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Terremoti, alluvioni ed eruzioni: Italia "fabbrica di disastri"

Il problema della vulnerabilità idrogeologica, sismica e vulcanica del nostro territorio è da sempre il più trascurato in Italia: non ci si è mai preoccupati di consultare i geologi - pochissimi , tra l’altro, tanto che molti laureati in geologia fanno tutt’altro mestiere - per avere un esame dettagliato, ad esempio, del suolo su cui costruire , salvo stracciarsi le vesti e versare lacrime di coccodrillo all’indomani delle catastrofi annunziate che colpiscono regolarmente il paese, per poi dimenticarsene fino alla prossima.

Siamo – come scrive Giorgio Bocca – un paese che “fabbrica disastri”: 1951 alluvione del Polesine, tanto disastrosa da finire nei libri di scuola elementare; 1961 disastro del Vajont ; 1987 alluvione della Valtellina con 53 morti, migliaia di sfollati ed un danno di circa 4000 miliardi di lire; 1988 decine di frane e 2.000.000 di metri cubi di fango travolgono i comuni di Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano con 160 morti, di cui 137 nella sola Sarno.
 
Il tutto con una spesa per la riparazione dei danni che nel solo decennio 1994-2004 è ammontata a 20.946 milioni di euro, senza risolvere strutturalmente niente , poiché ancora adesso il 50% degli italiani è a rischio. Una spesa assai maggiore di quanto costerebbe affrontare per tempo i problemi. 
 
Persino i tanto vituperati Borboni di Napoli avevano fatto di meglio, approntando quantomeno un funzionale sistema di tutela del territorio campano, e – guardacaso - del Sarnese in particolare, dalle alluvioni: i c.d. Regi Lagni, dei particolari tipi di pozzi che drenavano molto efficacemente l’acqua in eccesso, da un bel pezzo abbandonati a se stessi e ormai non più funzionanti.
 
Negli anni 50, vi era un rito nelle scuole italiane: il giorno di S.Martino, l’11 Novembre, ogni scolaro piantava un alberello, un modo simbolico di opporsi al disboscamento selvaggio, che è però continuato ai giorni nostri, insieme a incendi dolosi o su commissione per recuperare terreni alla speculazione edilizia.
 
Aggiungasi lo scarsissimo controllo da parte delle autorità costituite sul modo di edificazione. A suo tempo fece scalpore quanto accaduto a Napoli a seguito del disastroso terremoto del Novembre 1980 (6° grado Scala Richter o 9° grado Scala Mercalli): un palazzo di 10 piani terminato appena l’anno prima crollò come un castello di carte senza fare vittime e si scoprì che era stato costruito con cemento disarmato, senza l’armatura metallica, o almeno le staffe di contenimento. Visto quanto successo a L’Aquila, non pare che da allora si siano intensificati i controlli. Quando il danno è fatto, poi, solitamente si manifesta una cronica confusione e dei ritardi inconcepibili nei soccorsi, specialmente se il disastro succede nei sacri giorni di festa.
 
Qualcosa si è fatto istituendo la Protezione Civile, che negli ultimissimi tempi è abbastanza migliorata sul piano dell’operatività ma molto resta ancora da fare.
Basta un temporale un po’ fuori della norma, per avere il massimo stato d’allerta per piene varie e possibili esondazioni, come nel caso ultimo del Tevere.
 
Siamo insomma il paese dell’emergenza continua, come ben evidenziato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ) che fornisce dati impressionanti:
 
1) i comuni interessati da frane sono ben 5596 ( 69% del totale) con rischio molto elevato per 2839 ; a tutto il 2006 i fenomeni franosi censiti sono 470 mila riguardanti un’area di 20 mila km quadrati. Ben 2/3 delle zone esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive connesse allo sviluppo economico-sociale del paese, e le cause per lo più sono di origine antropica (umana).
 
Ad esempio nella zona di Sarno colpita nel 1998, già nel periodo 1841- 1939 si erano verificate 5 frane, ma il fenomeno aveva avuto una progressione impressionante nel secondo dopoguerra, con ben 36 eventi franosi, senza che alcuna autorità politica o tecnica prendesse provvedimenti.
 
2) Le aree a maggior rischio sismico, sempre secondo l’ISPRA, sono :
 
1-Settore friulano;
2-Dorsale appenninica centromeridionale;
3-Margine calabro tirrenico;
4-Sicilia sudorientale.
 
Il 69% dei comuni sono a rischio sismico (si salva solo la Sardegna, di epoca geologica terziaria rispetto al resto d’Italia di epoca quaternaria).
 
L’elenco dei terremoti esemplifica quanto sopra:

1908 - Terremoto di Messina con circa 100.000 morti;

1915- Terremoto in Abruzzo con 15.000 morti di cui circa 10.700 nell’epicentro
di Avezzano dove si salvarono solo in 300;

1930- Terremoto in Irpinia con 1425 morti;

1968- Terremoto nella valle del Belice in Sicilia con circa 250 morti;

1976- Terremoto in Friuli con circa 1000 morti;

1980- Terremoto in Irpinia con circa 3000 morti ;

1997- Terremoto in Umbria con morti, danneggiata tra l’altro la basilica di S. Francesco d’Assisi coi preziosi dipinti di Giotto e del suo maestro Cimabue;

2002-Terremoto nel Molise , tra l’altro una scuola crollata con 27 bambini come vittime;

2009-Terremoto in Abruzzo con circa 300 morti.
 
3) Esiste anche un’accentuata pericolosità vulcanica (dati ISPRA) in zone come:

1-Area vesuviana ;
2-Isola d’Ischia
3-Settore etneo;
4-Isole Eolie;
5-Colli Albani.
 
Il pericolo non risiede solo nell’attività vulcanica , ma in alcuni casi anche nell’eventuale attivazione di fenomeni gravitazionali con relative onde di maremoto. Eppure dopo il terremoto del 1980 si decise di realizzare 20.000 alloggi nella zona rossa sotto il Vesuvio e solo nel 2003 fu emanato un divieto edilizio che riguardava 250 km a rischio, cercando di indurre chi abitava sulle pendici del Vesuvio a trasferirsi, incentivandoli con la corresponsione di 30.000 Euro.
 
La gente pensò bene di incassare la somma ma di lasciare la casa ad altri, vanificando l’iniziativa: in tutto ci furono la miseria di 378 trasferiti. Attualmente un piano di evacuazione predisposto dallo Stato, in caso di attivazione vulcanica del Vesuvio, richiederebbe ben 12 giorni.
 
 
Una piccola digressione per capire come avvengono i terremoti.

Ecco le parti del sottosuolo fino al centro della terra:
 
 
CROSTA TERRESTRE (SILICATI E ROCCE CALCAREE) DI 70 CHILOMETRI 
MANTELLO SUPERIORE DI 400 CHILOMETRI
 
MANTELLO DI 3000 CHILOMETRI
 
NUCLEO ESTERNO DI 5000 CHILOMETRI
NUCLEO INTERNO(NICHEL E FERRO) DI 6371 CHILOMETRI
 
Un evento sismico si verifica all’interno della crosta terrestre ed è quasi sempre catastrofico se avviene nei primi 10 chilometri del sottosuolo,vista la quasi impossibilità di prevederlo sia in senso temporale che come ubicazione.

In Giappone, però , dopo il disastroso terremoto di Kobe nel 1995, sono stati inseriti a grande profondità nel sottosuolo circa 6000 sismometri per verificare tremolii dovuti alla collisione o più esattamente alla subduzione tra le placche tettoniche che originano i terremoti, un metodo che ha dato i suoi frutti con un notevole risparmio di vite umane nei successivi cataclismi.
 
Anche in California, nel cui sottosuolo c’è la famosa faglia di S. Andrea che per 1.300 Km va dal confine messicano verso il nord californiano, col progetto SAFOD ci si è attivati con trivellazioni di quasi 4 km per depositare i sismometri, i misuratori di tensione, e prelevare dei campioni di roccia e di fluidi da analizzare in superficie, valutando i cambiamenti di temperatura, la deformazione delle rocce e la pressione dei fluidi in tempo reale prima di un eventuale sisma.

Tutto ciò mentre 800 stazioni attraverso appositi satelliti misurano spostamenti del suolo anche di appena qualche centimetro.
 
In Italia la prima classificazione del rischio risale all’ordinanza della Protezione civile n.3274 del 2003 (le zone 3 e 4 sono quelle a basso rischio sismico), mentre la prima legge antisismica è del 1974 ma fino al 1980 era stato censito solo il 10 % dei comuni contro il 70% attuale.
 
Da noi il 50% delle abitazioni sono a rischio sismico, più esattamente: 

1) 7,5 milioni di edifici privati su 11 milioni, di cui il 73 per cento senza alcuna protezione; 
2) il 75% dei 75 mila edifici pubblici.
Naturalmente l’opera di prevenzione per essere efficace deve essere accompagnata dall’edificazione a norma di abitazioni pubbliche o private, senza agevolazioni o proroghe continue , dando incentivi sostanziosi non solo per la costruzione di abitazioni “ecologiche”, come finora, ma anche antisismiche.

Inutile dire che anche da questo punto di vista l’Italia, come del resto in molti altri settori della vita sociale, è nettamente deficitaria.

Le “Norme tecniche di costruzione” esistono dal 2005, ma di rinvio in rinvio - grazie alla potente corporazione dei costruttori - si è posticipato il tutto al primo luglio 2010 (per le abitazioni private).

Possibili soluzioni per le case antiche è l’incatenamento tra i muri o i contrafforti anche metro per metro, così come isolatori sismici e dissipatori di energia.
Il costo di tutto ciò è molto elevato, tale da reggere il confronto col valore di una nuova costruzione, ma sempre minore di quello di una ricostruzione a crollo avvenuto.

Altrove, al solito, sono stati più lungimiranti ed efficienti.

In California, dove si paventa il famoso Big One, con la distruzione di mezzo Stato, sono state stabilite norme severe , in base alle quali il venditore è obbligato ad informare l’acquirente dei punti deboli dell’immobile venduto e deve anche consegnargli la guida alla sicurezza compilata dalla Commissione Sicurezza sismica della California per tutti gli immobili costruiti prima del 1960.
 
Anche in Francia e Giappone, la sicurezza la paga il proprietario e si costruiscono molte abitazioni in legno, materiale più adatto a resistere agli eventi tellurici.
 
Dopo il disastro che ha distrutto Osaka 15 anni fa, alcuni fabbricati in Giappone sono costruiti con un materiale capace di resistere ad un sisma dell’8° grado della scala Richter, come il palazzo del municipio di Tokyo o di ondeggiare in entrambe le direzioni, come il grattacielo dell’Opera City alto 200 metri.
 
Nelle fondamenta si installano cuscinetti di gomma armata con piastre d’acciaio, mentre i tubi dell’acqua e dell’elettricità sono dotati di collegamenti a terra flessibili. Sul sito Internet del governo di Tokyo vi sono informazioni per accedere a piccoli sussidi per verifiche di resistenza o interventi di rafforzamento delle abitazioni, visto che da un rapporto del 1997 più di 1,6 milioni di case sono state costruite prima del 1981, anno in cui sono entrate in vigore le nuove norme antisismiche.
 
Anche in Giappone gli interventi su abitazioni già costruite sarebbero pari alla costruzione di nuove case con un nuovo aggravio del solo 5%.
 
Un altro mezzo per tutelarsi da calamità naturali, terremoti compresi, è l‘assicurazione (in genere si sottoscrive una polizza antincendio che è estesa anche a tutte le altre casistiche suindicate): esiste in moltissimi paesi quali Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Belgio, Germania, Spagna, Austria, Olanda, Svizzera, e Romania , ma non in Italia.
 
Un Istituto internazionale, lo Swiss Re, che riassicura le compagnie assicuratrici riporta questi dati: nel 2008 le assicurazioni hanno rimborsato 8 miliardi di dollari per l’uragano Gustav, 1,5 miliardi per la tempesta Emma nel Nord Europa, 1,3 miliardi per tempeste di neve in Cina.
 
In Italia occorrerebbe una legge apposita per garantire l’obbligatorietà dell’assicurazione, viste le resistenze degli enti assicurativi, di certe associazioni di consumatori e di tanti politicanti da strapazzo.

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