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Achille Toro, ex procuratore aggiunto con il ruolo della talpa

C’è una talpa.


Una talpa c’è sempre, c’è sempre stata. C’era quando si era piccoli e nella comitiva si aveva l’amico spione, chiacchierone, mandato ad ”osservare” e a ”riferire”. Una talpa fa sempre comodo, e poi, avere al servizio una talpa, è importante, denota un certo potere e prestigio. Indispensabile avere una talpa quando si agisce al di fuori di ogni regola e legge, soprattutto quando si agisce contro lo Stato e il demanio. Naturale che chi complotta contro lo Stato, chi abusa e si serve dello Stato abbia bisogno di una talpa. Questi individui sono dei semplici spioni, senza spina dorsale, senza onore nè gloria, perchè chiamarli ”talpa”? Spioni, così è più giusto e più rispettoso nei confronti di un nobile animale. Senza voler andare troppo lontano, anche il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, parlò, una volta spogliatosi da ogni romantico e fiero pensiero sullo Stato al quale aveva dato la propria vita, di spioni all’interno di alcuni onorabili corridoi. Lo stesso Falcone lo disse apertamente e in quante altre maledette intercettazioni son saltate fuori queste talpe? Ricordate le inchieste Poseidone e Why-not? Ricordate la fine che ha fatto De Magistris? Non l’hanno potuto ammazzare, ma lo hanno reso eunuco. Oggi, come se il fatto in sé fosse raro, insolito, i giornali rivelano che l’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, avrebbe svolto il ruolo di “talpa” all’interno del Palazzo di giustizia della Capitale. Avrebbe svolto il ruolo di spione ancor prima di essere scoperto ed indagato nell’ambito dell’inchiesta su G8, Grandi Eventi e Mondiali di Nuoto. Prima di passare informazioni “riservate” e coperte dal segreto istruttorio sulle indagini riguardanti i protagonisti del grande business della Protezione civile, Angelo Balducci e Diego Anemone.

Insomma, Achille Toro avrebbe rivelato, prima del 2009, altre notizie su inchieste in corso. La pesante ipotesi nei confronti dell’ex magistrato accusato di corruzione e dimessosi dall’incarico di procuratore aggiunto di Roma, è contenuta nella richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, inviata nei giorni scorsi alla Camera. La Camera anche questa volta difenderà i suoi ubbidienti servitori? I suoi spioni?

“Nei confronti del procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro – scrivono i pm di Perugia Alessiva Tavernese e Sergio Sottani – le acquisizioni processuali, sempre nella forma embrionale degli spunti investigativi idonei eventualmente a connotare l’ipotizzato reato corruttivo, non si limitano all’anno 2009, ma si profilano anch’essi da epoca di gran lunga anteriore”. Achille Toro, stando all’accusa, magistrato che si occupava dei reati contro la pubblica amministrazione e che teoricamente indagava sugli appalti del G8 e di altri grandi lavori, viene individuato e definito lo spione, la talpa, il protettore dei corrotti e corruttori.

“L’aspetto inquietante del procedimento trattato dalla Procura di Roma – scrivono i pm perugini – assegnato a magistrati del gruppo in materia di reati contro la pubblica amministrazione, quello coordinatore da Achille Toro quale procuratore aggiunto, è stato indubbiamente il ruolo assunto da quest’ultimo. Infatti, sin dal febbraio del 2009 nel procedimento romano si andava delineando nel gruppo Anemone il soggetto corruttore, che si avvaleva tra gli altri del commercialista Stefano Gazzani e dell’architetto Angelo Zampolini per il conseguimento dei suoi scopi, ed in Angelo Balducci uno dei funzionari corrotti. Tuttavia, a fronte delle richieste dei sostituiti assegnatari del procedimento nonché della stessa polizia giudiziaria, di qualificare nei termini giuridicamente corretti la vicenda in modo da potere adottare gli strumenti investigativi idonei, quali perquisizioni, intercettazioni telefoniche ed altro, la condotta di Achille Toro si è caratterizzata per la stasi inibitoria e la volontà dissuasiva. Tutto ciò mentre nelle separate indagini fiorentine si stava accertando come personaggi collegati a Diego Anemone ed Angelo Balducci, in particolare Edgardo Azzopardi e Manuel Messina, stavano acquisendo da Camillo Toro, figlio di Achille Toro, le informazioni proprio su quel procedimento romano su cui il procuratore aggiunto stava esercitando la sua diretta attività di controllo”. Achille Toro aveva il disgustoso e vergognoso compito di difendere, ostacolando e rallentando le indagini, Anemone e Balducci, “un reato corruttivo contestato ad Achille Toro, rivelatore di notizie riservate del suo ufficio giudiziario in cambio di assunzioni lavorative per i figli Stefano e Camillo”. A sottolineare i rapporti di amicizia tra Achille Toro ed i personaggi coinvolti nell’inchiesta i pm di Perugia nella richiesta di autorizzazione a procedere per Pietro Lunardi, ricordano che al matrimonio di Camillo Toro (anche lui indagato), parteciparono, come testimoni, Edgardo Azzopardi (l’uomo che raccoglieva da Toro le notizie da girare a Balducci e Anemone), Massimo Sessa (già presiente di Sezione) e il dirigente d’azienda coinvolto nell’inchiesta sulla “P3″ Giancarlo Elia Valori.

Tanti filoni giudiziari, G8, Grandi Eventi, eolico, appaltopoli, la nuova Propaganda 3, singoli filoni, unica ”cricca”.

Achille Toro, tra le altre cose, è stato anche indagato, come spesso accade con questi personaggi, implicati in più scandali, indagati e accusati a più riprese, nello scandalo di bancopoli e finiva, anche ad allora, nel registro degli indagati: martedì 3 gennaio 2006 la Procura di Perugia iscriveva nel registro degli indagati il procuratore aggiunto di Roma Achille Toro per un’ipotesi di concorso in violazione del segreto d’ufficio. Nonostante l’attestazione di fiducia ricevuta dalla sua Procura il PM decideva di dimettersi, pur dichiarandosi innocente, dalle inchieste sull’OPA BNL, sull’OPA Antonveneta e sui movimenti di azioni RCS. Il segreto d’ufficio che Toro avrebbe rivelato riguardava proprio le indagini in corso.

Quando una foglia cade, l’albero lo sa. Non esistono foglie malate in un albero dalle radici sane.

Voglio ricordare il sindaco di Pollica Angelo Vassallo, caduto sotto una pioggia di proiettili, caduto per essersi messo di traverso ai poteri forti, caduto non prima di aver segnalato e denunciato la collusione di certe divise con la criminalità organizzata. Non chiediamo la verità su questo omicidio e sulle denunce fatte dalla vittima a diverse procure. Non chiediamo la verità in quanto la verità è una forma di diritto e un diritto non lo si chiede supplicando, lo si pretende.

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