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A sinistra, poche idee, ma confuse

A sinistra, poche idee, ma confuse

Di Pietro sostiene che il centro sinistra ha bisogno di un leader e che bisogna trovarlo entro l’anno.

Nonostante l’origine contadina, mette il carro davanti ai buoi. Infatti, un vero leader non si inventa, ma emerge chiaramente solo dall’impegno politico o civile, attraverso gli anni, misurabile solo con il consenso popolare.

Un leader è lui, Di Pietro, passato dall’impegno civile, come magistrato alla politica, contro tutto e contro tutti, con una notevole prospettiva se non avesse fatto la sciocchezza di appoggiare in Campania lo sputtanato, inquisito e perdente candidato De Luca.

Un altro leader è Vendola, egli è radicato tra la popolazione pugliese, ha imposto il giusto metodo delle primarie per scegliere il candidato, e ha vinto contro l’apparato e il diktat di D’Alema.

Grillo è sceso in politica, dice parecchie cose giuste e sensate, ottiene qualche risultato alle regionali ma oggi non sembra voler andare oltre.

Un altro personaggio nato su un percorso simile a quello di Di Pietro è De Magistris. Oggi in una lunga intervista sul “Fatto quotidiano” (a cura di Marco Lillo), parla di una ammucchiata già vista, e vuole indire a maggio una grande adunata per mettere insieme movimenti e partiti per dare vita ad un nuovo soggetto politico.

L’unico di questi soggetti, a parte Grillo, che considera defunti i vecchi partiti, ed in particolare il PD è Vendola, ma contraddittoriamente parla di eventuali alleanze con questo partito, come del resto fanno Di Pietro e De Magistris.

La verità di cui nessuno sembra tenere conto, anche se chiaramente evidente, è che il partito democratico e tutti i partitini alla sua sinistra, sono in mano a vecchie nomenklature che nemmeno le sconfitte più evidenti hanno spazzato via, e ciò impedisce qualsiasi rinnovamento e cambiamento di rotta.

Il principale impedimento alla elaborazione di un programma e di un partito unico della sinistra sono i dirigenti di questi partiti, dove il PD è un partito di centro, Rifondazione e PDCI, Ecologia e Libertà, sono entità che vivono di nostalgia e ideologia e lasciano senza rappresentanza parlamentare l’8-10% dell’elettorato.

Siccome è inutile chiedere a questi partiti di sciogliersi e lasciare finalmente libero il campo al formarsi di una entità politica antagonista, l’unico serio appello da fare è quello agli elettori, e proporre a loro, e non ai dirigenti del passato, un eventuale programma ed un eventuale leader.

Ma i partiti nuovi, i leader, la classe politica dirigente, possono nascere solo nel vivo delle lotte sociali: nel portare avanti la battaglia per il “salario sociale” per tutti i disoccupati, nella organizzazione dei referendum (contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua), nella battaglia sulla informazione per fare della RAI un vero servizio pubblico (con il direttore generale eletto dai cittadini-abbonati), abolendo le concentrazioni mediatiche (né la Rai, né un privato può possedere più di una rete nazionale), nel sostenere una nuova legge elettorale che preveda non solo il ripristino delle preferenze, ma anche la durata massima di due legislature del mandato parlamentare.

Dalla messa in cantiere di queste iniziative e dalle vittorie che si devono ottenere, si può realizzare una coesione politica, una nuova classe dirigente, e un partito veramente nuovo che valorizzi chi queste lotte ha guidato e vinto.

Questo è il metodo giusto.

Quanto alla sua applicazione, vi è la difficoltà della scarsa propensione, tutta italiana, a collaborare, e i capi facilmente si trasformano in galletti inamovibili e autoritari.

Purtroppo credo che la strada per battere la destra sia più ardua ed in salita di quanto molti pensino, perché siamo all’anno zero, e ci vogliono una nuova cultura e nuove regole, tutte da scrivere ed applicare.

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