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Un paese incerto e smarrito attende una ricorrenza in tono minore dell’Unità d’Italia

Nel 1961, chi scrive, unico nella sua scuola, ebbe la rara fortuna di essere scelto per far parte del coro del Nabucco che cantò, in occasione del primo centenario dell’unità italiana, nel teatro S.Carlo a Napoli alla presenza delle autorità locali e nazionali.
Allora il paese festeggiò in modo solenne quella ricorrenza in modo coeso e senza tentennamenti pretestuosi.
Nei quindici anni precedenti gli italiani erano riusciti, con abnegazione e dedizione a rimuovere i cumuli di macerie materiali e interiori rimasti dopo le devastazioni dell’ultimo conflitto e della guerra civile che aveva diviso trasversamente intere famiglie.
Si parlava di miracolo economico, anche se molte zone italiane non ne erano state toccate abbastanza.
Un tessuto industriale era stato creato in un paese fortemente agricolo, con una riforma agraria importante che aveva richiesto anche un tributo di sangue.
Nel 1959 la lira era stata riconosciuta moneta dell’anno, una rete di autostrade era sorta dal nulla(tra poco sarebbe stata inaugiurata l’autostrada del Sole che univa il Nord al Sud del paese).
In politica stava per iniziare il primo centrosinistra, con i socialisti nel governo sperando finalmente in un effettivo coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della vita pubblica.
L’avvenire sembrava radioso, ma in pochi anni le speranze andarono deluse:perchè?

                                             Chi non crede in se stesso

                                             non può credere negli altri

                                                           R.Caserta

Vari fattori in quest'ultimo cinquantennio hanno influito per la nostra situazione ma l'attesa riformista e progressista che i socialisti avrebbero dovuto imprimere cambiando la politica troppo moderata e conservatrice della DC perseguita nel dopoguerra, non fu soddisfatta, salvo forse che con l'approvazione dello Statuto dei lavoratori, la legge n.300 del 20 Maggio 1970 che finalmente dava un criterio omogeneo alle relazioni industriali tra lavoratori e aziende, con un forte ritardo rispetto agli altri paesi occidentali.

Nel 1968 l'uragano della contestazione giovanile e dei lavoratori giunse in Europa travolgendo le vecchie strutture tradizionali portando una ventata di nuovi costumi, di emancipazione femminile, di superamento di vecchi schemi anacronistici e di stereotipi obsoleti.

Il 19 maggio di quell'anno col grande raduno parigino è considerato l'inizio del movimento in Europa, ma mentre negli altri paesi non si degenerò in violenza, in Italia" cattivi maestri" inducono un'intera generazione a dedicarsi al partito armato, con un tragico corollario di sangue che non risparmiò nessun ceto anche nel campo dei lavoratori, sindacalisti etc.

Contemporaneamente sorse in contrapposizione un'eversione stragista dedita ad attentati a colpi di bombe con decine di morti che a tuttoggi sono rimasti senza chiari colpevoli.

Negli anni 80 si ramificò un sistema collaudato di corruzione e concussione, di aumento incontrollato del debito pubblico (oggi a quasi 1900 miliardi di Euro) invece di stroncare un'evasione fiscale, di cui abbiamo il triste primato in Europa.

La tempesta giudiziaria e mediatica dei primi anni 90 con Tangentopoli scoprì il vaso di Pandora, contribuendo all'implosione e fine ingloriosa dei partiti governativi, consegnando il paese ad un magnate, che nel 1994 con un partito -azienda che vinse per abbandono degli avversari e che permea con una cappa plumbea l'Italia a tuttoggi con una telecrazia imperante.

In questi decenni man mano la società civile italiana cambiò, purtroppo in peggio dopo la stagione forse ingenua ma ancora impregnata di sani valori degli anni 50.

Uno dei fatti più rilevanti fu l'affermarsi nel Nord Italia di un movimento politico localistico antitaliano e xenofobo, la Lega padana che era ed è composta da un elettorato piccolo-borghese gretto ed egoista che guarda solo ai suoi interessi personali sul territorio e che purtroppo farà parte di quasi tutti i successivi governi, anche se il suo bacino d'utenza elettorale non ha mai superato il 10%.

Questa società è diventata un insieme di sudditi, non di cittadini, un coacervo amorfo in cui parole come controllo , responsabilità, serietà coscienzosità professionale, ricerca di arricchimento interore e culturale sono vocaboli del tutto sconosciuti.

Ormai in una gran parte prevale in modo invasivo la sidrome dell'illegalità che pervade tutti i livelli e ceti sociali, e se in qualche angolino non alligna è solo perché non si presenta l'occasione per esercitarla.

Questa società non ha in sé tensione morale, un afflato emotivo, un anelito spirituale senza i quali i fattori malsani in essa prevalenti fanno sprofondare e regredire in una decadenza irreversibile.

Bisognerebbe porsi una nuova frontiera, ma occorre volare alto e le nostre ali sono ancora allo stato embrionale.

Se non riusciamo a integrarci tra noi, come possiamo pretenderlo da quell'ondata migratoria già presso di noi e che ben presto arriverà?

Il nostro paese oggi non nutre eccessive speranze sul futuro, vive alla giornata forse con una rassegnazione eccessiva con divisioni accentuate e provocate anche artificiosamente nel sentimento patriottico, utili ad una politica miope e poco lungimirante che non capisce che eliminando un modo coerente di sentire porta quasi sicuramente alla dissoluzione dello Stato.

Negli Sati Uniti sulla moneta americana è inciso il motto "In God we trust" (In Dio noi crediamo) , ma noi italiani oggi in che cosa veramente crediamo?

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