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A Portotorres Michela Murgia presenta "Accabadora"

La giovane scrittrice di Cabras è finalista al Premio Dessì di Villacidro. Grande partecipazione di pubblico alla scoperta delle tradizioni autoctone. 
 
Oltre cento persone hanno letteralmente invaso la libreria Nemo a Portotorres per incontrare Michela Murgia. La giovane scrittrice di Cabras è giunta, lunedì sera, alla libreria in Viale delle Vigne intorno alle 18.00 per presentare il suo ultimo romanzo “Accabadora” edito da Einaudi. Accompagnata da Aldo Addis (Libreria Koinè Sassari), la scrittrice ha illustrato i contenuti del romanzo, divisi in sette sezioni tematiche. Ciascuna ispirata da alcuni versi, tratti dal testo, scritti su altrettanti bigliettini, precedentemente distribuiti e letti da alcuni dei partecipanti all’incontro. Un modo efficace e partecipativo che ha marcato i tratti salienti della storia. Di particolare impatto suggestivo, sospesa fra il mistero di una figura leggendaria della sardità, tramandata oralmente, e spunti di riflessione sui valori arcaici di una società, stabilmente solidale nella rete delle relazioni umane.
 
La via principale della trama che vede le pratiche notturne della sarta Bonaria Urrai, ignorate fino ad un certo punto, da Maria, sua figlia adottiva (“fillus de anima”) costruisce una planimetria di valori e relazioni che tracciano il forte tessuto della comunità sarda della seconda metà del Novecento. Pur senza sconfinare i recinti accademici degli antropologi, l’autrice gioca di fino con la copertura della narrazione e i benefici inventari della leggenda. Dando corpo nei protagonisti della vicenda a fieri e difesi virgulti identitarii: la maternità, la cogenitorialità che non discerne tra figlio naturale e figlio adottivo, bensì introduce e rivendica una genitura multipla. Un figlio/a con più madri e padri.
 

La pratica “fillus de anima” è rimarcata dalla Murgia nella sua esperienza privata e tiene a precisarlo, ricordando il suo titolo originario del testo (“L’ultima madre”), successivamente corretto con l’editore in “Accabadora”. Nel dibattito molto sentito e appassionato con il pubblico, emerge la differenza rispetto al dibattito contemporaneo sul fine vita che contempla l’eutanasia, il testamento biologico. La Murgia respinge qualsiasi allusione strumentale con i dolorosi e recenti casi della cronaca italiana (Welbi ed Englaro). Temi opposti ad un principio etico atavico che vedeva nella necessità (“su giustu è necessario”) della sussistenza economica (impossibilità di togliere braccia ed energie dal lavoro per dedicarle al malato terminale), il discernimento fra pietà e delitto.
 
Corrono domande e risposte sul filo rosso dell’amore alla vita, nella paradossale chiosa della morte. Fra le decine di libri autografati, riesco a chiedere alla scrittrice, quale fosse la spinta per trattare questo tema. Così diverso e poco tangibile rispetto all’oggettiva realtà del suo primo saggio (il lavoro schiavitù in “Tutto il mondo deve sapere”) - “...Andava scritto così, non si può trattare diversamente..” - Potenza di un romanzo capace di conquistare i cuori piuttosto che le menti. Non per caso “Accabadora” di Michela Murgia è uno dei tre libri finalisti al Premio Dessì che sarà assegnato la prossima domenica (20 settembre) a Villacidro. Incoraggiante i favori dei lettori turritani, troppo numerosi per la capienza di Nemo. Il prossimo incontro letterario, curato dalla stessa libreria il prossimo primo ottobre, trasloca alla sala Filippo Canu (Biblioteca Comunale). In programma Massimo Carlotto con la sua ultima opera “L’amore del bandito.”

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