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Afghanistan, decano del fotogiornalismo ucciso mentre seguiva il conflitto

L’uccisione in Afghanistan, due giorni fa, di un decano del fotogiornalismo quale Danish Siddiqui, ci ricorda ancora una volta che gli operatori dell’informazione che seguono i conflitti finiscono spesso per diventare bersagli delle forze governative o dei gruppi armati che si contendono un territorio.

 

Siddiqui (nella foto di Dibyangshu Sarkar), fotografo dell’agenzia Reuters dal 2010, è stato ucciso a Spin Boldak, nel sud dell’Afghanistan, dove erano in corso scontri tra i talebani e le forze armate di Kabul.

Per anni, Siddiqui aveva scattato e diffuso immagini, sempre con serietà e rispetto, per far uscire dall’ombra le peggiori crisi nel mondo: l’Afghanistan, appunto, ma anche i terremoti in Nepal, le proteste di Hong Kong e recentemente la crisi sanitaria causata dalla pandemia in India.

Aveva fatto parte della squadra di fotografi della Reuters che nel 2018 aveva vinto il premio Pulitzer per aver raccontato al mondo la crisi dei rifugiati rohingya di Myanmar.

Sono decine i giornalisti, locali e internazionali, uccisi in questi anni in Afghanistan: 10 solo dallo scorso settembre, quando sono iniziati i negoziati di pace.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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