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4 su 10 cittadini disposti ad andare all’estero per curarsi un tumore

Quattro italiani su dieci, il 39,1%, se dovessero scoprire di avere il cancro, sarebbero pronti ad andare all'estero per farsi curare, e il 3% già lo ha fatto. Più o meno la stessa percentuale (il 39,6%) inoltre, non ha fiducia nel sistema sanitario della propria regione, e si rivolgerebbe alla sanità di altre regioni. Dato che sale al 48% quando a rispondere sono i cittadini del Meridione.

Lo ha rilevato il Censis, con un'indagine su 1000 italiani illustrata la settimana scorsa alla presentazione del terzo Rapporto sulla condizione assistenziale delle persone colpite da tumori, curato dalla Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) in occasione della VI giornata nazionale del malato oncologico. Peraltro, come si legge nel Rapporto dell'Osservatorio sulle condizioni dei pazienti oncologici, sono solo otto le Regioni con un tasso di attrazione più alto di quello di fuga (in testa la Lombardia).

E una delle motivazioni sta nella diversità di dotazioni tecnologiche, ad esempio per la radioterapia, come certificato da un censimento dell'Airo (associazione italiana radioterapia oncologica). Facendo il punto in particolare sui cosiddetti acceleratori lineari, solo 6 regioni su 21, con un'assoluta supremazia del Nord Italia hanno raggiunto l'obiettivo fissato nel 2002 di portare il numero di questi strumenti a circa 7-8 unità per milione di abitanti.

E non avere un servizio di radioterapia vicino casa costringe a spostamenti in altre città, o regioni, per le cure.

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