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9 maggio 1993: quando il Papa urlò contro la Mafia

Era il 9 maggio del 1993 quando Papa Giovanni Paolo II entrò in una casa sul cammino per la valle dei templi. Era la casa dei genitori del giovane giudice Rosario Livatino, ucciso da Cosa Nostra. Fu in quell'occasione che la Chiesa attaccò apertamente il potere mafioso, evento storico che però è stato sempre offuscato dal ricordo della morte di Aldo Moro.

Mattina del 9 maggio 1993. Il Papa in testa al corteo stava scendendo verso la Valle dei Templi. Era alla sua seconda visita in terra sicula e si apprestava a fare il suo consueto Angelus domenicale. Durante il tragitto si fermò davanti ad una casa, entrò. Ci rimase pochi minuti e poi ripartì alla testa del corteo.

Fece ciò che era venuto lì per fare. Una limpidezza che non lasciava intuire presagi di un disagio interiore. Si sta concludendo la funzione, arriva il momento del congedo. Papa Giovanni Paolo II si allontana dal microfono con un senso di oppressione, nessuno riesce a capacitarsi di cosa stia per dire. Un moto, una frazione di secondo, e il pontefice prende il microfono e inizia l'invettiva che diventerà storia. Le parole sono rivolte al popolo siciliano ma sono per l'Italia tutta. Sono per un popolo che ama la vita e che non può vivere sotto una controsocietà della morte, c'è bisogno di una civiltà della Vita. La frase da lui il pronunciata: "Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio", fu un fulmine a cielo aperto. Per la prima volta la Chiesa si era traversata, si era messa contro.
 
 
I mesi successivi non furono così semplici per la comunità cattolica. La Mafia rispose alla provocazione con due attentati e due omicidi: il 27 luglio vengono compiuti due attentati dinaminatardi alle chiese di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro. Il 15 settembre viene assassinato don Pino Puglisi e pochi mesi dopo don Peppe Diana. Dietro i due attentati il fattore simbolico è centrale: la prima è una delle più conosciute e si presta facilmente ad un accostamento alla figura papale, mentre la seconda ha una storia leggermente diversa ma non di meno significativa. La chiesa di San Giorgio al Velabro sorge nel luogo simbolico dove la tradizione pone il ritrovamento di Romolo e Remo. Un fulcro storico per l'Urbe il cui coinvolgimento fa comprendere la volontà di colpire profondamente la comunità cristiana di Roma, anche solo in modo figurato.
 
 
Le parole del Papa e la feroce risposta della Mafia hanno segnato uno spartiacque storico, spezzando quella connivenza malcelata che era, ed è ancora, presente in Sicilia tra Chiesa e Mafia. Da quel momento per un uomo di fede non era più giustificabile il silenzio e la complicità.
Sono passati ormai 20 anni da quel 9 maggio e oggi questa consapevolezza si è affievolita e forse non è rimasta impressa. Per questo è necessario far memoria, ricordare questi eventi, così da rianimare le coscienze sopite e riportare a galla ricordi naufragati per colpa della memoria corta di noi italiani.
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