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Ad una discoteca: "Nulla di personale, ma lasciaci il buio magico delle notti salentine"

In un’incomparabile località turistica del Salento, ricca anche di storia e d’arte, è stata pochi anni fa realizzata una discoteca, ubicata sulla sommità delle collinette o serre che, dalla periferia del rinomato borgo, si affacciano sul Canale d’Otranto, in corrispondenza di un tratto di costa rocciosa particolarmente suggestivo.


Orbene, ai proprietari o gestori di detto locale, è recentemente venuta la “bella” idea di piazzare, sulla copertura dell’edificio o chissà dove, un dispositivo o macchinario o apparato elettronico, da cui promanano e s’irradiano, con azione e forza innaturale, dei fasci di luce, di potenza e lunghezza a dir poco gigantesche, che investono, rompono, infrangono e inquinano il sereno e silente buio della notte.

Il loro straordinario effetto, in termini di visibilità, si propaga dilagante, senza che niente possa fermarlo, in una vastissima area, addirittura, in certe condizioni meteorologiche, sino a decine di chilometri.
 
Nessuno parla della “trovata” in questione, eppure le interminabili, anzi infinite, sciabolate ruotanti che sembrano una diabolica ipertrofia delle barrette metalliche reggenti gli ombrelli, producono concreti effetti, se non negativi, quantomeno fastidiosi.
 
Essi, difatti, distraggono, quasi a livello di pericolosità, gli automobilisti. Inoltre, man mano che penetrano le nuvole in movimento sotto la spinta delle brezze, generano perplessità e pongono imbarazzanti interrogativi in seno al semplice sentire delle persone anziane, giacché danno luogo a catene d’immense macchie che corrono sulla volta del cielo. Turbano, da ultimo, l’immobile, assolutamente silente e luminosa esposizione delle stelle e della luna, le quali, soffrendo per l’invasione, si chiudono in se stesse alla stregua di ricci e finiscono con l’interrompere i discorsi, dialoghi, scambi di confessioni e confidenze, con i loro interlocutori privilegiati, quali siamo noi, poveri e piccoli puntini della brulicante umanità.

 
Sì, forse i più, ormai, non se n’avvedono, ci sono, ancora, grosse schiere di persone, di ogni età, le quali, nel fruire – la sera e la notte – della quiete, della pace e del refrigerio dalla calura, sono solite volgere gli occhi in alto e intrecciare tante conversazioni con le meravigliose lanterne che da lì fanno capolino.
Del resto, sull’amata ma talvolta maltrattata terra, c’è posto, e guai se così non fosse, per tutti: sia per gli amanti delle “disco”, sia per quelli che prediligono altro.
Questi ultimi, per senso di rispetto e doverosa tolleranza, si sono finanche abituati a conciliare la fase dell’assopirsi e lo stesso sonno con il prolungato “tum, tum, tum, tum, tum…”che, dall’opificio di ritmi musicali e ballo, giunge sino alle loro orecchie. E però, non riescono a convivere con il recentissimo sventagliamento luminoso, lungo e attraverso l’arco del “loro” cielo blu notte.
 
Per favore, non si potrebbe rimuovere il marchingegno dall’attuale postazione esterna sulle collinette a strapiombo su acque d’incanto e, se proprio amatissimo dagli utenti, mantenerlo e lasciarlo al loro godimento interamente all’interno del locale?
 
Grazie dell’attenzione.
 

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