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Vademecum politico sulla fuga

Dopo le elezioni possiamo tirare le prime somme sulle ascose ma significative similitudini tra le principali tre forze scese in campo in questa marionettistica tornata elettorale.

The Runaway

Dopo le elezioni possiamo tirare le prime somme sulle ascose ma significative similitudini tra le principali tre forze scese in campo in questa marionettistica tornata elettorale: i tre partiti in lizza sembravano diversissimi ma a ben vedere erano strettamente imparentati da un solo comun denominatore, la fuga! Sostantivo generico, teso a sorreggere un’azione, che va ovviamente declinato in tre accezioni distinte: la prima forza era capeggiata da uno che è sfuggito, e tutt’ora sfugge, alla giustizia; la seconda da un altro che ha fatto sega all’asilo e la terza da uno che sembra scappato da un ospedale psichiatrico.

La “latitanza sempiterna”, l’“oggi non entro perché i compiti se li è mangiati il cane" e la contumacia cognitiva, rappresentano le sintesi perfette dei tre diversi stili di fuga.

Anche a giochi fatti e con la vittoria “macigno” del Pd lo stesso miserrimo comun denominatore tende a farla da padrone: Berlusconi resta sempre libero di scorrazzare in giro; Renzi l’ha scappottata alla grande, è stato promosso a pieni voti e quindi inizia a convincersi che il mestiere del “paraculo” paga e non ha controindicazioni; e Grillodulcis in fundo, insiste a non prendere in considerazione l’eventualità di intraprendere un percorso farmacologico specifico con sostanze psicotrope controllate e ripiega inutilmente su generici antigastrici blandi inibitori della pompa protonica.

Ora, per non farci mancare nulla nel ridicolo paese dei balocchi, iniziano anche le insinuazioni e dilagano i sospetti da parte di alcuni inconsolabili sconfitti sulla validità del voto: si chiede a gran voce il conteggio delle schede, si paventano brogli elettorali e si grida allo scandalo per una massiccia overdose di voti clientelari.

Anche qui il concetto di fuga si ripresenta inesorabile. L’omissione e la negazione sono da sempre sintomi di un patologico rapporto con la realtà: Berlusconi crede di essere davvero uno statista, la Picerno è convinta di non essere la Santanché e Casaleggio sotto il cappellino ha una calotta di carta argentata per non essere intercettato dagli alieni. Da queste parti si tende dunque a “fuggire” sistematicamente dal dato reale.

Totalmente inutile piangere sul latte versato, Renzi ha vinto! Il come e il perché saranno lentamente sfiocchettati e scartocciati dalla storiografia politica.

Forse un domani scopriremo che in Italia c’è stata anche una “votopoli”, nulla di più plausibile, ma dovremmo andare a cercare le sue origini in tempi ben più remoti e non saremo certo contenti di quello che scopriremo.

Sull'affidabilità e la trasparenza del voto in Italia ce ne sarebbero da dire: potremmo cominciare – solo per citare i casi più lampanti – con i capi-mandamento che fecero votare in massa la Sicilia per i vari governi Giolitti; passare per i monolitici predomini elettorali che si sono avvicendati nel Sud Italia: prima democristiano, poi socialista e infine berlusconiano (anche se qualcosa mi dice che adesso le cose cambieranno ancora!), fino a giungere alla glauca presenza degli ispettori Osce sin dalle elezioni politiche del 2006.

Insomma, l’Italia è storicamente clientelare e sguazza nel voto di scambio da quando era ancora monarchia. È inutile girarci intorno, va detto che da sempre il nostro paese ha mantenuto pressoché intatto il suo arcaico habitus malavitoso-latifondista nonostante le trasformazioni politiche e sociali che hanno attraversato la sua storia; quindi, ora come ora, risulterebbe piuttosto pleonastico gridare al broglio o al clientelismo e chiedere un'inutile conta dei voti, se anche vi fossero fondati sospetti le prove sarebbero già scomparse – dopo 153 anni di onorata attività credo che il lavoro si sia specializzato e perfezionato al massimo.

 

Foto: Cliff/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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