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"American History X", razzismo e violenza fra le pieghe dell’America

Quella che Tony Kaye ci racconta è una storia spiacevole, scomoda, non di certo una delle solite, ma pur sempre una storia americana.
 
Una storia americana x ("American History X"). E’ così che s’intitola il saggio che il preside Sweeney assegna a Danny Vinyard il giorno in cui suo fratello Derek (Edward Norton) esce di galera.
 
Derek è un Nazi skinhead, con tanto di svastica tatuata sul petto e camera tappezzata di poster nazisti, finito dietro le sbarre tre anni fa per aver ucciso due ragazzi di colore che tentavano di rubargli l’automobile. Danny sembra ormai aver deciso di seguire l’esempio del fratello e ha consegnato al suo insegnante, solo pochi giorni prima, un saggio sul Mein Kampf. Ma il preside Sweeney non vuole restare a guardare e si rimbocca le maniche per salvarlo sull’orlo del baratro, proprio come aveva tentato di fare con suo fratello tanti anni prima.
 
Il compito assegnato a Danny non è una semplice relazione su un libro o su un argomento di scuola, ma un’analisi attenta e soprattutto sincera delle motivazioni e delle circostanze che hanno spinto suo fratello verso una filosofia di vita razzista e xenofoba, e che ora stanno facendo lo stesso con lui.
Il film è un mosaico di flashback, e mostra incrociarsi ed intrecciarsi la vita di Derek e quella di suo fratello, che apparentemente sembrano correre sullo stesso binario.
 
Ma la prigione ha cambiato qualcosa in Derek. Non è più il ragazzo di prima e non ha più intenzione di esserlo. Vuole un futuro diverso per lui ma soprattutto per Danny, i cui comportamenti gravano inevitabilmente come una colpa sulla sua coscienza.
 
Derek allora decide di diventare l’esempio che avrebbe dovuto essere per suo fratello già tanto tempo prima, ma scoprirà che, per quanto le persone possano cambiare, esse non dimenticano. Sembra ormai impossibile scappare dalla spirale di odio e violenza su cui, di fatto, poggiano i rapporti fra gli abitanti del quartiere.
 
In un mondo in cui l’odio non è l’eccezione, ma la regola, il perdono è una pura e semplice utopia, la paura l’unica certezza.
 
Il tema è quello della guerriglia fra bande nei quartieri degradati americani, ma questa volta c’è qualcosa di diverso. L’America, patria della libertà e dell’integrazione, è posta sotto un’altra luce, del tutto inedita che ne lascia intravedere gli angoli oscuri.
 
I ragazzotti di periferia non si raggruppano in gang o bande, ma in etnie. Ad unirli non è neanche più la voglia di ricchezza o di potere, ma l’odio verso le altre razze e il desiderio di dominare su di esse.
 
E’ una spaccatura netta, profonda e insanabile, alla quale si aggrappano tanti ragazzi come Danny e che, poco a poco, si radica come un cancro nel quartiere.
Il compito di Derek risulta, allora, un’analisi non solo della vita sua e di suo fratello, ma dei meccanismi umani che generano l’odio e l’intolleranza, una ricerca in cui il confine fra chi cerca e cosa si cerca non è sempre così netto.
La sceneggiatura è ottima e la regia, per quello che è il primo film di Tony Kaye, è decisamente convincente. Ma la ciliegina sulla torta ce la mette uno straordinario Edward Norton che, dopo un’incredibile esordio in Schegge di Paura, fornisce quella che sarà di sicuro ricordata come una delle sue migliori interpretazioni. Non a caso gli valse la nomination all’Oscar come miglior attore.
Un film bello e commovente, che porta sul grande schermo un tema già proposto in Skinheads (regia di Geoffrey Wright, con Russel Crowe) ma con un tocco più sapiente e moderato, senza puntare tutto sulla violenza.

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