• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Afghanistan. Il nostro Vietnam

Afghanistan. Il nostro Vietnam

Erano le ore 21 di una domenica di inizio autunno in Italia quando George W. Bush e Tony Blair, in quella lontana notte del 7 ottobre 2001, annunciarono in contemporanea ai propri concittadini l'inizio dei bombardamenti aerei in Afghanistan. Il senso della missione, per come venne allora descritto dalle due super-autorità, sembrava chiarissimo: bersagli mirati ed esclusivamente militari, accompagnati dal lancio di cibo, medicinali e rifornimenti ai civili.
L'attacco anglo-americano assumeva nelle parole accuratamente scelte dai due leader mondiali i connotati di un attacco mirato alla resa rapida ed incruenta del regime talebano. E all'aiuto incondizionato alla popolazione civile.

La guerra dopo oltre 9 anni dal suo inizio è viva più che mai. La "missione umanitaria di pace" ha mostrato rapidamente il proprio volto: quello di una delle guerre più violente, cruente, disorganizzate e senza obiettivi chiari degli ultimi anni.

Enduring Freedom è diventata una Eternal SlaughterUn massacro permanente.

Quella che doveva essere una sorta di breve ma trionfale passeggiata occidentale nei territori arabi dell'Asia si è trasformata in un moderno Vietnam, un tunnel buio privo di uscita, in cui la bussola si è persa del tutto e si procede a vista, senza avere la minima idea di quale sia il punto d'arrivo.

Pochi mesi dopo la fine della primissima fase del conflitto, alcuni osarono proporre una soluzione politica al problema afghano, con la costruzione di una tavola rotonda attorno alla quale far sedere tutte le forze politiche e militari del paese per una disperata ricerca di riconciliazione nazionale al di sotto di un unico vincolo valido per tutti: la costruzione progressiva di forme di democrazia politica.

Allora erano le farneticazioni inaccettabili di pacifisti tout-court ed estremisti anti-patriottici. Oggi è la soluzione disperatamente ricercata dal comando NATO, dal governo afgano e da gran parte degli stati impegnati nella missione ISAF. Ma alla quale sembra impossibile giungere, come se il tempo avesse cancellato ogni possibilità.

Di fronte alle bare di 4 soldati lasciati morire in terra straniera per una guerra oramai priva di contorni e di forme oltre che di contenuti è tornato a brillare con la consueta luce il teatrino della politica, la celebrazione retorica di quel cordoglio affamato di visibilità e privo di umanità.

E ad accompagnare la passerella delle autorità è tornato, puntuale come sempre, il consueto dibattito sulle possibili soluzioni al conflitto. Ma anche questa fase, per cui si richiederebbe lucidità, onestà intellettuale, coerenza e profondità, in questo paese diventa uno stucchevole apparire di voltafaccia, repentini cambi di posizione e foschi vuoti di idee.

Antonio Martino, attuale deputato PDL, allora Ministro della Difesa, nel novembre 2001 dichiarava di essere del tutto contrario ad una missione militare che andasse ad imporre la pace con la forza. Un mese più tardi annunciava l'ipotesi di ritiro per il mese di marzo del 2002. Lo confermava la Lega Nord per bocca del senatore Luigi Peruzzotti il 30 gennaio 2002 nell'aula di Palazzo Madama.

Il 3 ottobre 2002 il ministro Martino pronosticava un nuovo termine per la missione, collocato per la fine del 2004. Lo stesso giorno Massimo D'Alema dichiarava, a nome dell'Ulivo, di aver votato a suo tempo a favore della missione solo perché mosso dall'impulso sorto a seguito della tragedia dell'11 settembre. E aggiungeva che vista la mutazione della missione in teatro di guerra, andavano cercate rapidamente nuove soluzioni. 4 anni più tardi, in qualità di ministro degli esteri del governo Prodi, chiese e deliberò con certezza insindacabile la prosecuzione della missioneseppure con la variazione di alcune minime regole d'ingaggio.


Due giorni dopo, il 5 ottobreSilvio Berlusconi annunciava la scomparsa delle truppe talebane da ogni angolo dell'Afghanistan.

Il 20 agosto 2003 Antonio Martino confermava la fine del 2004 come data per il ritiro delle truppe italiane. Il 21 giugno 2005 affermava: "I militari italiani rimarranno a lungo in Afghanistan, forse un altro decennio".

Il 17 settembre 2009 a Kabul perdevano la vita in un attacco kamikaze ben 6 soldati italiani. Lo stesso giorno Bossi dichiara improrogabile la missione in Afghanistan e ne chiede l'immediato ritiro, seguito a gran voce dall'intero establishment leghista.

Due anni prima, nel gennaio 2007, lo stesso Umberto Bossi dichiarava: "E' scontato il nostro sì al rifinanziamento della missione in Afghanistan. Lo dobbiamo fare per coerenza, vista che l'abbiamo decisa noi. Là c'è il nostro esercito, bisogna appoggiarlo. Non puoi mandare gli italiani e poi abbandonarli. Siamo obbligati a sostenere l'esercito".

Oggi a rappresentare la Lega Nord nella sua ennesima svolta pacifista (dopo i voti sempre favorevoli alle richieste di rinnovo della missione) è l'ex ministro e neo-governatore del Veneto Luca Zaia.

A contraddirlo il collega di governo e di partito Roberto Calderoli e il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni che invece apre, come fatto da subito da Piero Fassino, alla possibilità di dare il via anche ai bombardamenti aerei che, come già annunciato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, colpiranno inevitabilmente diversi civili.

Tra i convinti sostenitori di un ritiro immediato dall'Afghanistan appare in primissima fila il leader IDV Antonio Di Pietro. Lo stesso Di Pietro, nel luglio 2006, commentando l'intenzione di alcuni senatori di votare contro il rifinanziamento della missione dichiarava: "Chi tradisce, o ci ripensa o va a casa". Un anno dopo dalle pagine del suo blog ribadiva: "I nostri soldati devono poter affrontare adeguatamente il nemico. Altrimenti è meglio che stiano a casa. L'Italia dei Valori voterà rispettando l'impegno preso con il governo". Due anni più tardi, il 16 gennaio 2008, bocciava nuovamente il ritiro affermando che "il nostro Paese non può violare le norme internazionali".

Pochi mesi dopo l'insediamento del quarto esecutivo Berlusconi affermava: "L'Italia dei Valori è da sempre contraria a fare le guerre. Lo abbiamo detto per l'Iraq, lo ribadiamo per l'Afghanistan".

Non fa eccezione il Partito Democraticostraordinario contenitore di ossimori, diviso ancora una volta tra chi appoggerebbe la svolta militarista della missione (Piero Fassino, con l'introduzione degli attacchi aerei ad ampio raggio) e chi richiede grosse riflessioni sull'utilità del mantenimento della missione (Pierluigi Bersani).

Allo stato attuale delle cose le richieste di ritiro dal teatro di guerra afgano, largamente minoritarie fino a pochi mesi fa, ora si fanno spazio tra i banchi di Montecitorio. Ma resta comunque ben saldo il fronte della "missione ad ogni costo". Forte della retorica che sprigiona dalla domanda: "Per porre fine alla guerra civile afgana, cosa faresti anziché impiegare l'esercito?".
Una domanda che non ammette risposte certe ed inconfutabili, ma che perde ogni senso di fronte alla drammatica e pericolosa escalation degli ultimi anni, al rafforzamento delle truppe ribelli alle porte di Kabul, all'incremento del numero medio di attentati e alla consapevolezza che per ogni vittima civile, dieci nuovi soldati talebani crescono.

Una domanda che non ammette risposte sicure, ma, alla luce di tutto ciò, di certo dare fuoco al proprio naso per curare un raffreddore inestirpabile non è una soluzione.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.230) 12 ottobre 2010 18:01

    http://mindprod.com/politics/iraqdu...

    ecco cosa fanno i nostri criminali in divisa e i loro alleati NATO. Questa e’ la nostra democrazia da esportazione.

    e scrivere un articolo unicamente con propaganda governativa non e’ giornalismo bensì una marchetta filogovernativa.

    forse se tu fossi un afghano e la tua famiglia fosse crepata sotto le bombe "democratiche" scriveresti meno sciocchezze.

    Viva la resistenza afghana che sconfiggerà i TERRORISTI in divisa occidentali, infami mercenari al soldo di regimi criminali: come quelli occidentali.

  • Di pint74 (---.---.---.142) 12 ottobre 2010 18:05
    pint74

    Da questa guerra non ne usciremo fino a che non lo vorranno gli USA.
    Noi siamo una colonia in balia degli interessi altrui che sono ben diversi dalla lotta al terrorismo...
    L’Afghanistan fà gola per la posizione strategica importante,i probabili giacimenti e magari a qualcuno anche per l’oppio...
    Ma alla gente comune è meglio lasciar credere che siamo li per lottare contro il terrorismo...
    Rimane l’impressione,comunque,che i veri terroristi sono i promotori di questa invasione.

  • Di alessandro tantussi (---.---.---.153) 13 ottobre 2010 06:31
    alessandro tantussi

    dare fuoco al proprio naso per curare un raffreddore inestirpabile non è una soluzione, ma se il tuo naso prende fuoco devi utilizzare, per spemgerlo, tutti i mezzi possibili.

    Nel perseguire la loro delirante “missione”, i talebani non sono soli, difatto si alleano con interessi materiali ben poco legati alla professione di fede e vengono anche supportati da essi. Di fronte a tale comportamento di Al Qaeda e di altri compagni di merende, dobbiamo ancora specificare: sono essi uno sparuto gruppo di innocui illusi? La loro minaccia è concreta? Ed inoltre: il pericolo che rappresentano è destinato a ridursi nel tempo in modo autonomo? Le Twin Towerrs, gli attentati a Londra e Madrid e tutti gli altri atti “minori” di terrorismo confermano che, in quella parte del mondo c’è una polveriera pronta a proseguire, per l’eternità, nel supporto ideologico e tecnico al terrorismo, con effetti destinati a progredire nel tempo in un crescendo teso alla devastazione.

    Nessuno sa se i talebani riusciranno nel loro obiettivo finale, ma di certo sappiamo che non si scoraggeranno, perseguendo il loro scopo fino alla morte. Come dimostrano i “martiri” disposti agli attentati suicidi, la loro forza non è nei mezzi di cui dispongono bensì nella loro determinazione.

    Non so se esista una guerra “giusta”, Di sicuro però ci sono guerre necessarie e guerre assurde che se non si combattono con la determinazione necessaria per vincere, diventano inutili spargimenti di sangue. 

     



Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares