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 Home page > Tribuna Libera > 25 aprile: ancora polemiche fra ebrei e palestinesi

25 aprile: ancora polemiche fra ebrei e palestinesi

Siamo al 25 aprile e puntuali come ogni anno scattano le polemiche sulla presenza alle manifestazioni delle comunità ebraiche - con i simboli che sentono loro - e dei gruppi palestinesi o filo-palestinesi.

Il Manifesto oggi racconta, a firma di Andrea Fabozzi, che le divisioni iniziarono «quattro anni fa al Colosseo [dove] c’erano stati scontri fra ebrei e palestinesi, conseguenza del tentativo del servizio d’ordine schierato a protezione della Brigata ebraica di cacciare i palestinesi».

La realtà è che già nel 2013 (quindi non “quattro anni fa”) si erano determinati dei tafferugli al corteo. Ne scrivevo a proposito dell’inopportuna decisione dell’ANPI romano di togliere la parola al rappresentante della Brigata ebraica dopo le prime contestazioni dei filopalestinesi.

Decisione presa «purtroppo per una decisione affrettata» come scrisse a commento del mio articolo, uno dei rappresentanti dell’ANPI, Duccio Pedercini.

In altri termini la questione non è stata determinata dall’arroganza della comunità ebraica di “cacciare” i palestinesi dal corteo, ma esattamente il contrario: dalla pretesa filopalestinese di zittire e contestare la presenza e le bandiere della Brigata ebraica.

Negli anni successivi la questione si è ulteriormente accesa con i tafferugli alla fermata Colosseo della metro dove gruppi contrapposti si sono casualmente incrociati venendo alle mani e, infine, con l’aut aut posto all’ANPI dalla comunità ebraica: o loro o noi. Il risultato è stato, come noto, che i filopalestinesi partecipano al corteo del 25 aprile (nonostante i rappresentanti politici palestinesi del tempo fossero schierati a fianco dei nazifascisti) mentre la comunità ebraica romana (e le istituzioni) si sono dissociate.

A Milano invece la Brigata ebraica ha continuato a sfilare nel corteo subendo ogni anno le contestazioni di gruppi filopalestinesi appostati in Piazza San Babila. A nulla è servito che la comunità ebraica milanese abbia deciso di sfilare con l’emblema “da spalla” della divisa della Brigata ebraica (stella di David gialla fra due bande verticali azzurre) anziché con la bandiera (stella di David azzurra fra due bande orizzontali anch’esse azzurre).

Un tentativo di smussare gli angoli e venire incontro alle pretese di non vedere al corteo la “bandiera di Israele”. Tentativo che però non è servito a niente, a dimostrazione che qualsiasi simbolo scelto dall'ebraismo italiano rimane indigesto..

In realtà la bandiera era quella scelta dal movimento sionista e successivamente concessa alla Brigata ebraica dal governo inglese nel 1944. Solo quattro anni dopo divenne la bandiera dello Stato di Israele.

 

La bandiera della Brigata quindi non è «molto simile» a quella israeliana, come scrive il Manifesto, ma è proprio la stessa. Quindi, secondo la logica filopalestinese, non può essere presente alla manifestazione che ricorda la liberazione in quanto simbolo di uno stato oppressivo.

La stessa logica, è opportuno ricordarlo, è applicata dai popoli dell’est europeo alla bandiera rossa con falce e martello che, in quei paesi, è simbolo di occupazione ed oppressione.

Un ceco o un polacco avrebbero perciò tutti i diritti di partecipare al corteo del 25 aprile, in nome della loro lotta al nazifascismo, ma pretendendo che ne venissero cacciate le bandiere comuniste.

Indubbiamente un’assurdità agli occhi dei comunisti italiani, così come un’assurdità agli occhi degli ebrei italiani che i propri simboli debbano essere gli unici a non poter essere esposti il giorno della Liberazione se non a rischio di offese, umiliazioni o tafferugli.

Tanto più nell’anno in cui ricorre l’80° anniversario delle leggi razziali.

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