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Agrigento primo posto per mafia: mi vergono della mia città

Mi vergogno!!!
 
Il Censis ha attribuito ad Agrigento il primo posto per mafia, la CGIL quello di capitale del lavoro nero, l’ISTAT l’ultimo posto nella scala econometria e per qualità della vita.
La nostra provincia, per queste definizioni, sembra una terra senza speranza, eppure ha avuto ed ha figli intelligenti che sono passati o sono ancora in postazioni di potere dai quali avrebbero potuto, dovuto - ieri come oggi - aiutarla a fertilizzare le sue risorse materiali ed immateriali. Ed, invece, resta legata al palo del sottosviluppo visto il suo PIL, il portafoglio d’impresa, i livelli occupazionali. La segretaria della Cgil auspica un forum sugli effetti agrigentini del credito d’imposta e delle misure anticrisi del governo, sulla crescita delle imprese, del lavoro e dell’emersione del nero.

Credo che un forum sul mercato del lavoro sia utile, giusto per cominciare da una parte, visto che esso rappresenta uno spaccato del più generale “status” di una provincia dove la mafia, la malavita, l’affarismo, l’illegalità hanno potuto espandersi e svilupparsi permeando parte dell’imprenditoria, pezzi della burocrazia, alcuni protagonisti della vita politica,ammorbando l’aria di questa comunità, avvelenando il presente ed uccidendo il futuro di tanti giovani.
 
La mafia non è più né quella del feudo agrario o minerario, né quella del sacco edilizio. Oggi ha assunto i connotati di una vera e propria “borghesia” perché inquisiti risultano i livelli medio-alti delle caste professionali.
 
Gli anticorpi sono deboli, insufficienti ed è per questo che l’anatema del Papa, l’azione della Chiesa, i successi della magistratura e delle forze dell’ordine, unitamente all’onestà di tanta gente, non bastano.
 
Non c’è solo un problema di controllo del territorio o di certezza della pena ma, principalmente, di assenza di cultura o coltura della legalità, del rispetto delle regole, di una concreta solidarietà fatta di “tenersi per mano” degli uomini e delle donne delle tante istituzioni che non sono e non vogliono essere apostrofati “professionisti dell’antimafia”.

Essendo il possesso dei soldi divenuto un valore assoluto, sull’altare del dio danaro si ritrova tanta parte di questa società malata, pronta a tutto, anche a delinquere, minacciando o, comunque, rendendo difficile e perigliosa la vita di chi marcia e porta con sé altri valori ed altri altari.

 
Non bisogna arrendersi e ritenere che risulta ineluttabile convivere con la mafia.
 
Lo Stato può vincere solo se non ci saranno eroi da ricordare ma testimoni ed esempi di correttezza amministrativa, di trasparenza politica, di assunzione dei doveri degli operatori pubblici nei confronti della società, lottando e manifestando nell’agorà delle comunità, resistendo e denunciando un contatto mafioso, un tentativo di corruzione, un preavviso d’intimidazione.
 
C’è bisogno di coraggio per riscattarci da quel marchio d’infamia che cancella ogni bene e tutti gli altri meriti della politica, dell’imprenditoria, della burocrazia di questa nostra comunità – che pur ci sono – perché, voglio sottolinearlo, non tutto è mafia, non tutto è lavoro nero, non tutto è sottosviluppo.
 
Ci sono eccellenze che vanno sostenute pur in un quadro dove le intimidazioni sono tante, mentre poche sono le indicazioni offerte alle forze investigative da parte di chi le subisce per sfiducia nello Stato; preciso: nella sua macchina operativa, priva di potenza motore (deficit di uomini, di mezzi, di finanziamenti utili come le cancellate intercettazioni telefoniche ed ambientali) ma non di buoni piloti che la guidano.
 
Agrigento ha tante vittime di mafia anche per il tradimento da parte di alcuni uomini dello Stato. L’Unione Europea finanzia progetti di legalità che potrebbero aiutare, come sollecitato dal Prefetto Postiglione, la nostra provincia in tale direzione.
 
Quanti sono i progetti presentati dalle pubbliche amministrazioni?

Nessuno può aiutarci se non siamo noi a sentirci Stato e ad impegnarci nell’azione quotidiana, ovunque la esplichiamo, per liberarci di quell’infame primo posto per mafia

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