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55.000 piccoli negozi scompariranno nei prossimi dieci anni

Nei prossimi dieci anni scompariranno 55.000 piccoli negozi insieme a 135.000 posti di lavoro. Tale previsione è formulata dalla Confesercenti. La riduzione di questi esercizi commerciali interesserà soprattutto il settore alimentare (- 26% per l’ortofrutta, -23% per le macellerie, -14% per le panetterie), ma anche quello dei mobili e degli elettrodomestici (-22%), fiori e piante (-22%), merceria (-36%). Secondo la Confcommercio poi, nei primi nove mesi del 2010, le cancellazioni hanno superato le iscrizioni, presso le Camere di Commercio, di circa 10.000 unità e tale riduzione dei piccoli esercizi si dovrebbe confermare anche nel 2011. Le dichiarazioni di alcuni esponenti delle due associazioni dei commercianti citate sono piuttosto chare.

"Il clima di incertezza generato da crisi dei consumi, stagnazione della domanda, cassa integrazione e problemi economici del paese – ha spiegato Mauro Bussoni, vicedirettore generale di Confesercenti – mette in difficoltà i piccoli esercizi che sono in stagnazione. E per il futuro la situazione non migliorerà. Siamo preoccupati perché secondo noi i periodi peggiori per la distribuzione devono ancora arrivare anche perché la domanda è ferma. La dinamica che si prospetta in base ai dati numerici segna lo svuotamento definitivo dei nostri centri storici, un mutamento profondo di abitudini, stili di vita, con effetti molto negativi soprattutto su alcune fasce di popolazione, come quella anziana, che tra l'altro è invece in crescita prospettica".

Bussoni ha fatto notare che i negozi di frutta e verdura sono circa 20.500, "il che vuol dire poco più di due negozi per ogni comune, ma, considerando che la maggior parte si concentra nelle città più grandi, probabilmente il 50% dei comuni ne è sprovvisto. Stesso discorso per le 34.114 macellerie, 7.830 pescherie e 11.635 panetterie. È una situazione critica e se il trend si dovesse mantenere nel 2020 si realizzerebbe una vera e propria desertificazione. Il commercio nei centri va invece valorizzato e riqualificato ponendo le condizioni strutturali e preventive affinché la sua fondamentale funzione possa mantenersi efficiente nel corso del tempo". Alimentari a parte, è in sofferenza anche il comparto moda-abbigliamento sul quale "alla crisi conclamata – ha rilevato Bussoni – si aggiunge la concorrenza sempre crescente degli outlet".

La morsa della crisi tiene prigionieri i piccoli esercizi dal 2008, ha sotenuto Mariano Bella, direttore dell'Ufficio studi di Confcommercio "che ha fatto registrare un saldo negativo di 22.000 unità al quale si sono aggiunti quelli, sempre negativi, di 16.000 del 2009 e 10.000 unità del 2010, che significa quasi 40.000 piccoli negozi scomparsi tra il 2008 e il 2010. E per il 2011 si prevede un ulteriore saldo negativo tra le 5 e le 10.000 aziende. I piccoli esercizi che non hanno risorse da investire in sviluppo né possono permettersi di ridurre i margini pur di mantenere i volumi di vendita perché non hanno la struttura economica delle grandi superfici per reggere". E, se gli alimentari "che da tempo subiscono la forte riduzione della presenza nei centri storici cittadini’, ha sottolineato Bella, sono in difficoltà, i negozi di elettronica soffrono per la concorrenza delle grandi superfici specializzate. "Ma lo sviluppo e l'innovazione non si possono fermare per questo consigliamo agli imprenditori di consorziarsi, per fare rete, perché chi non reagisce alla crisi rinnovandosi non ce la farà".

L'incremento delle grandi superfici di vendita non può rappresentare, dunque, l'unica strada di sviluppo commerciale. "Gli esercizi minori – ha commentato Bussoni – hanno un intrinseco e autonomo fattore di modernità che deve essere solo maggiormente e opportunamente valorizzato. Devono essere favorite e valorizzate le aggregazioni imprenditoriali consentendo alle piccole e diverse imprese che operano in ambiti territoriali omogenei di offrire quei servizi e quelle opportunità che caratterizzano la moderna offerta commerciale".

"Devono essere privilegiate - ha concluso - le azioni di sviluppo tese a qualificare il territorio e che vedono parte attiva le imprese e le amministrazioni locali, attraverso piani particolareggiati e specifici interventi. La piccola impresa commerciale conserva un primato di efficienza in termini di spazio utilizzato che spesso rappresenta dal punto di vista della collettività, cioè per il cittadino, un costo opportunità non secondario per i possibili usi alternativi dello spazio urbano (residenziali, produttivi, ricreativi e così via)".

Le previsioni formulate sia da Confesercenti che da Confcommercio non possono che destare preoccupazione, per la possibile notevole perdita di posti di lavoro, soprattutto. Ma sono previsioni del tutto attendibili e non sono in relazione solamente all’eventuale permanenza di una situazione di crisi economica generale, ma dipendono dall’ulteriore diffusione della grande distribuzione, fenomeno inevitabile e avvenuto, in altri paesi europei, in misura anche maggiore rispetto a quanto verificatosi in Italia. Se si intende però contrastare almeno in parte la riduzione dei piccoli esercizi, i quali peraltro costituiscono una sorte di “presidio” necessario per vitalizzare o rivitalizzare soprattutto i centri storici, da un lato occorre migliorare la qualità dei servizi offerti da tali esercizi e poi puntare decisamente, come già rilevato dalle associazioni dei commercianti citate, sulla promozione di accordi e, soprattutto, consorzi fra i piccoli negozi, in modo tale che possano ridursi i loro costi e quindi rimanere competitivi. Questa è un’indicazione non nuova che però spesso i piccoli esercenti non hanno voluto seguire. Non credo però che vi siano alternative altrettanto valide.

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