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Un altro genere di spread: i diritti delle persone Lgbt in Europa

Spread è una parola che da qualche tempo si sente spesso e ormai sappiamo tutti benissimo che significa differenziale. Misurare un differenziale può essere utile per renderci conto che effettivamente esistono molte differenze tra noi che viviamo in Italia e i nostri vicini che vivono in altri paesi d’Europa.

In questi giorni ci siamo indignati ascoltando Guido Barilla che ci informava che nella pubblicità della sua pasta non compariranno mai famiglie omosessuali, perché il marchio Barilla promuove la famiglia tradizionale.

Già da un po’ di tempo meditavo di raccontare qualcosa sulla diversità del clima olandese circa questo aspetto della società, diversità che mi ha colpito fin dal mio arrivo qui, cinque anni fa. Approfitto ora per allacciarmi a questo momento di più alta attenzione e cerco di farne un discorso più ampio della sola comparazione di due paesi.

Vorrei partire da una ricerca pubblicata dall’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali (FRA); il titolo della ricerca, svoltasi nel 2012 e presentata quest’anno è European Union lesbian, gay, bisexual and transgender survey.

La ricerca FRA mostra chiaramente che le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) devono affrontare la discriminazione in tutti i settori della vita sociale ed economica e che sono vulnerabili ad attacchi verbali e fisici (che rimangono in gran parte invisibili per paura di conseguenze negative). Nel 2012, circa 93.000 persone LGBT hanno risposto a livello europeo al sondaggio che FRA ha proposto per scoprire i problemi quotidiani che colpiscono le persone LGBT. Questa indagine ha raccolto dati comparabili tra i diversi membri dell’Unione sulle esperienze delle persone LGBT legate alla discriminazione e ai crimini ad essa collegati, nonché il loro livello di consapevolezza sui loro diritti. I risultati definitivi delle indagini sono stati pubblicati nel maggio 2013. I risultati del sondaggio saranno integrati da ricerche tra i funzionari pubblici e servizi fondamentali di istruzione, sanità e diritto, con l’obiettivo di identificare le barriere alla piena attuazione dei diritti LGBT.

A livello globale, gli organismi delle Nazioni Unite hanno incluso l’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle liste aperte di motivi di discriminazione sulla base delle convenzioni delle Nazioni Unite. Nella Ue, persone lesbiche, bisessuali e gay sono protette dalla discriminazione per motivi di orientamento sessuale come previsto dalla normativa, ma in materia di solo lavoro. Le persone transessuali sono protette dalla discriminazione nella misura in cui la discriminazione è legata al cambiamento di sesso (la direttiva europea che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne nell’accesso e nella fornitura di beni e servizi).

 

Ma nelle altre aree della vita quotidiana?

Questa ricerca mette in luce molti altri aspetti della discriminazione. Qui potete vedere i risultati della ricerca, per singola domanda posta e per singolo paese. Le domande sono molte, ne riporto qualcuna

“Secondo te, quanto è diffuso nel tuo paese un linguaggio offensivo su lesbiche, gay, bisessuali e transessuali da parte dei politici?”

“Quanto è frequente nel tuo paese che coppie omosessuali si tengano per mano in pubblico?”

“I tuoi vicini sanno che sei una persona LGBT?”

“Ti sei sentito discriminato negli ultimi 12 mesi a causa del tuo orientamento sessuale?”

Fino a una serie di quesiti mirati a far emergere i crimini di stampo omofobico che spesso non vengono denunciati per paura di ritorsioni.

I risultati di questa ricerca mostrano quanto l’omofobia sia diffusa in Europa e mostrano un differenziale enorme tra i diversi paesi dell’UE: alcuni, pur mantenendo un certo livello di discriminazione, riconoscono apertamente i diritti delle persone LGBT, altri non ammettono nemmeno l’esistenza di questi diritti. Soprattutto, gli Stati membri dell’UE legiferano diversamente nonostante le direttive comuni.

La sintesi di questo enorme progetto di ricerca la troviamo nel grafico qui sotto che mostra la risposta alla domanda “Negli ultimi 12 mesi, ti sei sentit* discriminat* o sei stat* molestat* a causa del tuo orientamento sessuale?”

In Olanda il 30% delle persone LGBT intervistate risponde positivamente, in Italia ben il 54%.

 

europa

 

Abbiamo di nuovo un differenziale interessante da indagare tra Italia e Olanda e dal quale si potrebbe prendere spunto per migliorarci e migliorare le nostre politiche. Ma che cosa genera questo differenziale?

Qui la situazione olandese, che si può riassumere così:

In Olanda le persone LGBT hanno libertà di movimento, nel senso che l’Olanda è accessibile a chiunque indipendentemente dal suo orientamento sessuale; la discriminazione nel proprio paese d’origine rende possibile accedere allo status di rifugiati e come tali si ha diritto alla residenza e al ricongiungimento di altri membri della famiglia, senza distinzione tra famiglie omo e eterosessuali.

Rimane garantita la possibilità di manifestare a favore della tolleranza senza particolare necessità di notificare queste manifestazioni all’autorità; le manifestazioni a sfavore hanno dato il via a una serie di novità legislative per la parità dei diritti; il codice penale olandese punisce la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e punisce altresì come diffamazione i discorsi discriminatori.

Per quanto riguarda le persone transessuali, è ammessa la possibilità di cambiare il proprio genere di appartenenza sui documenti e l’assicurazione sanitaria di base comprende la possibilità di cambiare genere (non sono ancora coperti gli interventi chirurgici secondari legati al cambiamento di genere, ma se ne sta discutendo).

Uno dei punti di forza della legge olandese è la neutralità di genere del matrimonio, della partnership registrata e delle coppie di fatto.

Infine, la Commissione per le Pari Opportunità ha regolamentato in modo molto fine tutto quello che riguarda la discriminazione di genere e di orientamento sessuale. La diversità sessuale è entrata anche nei corsi di educazione sessuale e alla relazione nelle scuole primarie.

Qui la situazione italiana, che si può riassumere così:

L’Italia non riconosce alcuna forma di unione che non sia il matrimonio eterosessuale; ne consegue che non è possibile attuare un ricongiungimento familiare nel caso di famiglie non unite in matrimonio o unite in matrimonio ma composte da persone LGBT. Resta riconosciuto il diritto a chiedere asilo e accedere allo status di rifugiato, ma solo se si dimostra che essere una persona LGTB nel proprio paese d’origine è perseguibile sul piano della vita privata e non solo come manifestazione pubblica. La possibilità di ricongiungimento famigliare è riservata al coniuge (etero) e ai figli minori; ai figli maggiorenni e ai parenti di primo grado solo se dimostrano di non poter provvedere a sé stessi e alla loro salute nel loro paese d’origine; non sono riconosciute le coppie di fatto, le partnership registrate o i matrimoni tra persone LGTB.

In Italia è in linea di principio possibile manifestare a favore della tolleranza, ma non ci sono dati chiari circa l’effettiva implementazione di questo principio costituzionale.

La legge italiana non punisce la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, né punisce l’incitamento all’odio verso le persone LGBT, né considera come aggravante questo tipo di motivazione nei crimini legati alla omofobia.

Per quanto riguarda le persone transessuali, la legge italiana dice che prima si deve ottenere il permesso di un giudice per il ricorso alla chirurgia per il cambio di genere e solo dopo è possibile richiedere la modifica dei documenti anagrafici.

In questo momento, solo le regioni Liguria e Toscana citano nel loro statuto il rigetto della discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

Con amarezza, devo constatare che l’Italia è fatta di tanti Guido Barilla: brave persone omofobiche, che considerano l’essere LGTB un fatto privato da tenersi per sé, per non turbare l’odine pubblico.

E non considerano che le persone LGTB sono persone come tutte le altre, come lo sono i biondi e i mori e i rossi, come lo sono quelli che hanno gli occhi azzurri e quelli che hanno gli occhi neri o verdi, o chi lo sa. E come tali portatrici dei diritti fondamentali dell’essere umano, quelli che sancisce anche la nostra Costituzione:

Articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” 

Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Foto: Agência de Notícias do Acre/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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