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400 milioni di bambini vivono in povertà estrema

Save the Children ha recentemente reso pubblico il rapporto “Every last child. The children the world decided to forget”.

Secondo questo rapporto, ancora oggi nel mondo 58 milioni di bambini non vanno a scuola, senza possibilità di costruirsi un futuro. Quasi 6 milioni muoiono ogni anno per malattie facilmente curabili e prevenibili prima di aver compiuto 5 anni. 400 milioni di bambini nel mondo sono discriminati a causa della loro etnia o religione, lo stesso numero di quelli che vivono in povertà estrema sotto i 13 anni. Un bambino sfollato o rifugiato su due non frequenta la scuola primaria e un bambino su 10 vive in un Paese colpito da un conflitto.

Secondo Save the Children, nonostante i traguardi importanti raggiunti negli ultimi decenni, uno su tutti il dimezzamento della mortalità infantile dal 1990 a oggi, milioni di bambini continuano ad essere esclusi da questi progressi.

“Per Save the Children è inaccettabile che, ancora oggi, nascere nel posto sbagliato significhi perdere alla lotteria della vita. Non possiamo continuare a tollerare che siano condizioni arbitrarie come il luogo di nascita, l’appartenenza a un’etnia o religione, la situazione economica della famiglia o addirittura l’essere maschio o femmina, a determinare se un bambino sopravvivrà o meno, influenzando la qualità della sua vita.

Non possiamo più vivere in un mondo in cui i corpi inermi dei bambini in fuga dalla guerra vengono trascinati a riva sulle coste europee, un mondo dove a milioni di bambini e bambine è precluso quel futuro migliore che la scuola permetterebbe loro di costruirsi”, ha affermato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia.

E Neri ha poi rilevato: “Save the Children farà di tutto per eliminare la discriminazione e le barriere per l’accesso di milioni di bambini vulnerabili alle cure sanitarie e all’educazione. Non ci arrenderemo finché non avremo raggiunto fino all’ultimo bambino.

Chiediamo ai leader mondiali e ai decisori a tutti i livelli, da quello famigliare e locale, fino a quello nazionale e internazionale, di unirsi a noi per far sì che ogni bambino possa accedere a servizi di base vitali”.

“I bambini più vulnerabili sono gli invisibili e i dimenticati. Quelli che nascono e vivono in Paesi in guerra o semplicemente nelle regioni più remote o svantaggiate. Sono i più poveri tra i poveri; le bambine, i migranti e i rifugiati, i disabili o quelli appartenenti a minoranze etniche e religiose. Quelli che non hanno le cose che ogni bambino dovrebbe avere: cibo adeguato, acqua, un dottore, medicine, la scuola”, ha inoltre spiegato Neri.

La vita di questi bambini, dal concepimento all’età adulta, è una vera e propria corsa a ostacoli, scandita da sfide molto più gravose rispetto ai loro pari, con un effetto domino sulla loro crescita. Sfide che, se non vengono vinte in tempo, ricadranno a catena sui loro figli, in un circolo vizioso difficile da spezzare.

“Ogni bambino ha diritto a un ‘fair start’, una partenza giusta nella sua vita che lo metta nelle condizioni di vivere e crescere vedendo soddisfatti i suoi diritti e bisogni primari,” ha continuato Neri.

E cosa chiede Save the Children?

Tre garanzie per tutti i bambini.

“Se non verrà permesso ai bambini più vulnerabili al mondo di avere accesso alle cure sanitarie, al cibo e all’educazione di cui hanno bisogno, il mondo non raggiungerà gli obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, che si prefiggono di non lasciare nessuno indietro entro il 2030,” ha aggiunto Neri.

Per questo Save the Children chiede ai leader mondiali di impegnarsi a raggiungere tre garanzie per tutti i bambini.

Queste includono una finanza equa che permetta a tutti di accedere ai servizi di base, un trattamento equo verso tutti i bambini e la trasparenza su quanti aiuti e fondi e su come vengono impiegati a favore dei bambini più vulnerabili.

Io spero che effettivamente i leader mondiali si impegnino a raggiungere quelle tre garanzie.

Rimango però molto scettico al riguardo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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