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Un pomeriggio al MAXXI

Il nuovo museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma

A novembre dello scorso anno abbiamo potuto visitare il nuovo museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma, progettato dall’estro creativo di Zaha Hadid, l’archistar anglo-irachena. Il nuovo spettacolare spazio dedicato alla creatività contemporanea, edificato nell’area dell’ex caserma Montello, nel Quartiere Flaminio, si era presentato ai nostri occhi con forme innovative ed “eccezionali” per una città che della tradizione antica ha fatto il suo punto di forza. Fu quella un’emozione forte, strana, particolare, anche perché mai avevamo visitato un museo “vuoto”, con i suoi spazi e senza opere.

La grande piazza esterna, l’enorme hall interna che conduce ai servizi di accoglienza, alla caffetteria e al bookshop, all’auditorium e alle gallerie destinate a ospitare a rotazione le collezioni permanenti e quelle temporanee. Spazi “irregolari” riempiti da scale che portano ai piani superiori, pavimenti fluttuanti e mura interne a cuneo o curvlinee; finestre che si aprono magicamente sull’esterno verso il basso o l’alto. Un museo “particolare” che esce dai soliti canoni che noi abitualmente conosciamo.

Un museo “opera d’arte” che, a partire dal 27 maggio scorso, ha cominciato a vivere. Sì perché, noi, semplici cittadini, assieme ad artisti, giornalisti, curatori, collezionisti, galleristi abbiamo potuto visitare le opere ospitate nel MAXXI: un esercito pacifico e curioso di 25 mila persone che festosamente ha invaso le quattro mostre inaugurali per la tre giorni gratuita.

All’entrata il primo shock. Ci accoglie un gigantesco scheletro sdraiato in vetroresina e ferro di 24 metri: calamita cosmica è il nome dell’opera ed il suo autore è Gino De Dominicis, al quale è dedicata una retrospettiva con 130 opere. Certo, per chi non mastica arte moderna è dura capire anche la seconda opera del maestro anconetano che incontriamo nella hall: una carrozza d’epoca, nera con dentro una mozzarella! Ma non ci facciamo mancare nulla anche con il cubo invisibile o con uomini invisibili segnalati da ciabatte e cappello di paglia posto ad altezza d’uomo… Interessanti, divertenti, coloriti, i commenti prosaici di noi poveri mortali davanti a queste opere contemporanee: “ma quale arte, queste cose potrebbe farle mio figlio piccolo!”. Chissà cosa ne penserebbe de Dominicis, uno degli artisti più influenti in Italia a cavallo tra il 1960 e il 1990, con retrospettive in tutto il mondo.

In questo MAXXI (contenitore) ci imbattiamo in altre mostre: Spazio e Spazio/Geografie Italiane, quindi l’artista turco Kutlug Ataman e poi ciò che più abbiamo apprezzato ovvero la mostra che rende omaggio al grande architetto ed intellettuale militante Luigi Moretti (1907-1973). Ci immergiamo in decine di modelli, centinaia di disegni originali e fantastiche tempere che Moretti dipinse tra il 1933 ed il 1942. Siamo di fronte alla tipica architettura razionalista dell’epoca fascista, tutt’ora visibile a Roma al Foro Italico piuttosto che all’Eur, con le sue linee pulite e scevre da ogni “barocchismo”.

Abbiamo superato la seconda ora di visita ma non vogliamo andare via anche perché ogni angolo del Museo ci affascina e ci cattura con le sue opere, talvolta incomprensibili, talvolta misteriose, ma comunque uniche. Siamo consapevoli di essere protagonisti di un evento epocale per Roma e non vogliamo perdere l’occasione. Sì perché sappiamo, noi comuni cittadini, che la quotidianità forse non ci farà tornare al MAXXI: la vita di tutti i giorni ci fagociterà con i suoi tempi ed i suoi modi non proprio “urbani”.

Sarà difficile tornare a vedere questo tipo di esposizioni: l’arte contemporanea talvolta ci fa paura perché è a noi sconosciuta. E ciò che temiamo non lo ricerchiamo: così continueremo ad andare al cinema, allo stadio, a passeggiare per centri commerciali, a vedere mostre di “facile comprensione” . Ma ora no. Siamo qui e vogliamo restare.

Siamo protagonisti noi stessi di questa arte trasgressiva e “invadente”, e vogliamo godere di colori e forme come fossimo noi i critici o persino gli artisti.

Il vero successo di questi eventi, di queste manifestazioni, siamo noi cittadini più o meno coscienti di ciò che stiamo guardando: ma l’importante è vivere emozioni che catturino la nostra curiosità e la nostra fantasia anche solo per poter dire “sì, c’ero. Ho visto, non ho capito ma è stato bello comunque”.

 

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