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Abcasia (Caucaso): la morte del presidente Bagapsh apre un futuro incerto

1. L'improvvisa morte di Sergei Bagapsh, da sette anni presidente de facto dell'Abcasia, regione separatista della Georgia, potrebbe provocare instabilità nel futuro politico nello Stato caucasico.

Molti abcasi hanno accolto la notizia con sgomento. La prematura scomparsa del loro presidente ha dato al Paese la sensazione di aver perduto la terra sotto i piedi. E già circolano le prime complottiste sulla sua morte.

Attualmente il potere è passato al vicepresidente Alexander Ankvab, Capo di Stato ad interim in attesa delle nuove elezioni presidenziali che si terranno entro tre mesi dalla morte di Bagapsh. Insieme a Ankvab, hanno già annunciato la propria candidatura il primo ministro Sergei Shamba, uomo politico di vecchia data e veterano nella lotta per l'indipendenza dell'Abcasia, e l'ex vicepresidente ed ex funzionario del KGB Raul Khadjimba.

2. Noto per essere un accanito giocatore di basket, Bagapsh era stato a capo del locale partito comunista negli anni Ottanta. Dopo la dissoluzione, aveva ricoperto diversi incarichi nel governo separatista di Sukhumi, tra cui quello di ministro de facto primi da 1997-1999. In seguito fu a capo della compagnia energetica locale Chernomorenergo (letteralmente: Energia del Mar Nero) per sei anni, quando, nel 2005, divenne il secondo presidente de facto dell'Abcasia, dopo il ballottaggio contro lo sfidante Khadjimba.

Dal 2008, anno del formale riconoscimento dell'indipendenza di Sukhumi da parte di Mosca, Bagapsh è riuscito a mantenere un difficile equilibrio tra l'aumento dell'influenza russa nei settori dell'energia, dei trasporti, immobiliare e della difesa, e le forti critiche dell'intellighenzia locale di aver svenduto la sovranità dell'Abcasia a Mosca. Uno dei grandi punti di forza di Bagapsh, era proprio la sua capacità di comporre le divisioni tra le opposte correnti di pensiero. La sua politica e l'impegno profuso durante la sua presidenza hanno saputo mediare tra il desiderio del popolo per una reale indipendenza e le esigenze strategiche del proprio Grande Vicino. Prova ne era il suo accordo di condivisione del potere con Khadjimba, un candidato fortemente sostenuto da Mosca, dopo le presidenziali del 2005. Khadjimba è stato vicepresidente fino alle sue dimissioni nel 2009.

Da qui la preoccupazione che la lotta per il potere tra i successori di Bagapsh possa minare la malferma stabilità del Paese. L'Abcasia non è pronta a sostenere l'ansia politica che seguirà la morte del proprio presidente. È poi da vedere il ruolo che Mosca deciderà di ricoprire. Forse non prenderà apertamente parte per un candidato come in passato. Lo scenario probabile è che il Cremlino resterà alla finestra, in attesa di vedere chi sarà il vincitore dalla prossima competizione elettorale, per poi operare in stretto contatto con quest'ultimo.

Negli ultimi tempi il legame che univa la piccola repubblica alla Federazione Russa si era incrinato, e la circostanza che Bagapsh sia deceduto proprio a Mosca, in seguito alle complicazioni sul tavolo operatorio, rafforza questo sospetto presso l'opinione pubblica del Paese. "L'ho visto tre settimane fa. Non mostrava alcun segno che stesse per morire", ha dichiarato Liana Kvarchelia, vice direttore del Centro per i programmi umanitari, una ong operativa nella capitale Sukhumi.

Nessuno dubita che l'Abhazia sia già sotto il pieno controllo russo e che non ci sia possibilità di mutare un tale scenario. Il nome che prenderà il posto di Bagapsh alla guida del Paese sarà un mero dettaglio.

3. In Occidente vi è scarso interesse per le elezioni in Abcasia. Questioni più urgenti (guerre e crisi economica) e miserie di casa nostra (calcio scommesse) assorbono tutta l'attenzione dei media nostrani.

Le prossime elezioni potrebbero segnare uno spartiacque nel percorso politico del Paese del Caucaso. Il governo georgiano sostiene apertamente che l'indipendenza dell'Abcasia è solo una maschera dietro cui si cela l'espansionismo russo; i punti di vista europeo e americano non si discostano granché da questa posizione e la presenza di osservatori dell'Ocse nei seggi non cambierà di molto questa percezione. Tuttavia, benché il voto sia considerato una farsa con la regia di Mosca a muovere i fili dietro le quinte, la scelta del popolo abcaso potrebbe anche registrare l'affermazione di volti nuovi.

Inoltre, non va ignorato l'impatto che le elezioni avranno sugli equilibri regionali. La Georgia di Saakashvili non ha mai rinunciato all'obiettivo di ricondurre l'Abcasia sotto il proprio controllo. Dalla sconfitta del 2008 la strategia di Tbilisi verso Sukhumi era radicalmente mutata: non più una lotta armata per riprendere il territorio, ma una influenza culturale e propaganda basata sull'immagine di un Paese prospero e democratico a cui aderire. Una strategia sostenuta dalla politica americana, che riponeva le sue speranze nella politica dell'attesa. Presto o tardi, si pensava, l'Abcasia avrebbe acquisito consapevolezza dei progressi di Tbilisi, e di seguito meditato sui vantaggi della riunificazione. Ma qualcosa non ha funzionato. la Georgia affronta una dura crisi economica come il resto del mondo, e il governo si è molto allontanato dagli ideali propugnati durante la Rivoluzione delle Rose. Saakashvili ha perduto l'immagine di leader libertario di quei giorni, indaffarato com'è nella corsa per guadagnarsi la poltrona di primo ministro quando il suo mandato presidenziale sarà scaduto.

4. L'Abcasia sta cercando di affrancarsi dal dualismo Mosca - Tbilisi. Non vuole più essere uno paese-cuscinetto tra due fazioni in lotta, ma un Paese vero, indipendente e sovrano. L'Abcasia vuole essere l'Abcasia, riconosciuta come Stato tra gli Stati. Confutare l'asserzione di essere il burattino di Mosca e trovare una soluzione al conflitto congelato con Tbilisi sono le sfide che attendono il futuro presidente dell'Abcasia.

La strada verso l'indipendenza è irta di ostacoli (leggi: Russia e Georgia), e la scarsa attenzione dei media stranieri potrebbe far passare inosservati anche gli sforzi che gli abcasi stanno affrontando per percorrerla.

Si veda anche: Russia e Abcasia litigano per i confini

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