Treu e Renzi e la strumentalizzazione sul sindacato
Molte volte, quando si ingenera confusione, ritengo che occorra tornare alle origini e ripercorrere il percorso in avanti. È il caso del concetto del sindacalismo che è radicato nella sinistra riformista, della sua funzione nello Stato del welfare e di come esso per i governanti diventi strumento di mediazione, controllo sociale e qualche volta, quando non assolvono alla funzione di cinghia di trasmissione, di scontro (per loro fortuna molto spesso solo parolaio)
Ed è per questo che lo stesso Treu oggi si scandalizza ammettendo i limiti del sindacalismo vecchia maniera. Perché a suo dire il sindacato doveva non solo rappresentare le forze del lavoro, ma tutta la società, i precari, e i disoccupati, quelli che un lavoro, un straccio di lavoro ce l’hanno, e quelli che non ce l’hanno, Insomma assolvere alla funzione, sociale, appunto, di tutta la società per intermediare e controllare il dissenso e gestire il consenso da un lato, in cambio dell’accesso alle stanze della concertazione. Treu è rimasto, insomma, ancorato ad un mondo novecentesco, e non si accorge che quel modello non può funzionare più, da molti anni ormai ha smesso di funzionare e un altro schema ha preso il posto di quello, dove il posto del sindacalismo concertativo e mediatore non serve più alle forze del capitale e quindi alle forze politiche.
Renzi, che è il nuovo che avanza, lo ha capito e dice chiaramente ai sindacati: o fate come dico io e vi accodate senza richieste e senza proferir parola oppure faccio a meno di voi. Renzi l’ha capito (forse perché suggerito?), Treu ancora no. Ha bisogno di studiare, poverino. È questo l’esempio concreto del concetto di renziana memoria di “rottamazione”. Il vecchio che doveva morire e con lui tutto quel mondo è rappresentato come un flash, da Treu.
Foto: Wikimedia
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