Alla scoperta dei PRS, i rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria, ora in Libano
In Libano non bastava la presenza dei rifugiati palestinesi, siriani ed iracheni, delle miriadi di lavoratori migranti provenienti dall'Asia e dall'Africa, dei sunniti, degli sciiti, dei cristiani maroniti o dei falangisti, di Sabra e Chatila, della guerra civile, di Hezbollah e dell'avanzata dell'ISIS. Da qualche tempo, in tutto il Paese, è comparsa una nuova categoria umana a cui trovare un ruolo ed uno spazio, come a tutti gli altri. Si tratta dei PRS- Palestine Refugees from Syria, i rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria.
Nel settembre del 2013, però, il governo libanese ha deciso che i PRS non avrebbero più potuto essere accolti nel Paese dei cedri e, come se non bastasse, il loro permesso di soggiorno non sarebbe più potuto essere esteso. Pertanto le scelte erano, e restano, due: o una volta scaduto il permesso, i PRS rimangono in Libano senza documenti legali, ossia illegalmente, o cercano di tornare in Siria. Attualmente, più del 90 per cento di loro non ha un permesso di soggiorno valido. Ma, ammesso che vogliano rientrare nel Paese di Assad, i PRS devono pagare duecento dollari per ogni persona e, ad oggi, il campo di Yarmouk, in cui la maggior parte di loro risiedeva, è ancora bloccato e, altrove, non ci sono più "tetti di fortuna" sotto i quali potersi riparare. In più, l'unica agenzia della Nazioni Unite che si occupa dei palestinesi, siano essi provenienti dalla Siria o "residenti" in Libano (PRL), continua ad essere UNRWA (The United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) che, essenzialmente, tra gli altri servizi, offre assistenza economica, prima ogni tre mesi, adesso ogni mese, ma, in base a dei criteri di selezione appositamente individuati, circa il 50 per cento dei rifugiati provenienti dalla Siria viene escluso dagli aiuti.
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