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AgoraVox incontra Julian Assange: "Sarò punito, poiché sono un rischio. Ho osato dire no agli USA"

La seconda parte del lungo colloquio con Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, l’uomo del momento che proprio in queste ore si difende davanti ad un Tribunale britannico che dovrà decidere se estradarlo o meno in Svezia, dov’è ricercato con l’accusa di stupro. 

Perché sei un rischio? “Io sono un rischio, perché se non verrò punito, diventerò un simbolo per tutte le persone che hanno detto no al regime degli Stati Uniti. E allora tantissime persone potranno dire no".

Sul processo dichiara: "Hanno costruito una falsa storia per screditarmi".

Sull’Egitto: "Gli Stati Uniti puntano ad avere Omar Suleiman, ex capo dei Servizi segreti di Mubarak come futuro presidente e non El Baradai".

E non risparmia attacchi al Guardian e al New York Times.

Qui la prima parte dell'intervista pubblicata ieri.

Cosa ti ha spinto ad andare verso il campo dell’informazione?

“Ho iniziato perché troppo spesso i giornalisti hanno rinunciato al loro ruolo di guidare il dibattito pubblico, sollevare delle tematiche, diventando semplicemente delle persone che lo seguono, piuttosto che guidarlo. Quello che abbiamo fatto noi di Wikileaks è, probabilmente, una cosa che nessun altro avrebbe mai fatto. I giornalisti non capiscono che hanno un potere che in pochi hanno: il poter guidare un dibattito".

Qualche esempio?
"Prendi l'esempio di Bill Keller del New York Times, lui ha fatto una descrizione di me dicendo che quando mi ha incontrato avevo la maglietta sporca, le scarpe da ginnastica, i calzini sporchi, dicendo che ero una persona trasandata, che puzzavo. Era il momento in cui ero ricercato, quindi scappavo da un posto all'altro. Io mi chiedo perché abbia detto soltanto la prima parte e non la seconda, di quello che gli ho raccontato, cioè che stavo sveglio per giorni interi per scappare. Questo è solo un esempio di come si può screditare una persona. Tutto questo è indegno e anche se fosse stato vero, che necessità c'era di scrivere queste cose (che ero sporco e che puzzavo perché ero un fuggiasco)? Probabilmente tutto questo lo fanno per giustificarsi agli occhi di Washinghton del fatto che il New York Times ha collaborato con Wikileaks. E' come se volessero dire alla Casa Bianca: "non ci stiamo esponendo contro di voi, ma stiamo lavorando per voi”.
 
Come hai scelto il New York Times?
“Oggi posso dire perché abbiamo fatto una scelta di avere un giornale americano: perché le nostre fonti erano americane e per un motivo legale, avendo un giornale americano, avremmo potuto tutelarle meglio. Nel caso fossero state fermate avrebbero avuto un editore che avrebbe dovuto tutelarle in tribunale ed è per questo che abbiamo scelto un giornale americano”.
 
E poi cos’è successo?
“Noi abbiamo chiesto al New York Times di uscire per primi, di pubblicare per primi le notizie che gli fornivamo, hanno accettato ma poi, incredibilmente, hanno detto no: “pubblicate voi prima”. Come c*** è possibile? Il New York Times rinuncia alla più grossa serie di scoop per farli pubblicare a un piccolo sito Internet? E qui capisci che è successo qualcosa di paradossale che ha capovolto i loro istinti di concorrenza, perché avevano talmente tanta paura del governo che se noi non avessimo pubblicato, loro non avrebbero mai dato alle stampe nulla. Abbiamo saputo che appena abbiamo consegnato loro i cables, sono andati ad un tavolo con i rappresentanti della Cia e del Nsa e hanno detto: "Questo è quanto ci hanno dato".
 
Ci puoi fare un esempio?
“Per esempio una delle notizie più importanti, quella della storia dell'Unità 373, che è la storia più importante di quello che capitava in Afghanistan, che ha ucciso circa 2mila persone messe su una lista, che si occupava di esecuzioni mirate. Un'unità talmente potente che addirittura, quando il fratello di Karzai s'è permesso di uscire dal seminato, il generale Usa ha detto: 'Sbaglia ancora e ti metto sulla lista' (e qui fa riferimento al cable che parla di un coinvolgimento del fratello di Karzai in traffici di droga). Il governo afghano si è lamentato di questa cosa perché anche se sei uno spacciatore, anche se aiuti i talebani, certamente non possono esistere operazioni, come quella dell'Unita 373, che vanno al di fuori della legge. Quando abbiamo raccontato questa storia Keller e Schmitt non hanno voluto parlare, "censurando" il fatto più importante dei documenti sull'Afghanistan che abbiamo rivelato. Questo ti dà il polso di quanto l'informazione non faccia il proprio dovere”.
 
Avete avuto lo stesso problema con altri giornali?
“Un problema simile l'abbiamo avuto con The Guardian, quando tu dai le informazioni al Guardian, a chi le stai dando? Alla redazione o a The Guardian Corporation, che è collegata a tutta una serie di interessi economici? A chi la stai dando? E qui non voglio dire che tutti quelli che lavorano là siano cattive persone o cattivi giornalisti, ci sono anche brave persone, allora d'ora in poi preferiamo parlare direttamente con queste brave persone. Anche perché altrimenti continueremo a dare le informazioni alle persone che controllano il Guardian, e non a quelle che lavorano per il Guardian. Anche perché se noi continueremo a darle alle persone che controllano i giornali perpetueremo, semplicemente, lo status quo”.
 
Che cosa ne pensi della Francia? E' successa la stessa cosa con Le Monde?
"Ci sono due motivazioni per cui noi abbiamo dato la notizia a diversi giornali. La prima è perché se un giornale non la dà, come successo, ce ne può essere un altro che ne fa una storia di copertina coma ha fatto Der Spiegel. Se viene data al New York Times e la notizia viene tagliata, come successo, ci può essere un altro giornale che approfondisce la notizia. La seconda ragione è quella che ho detto prima: quando tu dai un cable al Guardian, a chi lo stai dando: a una persona che lavora per quel giornale o che controlla quel giornale?".
 
Che problemi avete avuto con il Guardian?
“Siamo stati forzati a fare le cose in una maniera molto più veloce di quanto avremmo voluto perché c'è stato un problema con il Guardian, che ha rotto gli accordi. Noi avevamo con loro un contratto legale. Gli abbiamo dato un back up totale dei file, erano gli unici a cui abbiamo dato l'archivio completo, non potevano pubblicarli, né metterli su un pc collegato a Internet, potevano solo leggerli. E loro hanno rotto ogni singolo punto di questo contratto. Volevano pubblicarli, li hanno messi anche su un pc collegato al Web: chi lo sa se ora per esempio la Cina non abbia trafugato tutti i 250mila cables? Questo ci ha costretto a fare le cose in maniera molto più rapida. Siamo andati dagli avvocati per cercare di avere un mese di tempo in più per evitare la pubblicazione, perché sapevamo che saremmo stati sotto attacco nel momento in cui sarebbero stati pubblicati. E l'abbiamo ottenuto”.
 
E che scelte avete fatto per la pubblicazione?
“Abbiamo poi scelto di non pubblicare nulla su Israele la prima settimana, perché questo ci avrebbe creato grossi problemi. Così abbiamo iniziato con la pubblicazione di file su altri Paesi, così, una volta che la barca era partita, sarebbe stato più difficile fermarla. All'inizio non avevamo tanti file su Israele (presupponendo che altri file siano arrivati dopo l'inizio della pubblicazione dei cables, ndr) e avevamo paura di attacchi che venivano dall'Est Coast degli Usa. Se fossimo partiti subito con cables su Paesi più caldi sarebbe stato più facile far deviare la barca. Durante questo primo periodo, durante gli attacchi informatici che abbiamo subito, la cosa più importante è che nessuno si sia fatto male”.
 
Quindi cosa farete d’ora in poi?
“Prima non potevamo fare uno sforzo a livello redazionale, ora invece sì. Abbiamo un network di persone che ci sostiene. Anche perché se i bravi giornalisti diventaranno più importanti diventeranno un argine a quelli che fanno male il proprio lavoro”.
 
Che rapporto hai con gli altri media inglesi?
“Non dei migliori. Per esempio con la Bbc: oggi fuori il commissariato dove vado a firmare, c'era un giornalista che mi ha aggredito verbalmente, John Sweeney, uno dei conduttori della trasmissione Panorama. La Bbc è uno dei nostri più grandi oppositori, ci accusano di collaborare con degli antisemiti. Questo perché tra le persone che ci hanno sostenuto c’era Israel Shamir, un giornalista scrittore nato in Siberia, poi trasferitosi in Israele, che a un certo punto ha rinnegato il giudaismo israeliano ed è diventato pro-palestinese, convertendosi alla Chiesa Ortodossa Russa. Per questo è molto odiato come Salman Rushdie, un giornalista che lavora in Svezia e ci ha aiutato nel nostro percorso e hanno usato subito questa cosa per accusarci di antisemitismo, perché dicevano che una persona del nostro staff era un antisemita che passava documenti alla Russia che aveva dei legami con Lukashenko”.
 
Be’ anche il nostro premier li ha.
“Infatti! E poi la Bbc è andata da ogni singola persona che ce l'aveva con noi per intervistarla. Tutto questo ovviamente è fatto in corrispondenza con il processo per provare ad influenzare i giudici: il loro programma (Panorama, ndr), va in onda lunedì (ieri, ndr). E per questo non ho risposto. Poi siamo venuti a conoscenza che la moglie del produttore fa parte del movimento sionista a Londra...”.
 
Sei più spaventato dagli Stati Uniti o da Israele?
“E' la combinazione di questi due a spaventarci. Anche perché c'è stata una convergenza di interessi sulla guerra in Iraq, sulla vendita di armi, e Bush ha supportato le posizioni di Israele sostenuto da tutti i suoi amici petrolieri, facendo guadagnare loro più soldi. E ovviamente Israele ha un forte legale con la East Coast Usa, legame rafforzato, anche, attraverso la concessione di passaporti israeliani a molti americani ebrei di quella zona, e questo ha rafforzato il legame con la Terra Madre. E' la stesso cosa che ha fatto la Russia in Ossezia del Sud, dando a tanti cittadini di quella zona il passaporto russo affinché si consolidasse il rapporto con la Russia e alimentassero il sentimento anti Georgiano”.
 
Cosa pensi riguardo al fatto che secondo alcune persone stiamo per vivere la Terza Guerra Mondiale on-line?
“Lo spero”.
 
Spiegati meglio.
“Sono rimasto molto colpito dal supporto che abbiamo avuto, migliaia di persone ci hanno aiutati. Per esempio, proprio grazie alla nostra Rete, siamo riusciti a tenere collegata il 6% della popolazione egiziana attraverso un satellite di una grande multinazionale, a loro insaputa ovviamente”.
 
Che idea ti sei fatto su questa rivolta egiziana?
“Soltanto recentemente Mubarak è stato definito un dittatore e ancora oggi Blair ha detto: "E' un grande uomo". Nei nostri cables c'è tutto. Anche su Gheddafi, sul quale abbiamo fatto uscire 480 cables. Quello che stiamo cercando di fare è un approccio regionale, per cui anche se al posto di Mubarak verrà messo un pupazzo dall'Occidente, questo dovrà necessariamente migliorare le condizioni di vita della popolazione per governare e questo spingerà, ad esempio, la Tunisia a chiedere di migliorare anche le proprie condizioni di vita, creando una spirale positiva. Questo perché i regimi si supportano l'un l'altro, così anche i dimostranti si supportano l'un l'altro”.
 
Come credi che finirà, dunque, in Egitto?
“Io non so come finirà la vicenda di Mubarak, ma lo stesso problema si presenterà alla sostituzione di Gheddafi. Chi arriverà dopo di lui dovrà ricostruire il Paese. Ma se arriviamo a quello standard regionale, certamente non si potrà andare indietro. E tutto il problema di quella zona è un problema israeliano, anzi: è un problema che riguarda Gaza. Perché se un domani sarà qualcun altro a governare in Egitto, potrà aprire il confine con Gaza. Questo potrebbe rappresentare un pericolo per Israele perché da quel varco potrebbe passare di tutto e questo è qualcosa che Israele non vuole assolutamente. Anche perché se viene aperta una frontiera, Gaza diventa un vero Stato e un vero Stato ha armi e un esercito per difendersi, e Israele non vuole neanche questo”.
 
Quindi, chi rimpiazzerà Mubarak?
“Gli Stati Uniti puntano ad avere Omar Suleiman, ex capo dei Servizi Segreti di Mubarak, come futuro presidente perché in questo momento è la persona che gli dà maggiori garanzie”.
 
Non credi che ci sia un sostegno occidentale a El Baradei?
“No, certamente preferiscono Suleiman. El Baradei è una brava persona e poi è una persona che ha lavorato con l'Ovest, ha studiato e lavorato nelle istituzioni occidentali. Certamente può essere d’aiuto, ma preferiscono Suleiman”.
 
Come decidi il timing della pubblicazione dei cables?
Abbiamo dovuto tutelarci da tutti questi problemi politici, potevamo essere incolpati della morte delle persone e quindi questa cosa sarebbe stata usata in maniera molto aggressiva contro di noi dicendo appunto che eravamo responsabili di aver messo le nostre fonti (usa il plurale, ndr) o le persone citate nei cables in pericolo. Ma è quasi solamente politica. Nonostante le persone ruotino molto nelle sedi diplomatiche, se a qualcuno dovesse succedere qualsiasi cosa, saremo subito accusati. E quindi abbiamo deciso di controllare tutto ciò prima di pubblicare direttamente sul sito i cables. E anche se una persona fosse uccisa per una ragione per la quale noi non siamo assolutamente colpevoli, verremo accusati in ogni caso. Ed è per questo che abbiamo rallentato la pubblicazione dei cables. Il rischio che qualcuno possa perdere la vita in relazione alla pubblicazione di questi file c'è. Un giorno non saremo gli unici proprietari di questi dati, ma fino a quel giorno dobbiamo essere cauti nella diffusione di quanto in nostro possesso”.
 
Per i regimi, chi è il vero nemico, tu, Wikileaks, i nuovi cables?
“Per gli Stati Uniti, sono io il vero nemico. Non le fonti, non Wikileaks, ma io. Perché sono la persona che rappresenta Wikileaks e che dice agli Stati Uniti andate a f****. Loro mi hanno chiesto di distruggere tutte le pubblicazioni per non avere problemi con la giustizia americana, volevano che andassi in tv ad affermarlo e avrebbero fermato tutto. Io ho rifiutato e loro hanno costruito una falsa storia per screditarmi”.
 
Perché?
“Perché il Pentagono è come una ragazzina di 16 anni che prova a sedurti e che se non ci riesce s’arrabbia. Perché loro sono abituati che chiedono una cosa e la ottengono, ma non da noi. L'unico modo che hanno per fermare tutto ciò è distruggere la mia persona perché non ha fatto ciò che le era stato detto, non posso pensare insomma che me ne uscirò libero”.
 
Perché sei un rischio per loro?
“Io sono un rischio, perché se non verrò punito, diventerò un simbolo per tutte le persone che hanno detto no al regime degli Stati Uniti. E allora tantissime persone potranno dire no, e non solo i normali cittadini, ma anche uomini delle istituzioni, che magari fanno parte dell'apparato governativo o militare statunitense. Mentre se verrò punito la cosa sarà: guarda Julian Assange è stato punito, se lui non ce l'ha fatta, perché dovrei farcela io?”.
 
Come resisti a tutta questa pressione?
“Non è così difficile, non sto dicendo che sia facile, ma penso che sarebbe stato molto peggio se tutto fosse accaduto di colpo, invece è una cosa che è cresciuta gradualmente. Ho imparato a resistere a questo tipo di pressioni. Ad esempio, la prima cosa che pubblicammo su Scientology, ci è costata 4 anni e circa 100 cause, con un esercito di 22 avvocati. Alla mia età penso che si vive una sola volta, ogni anno va via almeno un 2% della nostra vita e quindi devi fare qualcosa, perché anche se stai lì a guardare la televisione, la tua vita sta scivolando via, quindi è meglio che tu faccia qualcosa, è meglio che tu ti muova e faccia qualcosa, perché non si vive tanti giorni. Anche se io in questo ultimo anno penso di aver perso molto più del 2% della mia vita, almeno il 15%” (ride).
 
Qual è la cosa che più spesso ti rimproverano?
“E' quella di lavorare contro qualcuno, ma noi non siamo contro nessuno. Se ci arriva qualcosa contro i talebani, pubblichiamo contro i talebani, se arriva qualcosa contro gli americani pubblichiamo contro gli americani. L'unica cosa di cui ci preoccupiamo è l'autorevolezza della fonte. In questo caso, trattandosi di documenti ufficiali, l'autorevolezza è insita”.
 
Perché il nostro Ministro degli Esteri è così preoccupato di te tanto da definirt terrorista?
“Chi è?”
 
Frattini
“Non so chi sia, non lo conosco”.

Commenti all'articolo

  • Di damiano_zito (---.---.---.75) 8 febbraio 2011 01:16

    Davvero una bella intervista caro Francesco. Non capita tutti i giorni di leggere pezzi simili.. ;)

  • Di sandro (---.---.---.83) 8 febbraio 2011 01:23
    sandro

    complimenti bel lavoro!

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.137) 8 febbraio 2011 09:24
    Damiano Mazzotti


    Qui si apprezza veramente la psicologia e il coraggio di Assange...
     
    Ma i governi oggi sono in mano alle banche private che pagano le campagne elettorali dei leader politici destra e di sinistra... E le banche centrali che spadroneggiano con lo "strozzinaggio" di stato del debito pubblico e dei titoli di stato

  • Di Claudio (---.---.---.96) 8 febbraio 2011 11:07

    Complimenti a Francesco Piccinini! Davvero un gran bel lavoro, molto interessante per capire - tra l’altro - chi determina le scelte dei mass media.

  • Di (---.---.---.203) 8 febbraio 2011 12:24

    veramente una intervista fantastica in cui avete snocciolato molto aspetti, davvero un gran bel lavoro...certo che chiamare " una ragazzina di 16 anni ".il pentagono è proprio molto da Assange...approfitto per lanciare un appello, .

    Unitevi a anche voi a crowdleak=leakspin ,abbiamo bisogno di più staff, soprattutto nella sezione italia, aiutatecia diffondere le info nei cable tramite del "city journalism" visto che a volte le testate principali si rifiutano...

    http://crowdleaks.org/

  • Di illupodeicieli (---.---.---.107) 8 febbraio 2011 12:53

    Una bella intervista che chiarisce alcuni punti che ,spero, siano veri, come quando Assange dice che "non siamo contro nessuno" e che se arriva qualcosa contro i talebani la pubblichiamo. Vero è che se verrà punito potrebbero sorgere difficoltà, ma confido che non sarà così.Divertente quando parla di Frattini :)

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.194) 8 febbraio 2011 12:54
    Paolo Praolini

    La seconda parte è ancora più coinvolgente della prima!
    Svelato un mondo che non ti racconterebbe nessuno!
    Bellissima intervista!
    I complimenti al capo sono indiscussi!

  • Di (---.---.---.156) 8 febbraio 2011 13:06

    sei un genio piccinini

    bea

  • Di Doctor Jonx (---.---.---.170) 8 febbraio 2011 13:40

    IMHO, un ottimo pezzo di giornalismo, ben diverso da quello al quale certi "mezzi d’informazione" vorrebbero assuefarci.
    Bravo Francesco e grazie Julian!

  • Di Elisa Lai (---.---.---.97) 8 febbraio 2011 13:51

    Noi sì che abbiamo un ministro degli esteri importante e carismatico! Frattini... chi è costui? 


    E’ un’intervista bellissima, che porta davanti agli occhi l’uomo (per la prima volta, via la sua ricreazione mediatica) e il suo coraggio infinito. E’ vergognoso che sia più giornalista lui di tanti "giornalisti" di professione! Il fatto che lo si definisca terrorista la dice lunga sulla nostra arretratezza in termini di libertà d’informazione.


  • Di vitolibero (---.---.---.65) 8 febbraio 2011 14:01

    E’ un dato di fatto .L’informazione danneggia gravemente le dittature sia esse militari che democratiche.

  • Di (---.---.---.143) 8 febbraio 2011 16:24

    Ottima l’intervista di Francesco Piccinini e ottimo e grande Julian Assange!

    Condivido tutto, ma ho l’impressione che si stiano trascurando alcuni punti fondamentali.

    1 il governo USA e i suoi servizi oggi sono certamente il pericolo maggiore per Assange, ma la grandezza sua e di WIKILEAKS sta nell’aver avviato una grandiosa collaborazione degli onesti nel rivelare le bugie dei poteri forti, non solo del governo USA.

    Si tratta di una vera e grandiosa rivoluzione: non so quali e quanti precedenti ci siano nella storia del mondo, sia nel mondo antico che in quello attuale, basato sulla conoscenza.

    2 ottimo che saltino fuori le grandi e diffuse corruzioni: tradizionalmente i politici, i giornalisti, gli storici, trascurano o tacciono il problema della corruzione.

     Ricordiamoci pero’ che, mentre il fine della singola corruzione appare essere quello di ottenere illecitamente un vantaggio, il fine piu’ importante della corruzione e’ quello di ampliare e mantenere una rete di potenti ricattabili, sia i corruttori che i corrotti. E finora nessuno, neanche WIKILEAKS, ci ha detto chi controlla quelle reti di ricatti.

    Io ho chiaro in testa un caso esemplare: anni fa salto’ fuori che c’era un progetto di ampliamento della base USA a Vicenza. Prodi, allora capo di governo, disse pubblicamente: “non se ne parla neanche”. La mattina dopo, lo stesso Prodi, con aria sottomessa, disse: “e’ un impegno preso e bisogna rispettarlo” (ovviamente, era un falso) : chi gli aveva telefonato la sera prima?

    3 e’ perfettamente vero che in Italia e’ carente il giornalismo d’inchiesta (la Gabbanelli e’ una lodevolissima eccezione), ma perfavore non sparate sui giornalisti alla Travaglio che seguono le inchieste e le sentenze della magistratura: in Italia c’e’ bisogno anche di loro, eccome!

    Siamo in un paese in cui persone giudiziariamente accertate come corruttori o come mafiosi sono in parlamento! E uno ci sta addirittura come senatore a vita!

    Geristeve

     

  • Di Virginia Visani (---.---.---.192) 8 febbraio 2011 17:02
    Virginia Visani

    Ciao Francesco,
    ho già detto che sei strepitoso, un vero appassionato del "mestiere" come al giorno d’oggi è difficile trovare.
    Bravissimo! Questa intervista sarà ricordata come "epica".
    Una domanda però vorrei fare, a te o Assange direttamente: come arrivano quelli di Wikileaks ai cables? Hanno delle "corsie" siti preferenziali per mettersi in contatto con le fonti dei cables? O è soltanto hackeraggio, cioè ricerca spasmodica a tappeto?
    Insomma le fonti?

  • Di fernanda cataldo (---.---.---.162) 8 febbraio 2011 19:32
    fernanda cataldo

    Assange è un uomo davvero coraggioso, oltre che geniale nel capovolgere contro "i padroni del mondo" i mezzi che il potere ha messo in campo per controllare noi e si trovano loro ad essere controllati. incrociamo le dita affinché non sia estradato negli Stati uniti.

    ferni

  • Di (---.---.---.36) 10 febbraio 2011 01:33

    great stuff

    english translation of both articles would be very nice

  • Di (---.---.---.235) 31 dicembre 2011 18:46

    Sembra quasi superfluo aggiungere altri grazie a questo servzio ma una comunicazione importante merita un apprezzamento esplicito e, se possibile, una diffusione adeguata. Speriamo che nel 2012 tutti riusciamo a fare informazione senza vincoli. Auguri a tutta la redazione.

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