete in cerca di notizie ed eventi dedicati agli eletti, senza dubbio stimati, di essi non si conservano che tracce labili, quasi svanite. E il Maestro, che Iddio gliene renda merito, con il suo desiderio di telefonarmi è per me l’immancabile opportunità di parlare della sua opera, di indagare la sua carriera, di ascoltare le cronache dei suoi illustri incontri: Fellini, Wertmüller, Tognazzi, Gregoretti, Alda Merini… e io pago, disse un principe di indubbia schiatta. 

 Or qui giunti, la trama si fa confusa: lui, l’Esimio, mi chiama se io lo scelgo, e sono scelta. Dopo aver stilato la preziosa prefazione, con il testo caldo in mano, mi telefona 

per conoscere meglio la mia poetica e scrivere per me una prefazione più calzante. Perché la prefazione è l’introduzione del mio film, l'ouverture della mia opera… e deve essere fatta con cura, sensibilità e deve preparare emozionalmente il lettore alle mie parole. Deve contenere aneddoti, considerazioni e la personale visione del prefatore. 

Per avvalorare il prestigio della prefazione d’autore, l’immancabile valore aggiunto a vestire ogni opera altrimenti ignuda, e qualora non mi fossi ancora convinta, l’Esimio è a lasciarmi un messaggio in cui mi illustra tutto il lavoro e impegno che sostiene la sua tesi della prefazione critica… 

Scrivere una prefazione richiede la conoscenza di alcuni criteri di base, come riferimenti a testi considerati classici. Ispirarsi non significa imitare, ma trarre spunto da chi rappresenta una sorta di modello. Pensiamo a Dante che si ricollega a Virgilio, agli umanisti che studiano e rielaborano opere greche e latine. Leopardi stesso, tenendo presente la canzone petrarchesca, la rinnova e la modifica. Iniziando da questo aspetto, si analizzano poi le tematiche in sintonia con lo stile e la ricerca estetica. La capacità di sintesi, il ritmo e le figure retoriche diventano elementi fondamentali per tracciare un percorso e indicare la poetica dell'autore esaminato. 

E sempre a onorabile lavoro suo concluso, mi farà la benedetta telefonata, la sola e stessa di cui sopra ad assillarmi, per parlare e discutere delle mie ispirazioni e delle motivazioni della mia poetica. 

Mi appello alla linea dura - traduzioni mirabili e nessuna prefazione - della più bella collana italiana di classici, i Classici Classici, diretta per Frassinelli da Aldo Busi, e alle parole di quest’ultimo, interpellato sull’argomento da Massimiliano Parente… 

Tutto ciò che non è testo dell'autore che firma titolo e copertina, in fondo: a parte una breve bio/bibliografia dell'autore all'inizio dopo il colophon e prima del titolo, se proprio non ci si voglia servire dell'aletta; niente deve frapporsi alla lettura del testo dell'autore, pertanto vanno eliminate le prefazioni, che diventano o postfazioni o devono scomparire del tutto; le postfazioni devono essere brevi, funzionali, di servizio, non devono in alcun modo avere pretese autoriali paritarie all'autore vero e proprio; se si tratta di un classico, il postfatore ci dica innanzitutto la fortuna del libro nel suo tempo, la posizione dell'autore rispetto agli apparati di potere del suo tempo, l'origine della sua economia domestica e pubblica: più numeri di spiccia sociologia e meno interpretazioni (spesso una più fasulla dell'altra); se il postfatore si sente così immiserito e defraudato, rinunci e scriva e firmi libri in proprio o vada a lavorare sulla propria pelle. 

 

Sabina Greco 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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