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A cosa servono i droni di Hamas

Lunedì scorso le brigate Ezzedine al-Qassam, il braccio armato di Hamas, hanno annunciato in un comunicato di aver inviato dei droni a sorvolare il territorio israeliano, violandone lo spazio aereo. Lo stesso giorno l’IDF ha comunicato l’abbattimento di un velivolo senza pilota nemico, a trenta chilometri a nord di Gaza, centrato da un missile Patriot.

Il sospetto che Hamas fosse riuscito a rafforzare il proprio arsenale, dotandosi di un forza aerea rudimentale, ha dunque trovato conferma. I suoi tecnici, cui è anche affidata la costruzione dei razzi Qassam, sono riusciti ad assemblare i componenti dei droni fatti arrivare illegalmente nella Striscia. Si tratta presumibilmente di velivoli di costruzione iraniana, denominati “Ababil”.

Hamas sostiene di avere a disposizione tre tipi di UAV (velivoli senza pilota), utilizzabili per missioni di sorveglianza, ma capaci all’occorrenza di lanciare piccoli razzi e di schiantarsi, come aerei kamikaze, contro gli obiettivi israeliani. Secondo un report del Council on Foreign Relations,quel modello di drone potrebbe anche essere armato con sostanza tossiche e con agenti chimici.

Per sostanziare le proprie affermazioni, il movimento ha diffuso un video in cui un velivolo di discrete dimensioni, armato con quelli che sembrano piccoli missili, sorvola un territorio non identificato. Gli esperti israeliani stanno ancora lavorando per verificare l’attendibilità delle immagini.

Gli Ababil avrebbero un’apertura alare di 2,7 metri e sarebbero capaci di percorrere fino a 250 chilometri prima di esaurire il carburante, viaggiando a una velocità di circa 200 chilometri orari e ad un altezza di 5000 metri. L’autonomia del velivolo permetterebbe a chi lo controlla di raggiungere ogni punto del territorio israeliano. Secondo GlobalSecurity.org, questo tipo di droni garantirebbero buone caratteristiche di stabilità ed elevata manovrabilità. Sarebbero inoltre strumenti versatili, in grado di decollare dal retro di un camion con l’ausilio di un sistema di lancio pneumatico.

Non è chiaro al momento se questi congegni siano effettivamente capaci di trasportare armamenti o di utilizzarli efficacemente, né se se siano in grado di ottenere e trasmettere immagini degli obiettivi allo scopo di rendere più preciso il lancio dei razzi dai territori della Striscia. Ma, al di là del loro utilizzo sul campo, il fatto che Hamas si sia dotato di simili strumenti non è del tutto sorprendente. Anzi.

Da tempo gli esperti israeliani si aspettavano un’evoluzione dell’arsenale palestinese in questa direzione. I droni erano già stati utilizzati da Hezbollah nel 2006 in occasione l’invasione israeliana del Libano e negli anni successivi. L’ultimo velivolo inviato dai miliziani libanesi era stato abbattuto dall’IDF nel 2013. Nel 2012 le forze israeliane avevano annunciato la distruzione di una fabbrica clandestina di velivoli senza pilota e, l’anno successivo, le Forze di Sicurezza palestinesi avevano arrestato alcuni esponenti di Hamas impegnati nell’assemblaggio di UAV armati di esplosivo.

I droni in dotazione di Hamas sono però strumenti piuttosto rudimentali. Non dispongono infatti di una tecnologia stealth che gli permetta di rendersi invisibili ai radar israeliani. Al momento, dunque, i miliziani disporrebbero di veicoli facilmente identificabili e molto vulnerabili alla contraerea israeliana, come dimostrato dall’abbattimento di lunedì scorso.

Gli analisti occidentali e israeliani non sembrano particolarmente allarmati dagli ultimi eventi. Peter W Singer, esperto di droni interpellato dal Los Angeles Times, non crede che i velivoli in possesso del movimento islamista possa essere effettivamente armato con missili o altri tipi di ordigni. “(I droni) non alterano il rapporto di forza tra Israele e Hamas”, ha dichiarato. Anche Robert Naiman, direttore del Just Foreign Policy, in una intervista alla NBC si è mostrato scettico: “Cosa possono fare i droni per Hamas più di quello che sono riusciti a fare i razzi? La parola drone è affascinante e suona bene alle orecchie di Hamas, ma non cambia le cose in modo sostanziale”. Sulla stessa lunghezza d’onda Paul Schulte, ricercatore senior del Kings College di Londra: “I droni sono più grandi dei razzi e dunque più difficili da contrabbandare attraverso i tunnel, sono probabilmente più costosi, più vulnerabili e più facili da abbattere. Anche il sistema di comando a distanza potrebbe essere intercettato e manomesso dall’IDF”. Anche per Dan Gittinger, co-direttore del Center for the Study of the Drone di New York, l’efficacia dei velivoli è limitata, ma prevede un loro più esteso equilibrio durante la fase dell’invasione di terra, per monitorare i movimenti del nemico.

Al di là delle speculazioni e delle considerazioni tecniche, gli esperti sono concordi nel considerare i droni uno strumento di propaganda potente per il movimento islamista che controlla la Striscia. Senza in alcun modo alterare la sproporzione militare e tecnologica tra i due schieramenti, i droni testimoniano il fatto che Hamas è stato capace di dotarsi di una forza aerea, ancorché rudimentale e di penetrare a fondo nel territorio e nello spazio aereo del nemico, come mai era successo prima.

Lo sforzo di Hamas per dotarsi di nuovi strumenti di attacco contro Israele è diventato, paradossalmente, un argomento della retorica militarista dello Stato ebraico, nelle parole del Ministro della Difesa Moshe Yaalon: “Hamas sta tentando di tutto per raggiungere qualche risultato, è dunque cruciale mantenere alto il nostro livello di prontezza.”

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