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Africa occidentale: quattro colpi di Stato, quattro lezioni sulla democrazia (che non c’è)

Il colpo di Stato del 22 marzo nel Mali è stato il quarto avvenuto nell’Africa occidentale negli ultimi anni, dopo quelli in Mauritania (2008), Guinea (2008), e Niger (2010). Riflettiamo su questo punto, mettendo da parte la questione dei Tuareg e tutto ciò che le ruota intorno. Quattro casi, alcune analogie. Tutti i Paesi in questione, al momento del cambio di regime, stavano attraversando momenti di evidente crisi. E tutti erano in procinto di andare alle elezioni.

La storia della Mauritania, in seguito alla fine del sistema monopartitico nel 1978, include quattro colpi di mano in successione: 1978, 1984, 2005, e appunto 2008. Mentre i primi due installarono al potere dei regimi militari, il terzo venne motivato da crescenti tensioni domestiche sotto la dittatura del colonnello Maaouya Ould Sid’Ahmed Taya. Quest’ultimo tentò di stemperare la situazione attraverso una moderata tolleranza verso l’apertura alla democrazia. Nel 2007 furono organizzate delle libere elezioni. Ma all'interno della leadership militare serpeggiava la convinzione che un governo civile sarebbe stato politicamente debole di fronte alle minacce che incombevano all’orizzonte, segnatamente quella jihadista. Si giunse così al colpo di Stato nell'agosto del 2008. Il leader del golpe, il generale Mohamed Ould Abdel Aziz, era peraltro già stato un elemento chiave nel precedente colpo di mano del 2005. Nel 2009 la giunta militare ha indetto le elezioni presidenziali. Abdel Aziz si è presentato come candidato e ha vinto. È al potere ancora oggi, nonostante le accuse di corruzione, affarismo e familismo.

La Guinea ha avuto due colpi di Stato: nel 1984, alla morte di Sekou Toure, presidente in carica fin dall’indipendenza, e nel 2008, alla morte del presidente Lansana Conte, salito al potere proprio 24 anni prima. Il controllo venne assunto da una giunta militare presieduta dal capitano Moussa Dadis Camara, che aveva dapprima promesso nuove elezioni, in seguito alle quali avrebbe lasciato il potere, salvo poi rimangiarsi tutto. Nel settembre 2009 ha fatto reprimere nel sangue una manifestazione dell'opposizione. Tre mesi dopo una delle sue guardie gli ha sparato un colpo in testa. Il potere è passato al generale Sekouba Konate, che ha indetto nuove elezioni (in un doppio turno nei mesi di giugno e novembre del 2010) segnate da pesanti violenze e accuse di frode. Il vincitore Alpha Condé, a lungo leader dell'opposizione, è ancora presidente.

Anche il Niger ha avuto quattro golpe. Nel 1974, quando fu rovesciato il Hamani Diori, in carica dall’indipendenza. Nel 1996 quando salì al potere il colonnello Ibrahim Mainassara, dopo una serie di governi democratici ma instabili. Nel 1999, in seguito all’assassinio di Mainassara da parte delle sue guardie del corpo e che portò alle elezioni poi vinte da Mamadou Tandja. Infine l’ultimo nel febbraio 2010, guidato dal colonnello Salou Djibo, che cacciò Tandja dopo che questi aveva modificato la costituzione per rimanere in carica oltre la scadenza naturale del suo secondo mandato. L’episodio del 2010 mostra una significativa continuità con quello precedente del 1999: Djibo, che si considerava l'arbitro della democrazia nigerino, ha poi organizzato nuove elezioni in tempi relativamente brevi. Il voto si è tenuto nei mesi di gennaio e marzo del 2011 ed è stato vinto dall’allora leader dell'opposizione - e attuale presidente - Mahamadou Issoufou.

Il Mali, prima di quello del 22 marzo, ha avuto altri due rovesciamenti: 1968 e 1991. Il primo portò al potere Moussa Traoré, che aveva spodestato il primo presidente del Paese Modibo Keita e che avrebbe governato col pugno di ferro per oltre vent’anni. Il secondo avvenne per mano di un altro militare, Amadou Toumani Touré, il quale cedette il potere a un governo eletto l’anno successivo (guadagnandosi il soprannome di “soldato della democrazia”), e poi riuscì a farsi eleggere presidente nel 2002, ottenendo un secondo mandato nel 2007. E pensare che aveva promesso di non ripresentarsi alle presidenziali. Inoltre, il governo di Touré è stato segnato da incompetenza e corruzione. Sullo sfondo, nel Paese si sono susseguite tensioni religiose e intercomunitarie, nonché una diffusa criminalità urbana. E a Nord c'erano i Tuareg, i quali hanno collezionato una lunga serie di ribellioni nel corso degli ultimi cinquant'anni: tra il 1962 e il 1964, tra il 1990 e il 1995, e infine tra il 2007 e il 2009.
Alcuni membri del governo Touré sono stati anche accusati di aver tollerato l’ingovernabilità nel vasto Nordest desertico proprio per lucrare sui traffici illeciti che fioriscono nella regione. In ogni caso, l'incapacità di fronteggiare la nuova rivolta dei Tuareg in corso nella vasta area ha determinato il colpo di mano del 22 marzo.

Quattro esempi, quattro riflessioni:

  1. I colpi di Stato sopraggiungono in periodi di crisi palpabile. In aggiunta alle concause già esposte – incompetenza di fronte alle minacce, instabilità in seguito alla fine di un regime particolarmente longevo o al rifiuto di un leader di lasciare il potere – ciascuno dei quattro summenzionati Paesi era lacerato da sommovimenti già in atto sotto la superficie. La Mauritania ha affrontato disordini interni attivismo islamista (e jihadista), a controno di una società oppressa da tradizioni arcaiche (e barbare, come la schiavitù) che hanno disincentivato una partecipazione politica attiva. La Guinea ha conosciuto ammutinamenti militari e carestie, come pure il Niger. Il Mali, povero anch'esso, è attanagliato dalla piaga delle rivolte nel Nord. In tutti questi I casi l'esercito ha preso il potere dietro l'idea di difendere il popolo e le istituzioni.
  2. I fautori di un colpo di Stato adottano sempre una retorica pro democrazia. Entro pochi mesi, se non giorni, dalla propria ascesa al potere, le giunte militari si affrettano a promettere nuove elezioni in tempi rapidi. Il Mali non fa eccezione.
  3. Le (promesse di) elezioni perseguono lo scopo di perpetuare il potere acquisito. In Guinea sono servite a ritardare la necessità di chiarire le reali intenzioni di Camara. In Mauritania hanno dato continuità allo status quo stabilito dopo l'ultimo golpe. In Niger sono servite a tirare avanti. In Mali già non se ne parla più, con la rivolta dei Tuareg a monopolizzare l'attenzione generale.
  4. I promotori di un colpo di Stato, a loro volta, vengono sovente spodestati da altri colpi di Stato. Emblematici i casi di Camara in Guinea e Mainassara in Niger. Benché le nuove leadership si sforzino sempre di assumere una postura più aperta e tollerante rispetto ai predecessori, l'effetto della loro azione è sempre quello di trascinare ulteriormente il proprio Paese nel caos, aprendo la strada a nuovi rovesciamenti. In un circolo vizioso che sembra ripetersi incessantemente.
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