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Alitalia: in perfetto orario col destino

L’Italia è il paese dell’eterno ritorno, o meglio della eterna zombizzazione. Di persone, movimenti politici, dibattiti “culturali” ed aziende decotte, da pubbliche e da (fintamente) private.

Non serviva la sfera di cristallo per intuire come sarebbe finita con Alitalia, ed infatti è già stato tutto scritto e detto. La società ha tutte le carte perdenti di questa partita, e malgrado ciò il suo “tutore” politico, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, continua a balbettare frasi che farebbero tenerezza se non fossero la premessa ed il presagio di un nuovo massacro dei contribuenti italiani. Perché è davvero tutto già scritto.

Abbiamo Air France che non intende partecipare alla ricapitalizzazione, perché non vede quell’intervento di ristrutturazione sanguinosa che solo potrà tentare di tenere in vita una linea aerea che è semplicemente nell’universo sbagliato al momento sbagliato. Air France vuole una pesantissima (e fatalmente necessaria) ristrutturazione del debito, di quelle che ne abbattono il valore nominale di una percentuale da mettere le vertigini. Le banche finanziatrici di Alitalia resistono all’idea, mentre dovrebbero prendere coscienza che la partita è persa. In realtà, sperano in un qualche intervento del governo che ne tuteli il credito, mettendo tutto sul groppone di contribuenti italiani.

Poi c’è l’ineffabile Maurizio Lupi, l’uomo che lanciava ultimatum ad Air France e che ancora oggi ostenta sicurezza di poter fare a meno dei francesi, e che qualche vettore salterà fuori, prima o poi. Non deve sembrare vero, a Lupi ed ai suoi colleghi divorziati dalla realtà, che un paese come l’Italia debba rassegnarsi a vedere fallire la “propria” linea aerea. Arriveranno i russi, gli arabi, i cinesi, i marziani.

E intanto nessuno all’orizzonte, nella Fortezza Bastiani di un paese che ormai soffre di allucinazioni. Ah, a proposito: un vero peccato che il tenace Lupi non tenti di mobilitare nell’impresa i suoi confratelli di Comunione e Liberazione: sarebbe stato un bell’atto di fede nel paese, ed un monumento volante alla leggendaria sussidiarietà, quella che da noi significa soldi pubblici ad alcuni fortunati privati.

Intanto, mentre aspettiamo che Air France (di cui non abbiamo alcun bisogno, sia chiaro, signora mia) torni a più miti consigli in questo universo rovesciato, e dopo che il piano stand alone dell’a.d. di Alitalia, Gabriele Del Torchio, pare essere stato già impallinato dai sindacati e dallo stesso Lupi (oltre dal ministro del sottosviluppo economico, Flavio Zanonato, che esprime preoccupazioni che in altri contesti meno rintronati dai talk show televisivi gli sarebbero valsi un nutrito lancio di ortaggi), pare sempre più probabile un rinvio della deadline sulla scadenza dell’aumento di capitale.

Che è già “garantito e coperto”, come si affretta a comunicare al popolo il nuovo neo-politico di sistema Corrado Passera. È davvero buffo, però: va tutto benissimo, siamo un paese fortissimi eppure ci sta arrivando tutto in testa. Scommettiamo un caffè (cit.), dottor Passera?

A questo punto, riflettori puntati sul super boiardo di Stato, Massimo Sarmi. Che, come da noi già ipotizzato, dovrà decidere se rispondere “obbedisco” a quella che rischia di essere la prossima richiesta governativa: aumentare l’impegno diPoste Italiane nell’operazione-Alitalia per sostituire Air France.

Tanto le sinergie ci sono eccome, e poi che sarà mai per una realtà che ogni anno fa 500-600 milioni di investimento, giusto? Ministro Saccomanni, lei che controlla Poste Italiane, abbia un moto di dignità: metta la parola fine a questa farsa, prima che sia troppo tardi.

Foto: Tobias M. Eckrich/Flickr

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