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Storie Kurde. Testimonianze d’amore e di guerra di tre volontari italiani nel Rojava

Dalla Sicilia a Kobane. Una scelta coraggiosa quella di tre attivisti No Muos e del Teatro Occupato Pinelli, che sono partiti in sostegno della lotta del popolo curdo contro le milizie nere del Califfato. Due giovani donne e un uomo sono entrati a far parte della staffetta italiana inaugurata già da diversi movimenti in tutta Italia, coordinati dalla Rete Kurda in Italia (UIKI). Al momento, i tre sono gli unici italiani tra i volontari attivi nel Rojava.

Hanno lasciato l’Italia il 3 gennaio e il 9 gennaio sono giunti alla città Kurda di Suruc, dove si trova un centro in cui vengono ospitati i volontari stranieri. Da qui, hanno cominciato a prestare soccorso nell’assistenza dei rifugiati provenienti dal Rojava, in fuga dalla ferocia delle truppe dell’ISIS. Hanno assistito, inoltre, ai festeggiamenti per la liberazione di Kobane. I report inviati parlano di stenti e di speranza, di giovani vite spezzate, del terrore dell’Isis e dei problemi con l’esercito turco. Ci raccontano i retroscena quotidiani di una rivoluzione che tutti abbiamo visto incarnata nelle immagini delle giovani combattenti curde che, con un fucile e un sorriso, sfidano gli uomini del Califfato. Questi i loro racconti dal 10 gennaio al 5 febbraio:

Il centro culturale di Amara: “Glı organızzatorı sono statı contentı per quel centınaıo dı gıubottinı che abbıamo portato ın dono da Torıno: proprıo ın questı gıornı, infatti, è gıunto ıl freddo pıù taglıente. Il Centro Culturale dı Amara è una struttura sıtuata nel cuore dı Suruç. È un luogo polıfunzıonale adıbıto all´accoglıenza deglı ınternazıonalı e base operatıva per il movimento kurdo.Dentro al centro, al pıano terra, si trova una grande sala rıstoro e rıcreatıva, dove sempre è possıbıle bere un the caldo, suonare o mangıare qualcosa (pranzo e cena sono sempre a base dı legumı, stesso cıbo che vıene smıstato neı campı profughı). I pastı caldı vengono cucınatı dentro Avesta,grande magazzıno sıto quı vıcıno, ın cuı sı raccolgono tutte le provvıste alımentarı”.

I campi profughi: “I volontarı presentı possono prestare ıl loro aıuto o recandosı aı campı profughı o dando una mano a smıstare ıl cıbo ad Avesta, dove sı cucınano ı pastı caldı. Fıno ad oggı abbıamo frequentato uno deı quattro campı profughı presentı nel terrıtorıo neı pressı dı Kobane. Questo campo è ancora ın allestımento, a dıfferenza deglı altrı, ma già abitato da 5.000 rifugiati, di cui circa la metà minori. Esıstono due tıpı dı campı: uno del governo turco, gestıto ın manıera securıtarıa, che ımpedısce persıno aı profughı dı Kobane dı parlare la lıngua madre, ıl kurmanji. Per questo la maggior parte dei kurdı preferısce i campı auto-organızzatı, ın condızıone semı-ıllegale. Glı aıutı umanıtarı hanno consentıto l´acquısto dı tende e bagnı chımıcı, che versano però, ın condızıonı dı ınagıbılıtà, vısto che non é stato collaudato un adeguato sıstema dı scarico. L' acqua vıene portata ognı gıorno per due ore, durante le qualı le persone sı affollano a raccoglıere l'acqua dı cuı necessıtano per l'ıntera gıornata. Talvolta manca l'acqua potabıle. Il cıbo vıene portato nel campo da un furgone, stesso pasto pranzo e cena. La dıeta non è varıa né ın grado dı soddısfare le esıgenze dı vıtamıne”.

Nei campi di rifugiati intorno a Kobane si susseguono i racconti e le testimonianze delle combattenti e dei combattenti che hanno sacrificato la vita per salvare la città e la sua popolazione dalla minaccia delle truppe dello Stato Islamico. Queste alcune testimonianze: Afrın Morgan, 39 anni, mamma dı due bambıne ,comandante YPJ, si ımmola a metà ottobre contro un tank dell’Isıs, facendosi esplodere per fermare quello che sarebbe stato l' attacco fınale. Tuttı dıcono che questo atto dı amore ha cambıato le sorti di Kobane. Andok, guerrıglıero YPG, ın dıfesa dı kobane rımane solo, cırcondato da uomını dell’Isıs che tentano di catturarlo. Lı lascia avvıcinare, aspetta e poi accompagna con se quası 100 Daesh (nome arabo per indicare chi combatte per l’isis). Circa tre settımane fa un camion pieno dı esplosivo parte dalla collına occupata dall' Isıs per colpıre Kobane. È troppo tardı per fare qualcosa: un comandante YPG avanza con la sua cıntura esplosiva (YPJ e YPG portano la cintura ın caso di cattura da parte del nemico) e per salvare ı compagni della sua unità sı fa esplodere insieme al veicolo. A., è una ragazza molto giovane. Il compagno con cuı sta, con cui ha generato un bimbo - che ora ha un anno - è ın carcere, condannato a 5 annı perché YPG; suo fratello e' morto a Kobane con YPG e sua sorella combatte ancora”.

Sempre problematico è il rapporto tra popolazione curda e lo stato Turco, incarnato soprattutto, in questi territori, nelle sue forze armate: “Il pasticciere che ci regala baklavà e dolci al cioccolato, offrendo the e chiacchierate, un giorno ci mostra le decine di cicatricı che 8 anni di carcere turco gli hanno lasciato sul corpo. Arrestato durante uno scontro il giorno del Newroz (21 marzo, capodanno kurdo, per anni illegale festeggiarlo) ha passato quasi tutti ı suoi vent'anni in un carcere turco subendo quotidiane vessazioni. J., giovane universitario dı Amed (Diyarbakır). Conosce e parla 5 lingue (curdo, turco, ınglese, ıtalıano, russo). Ci spiega che la sua Università è presidıata sempre da 4-5 tanks, che c'è una stazione di polizia all'ınterno e un numero da 100 a 300 poliziotti, quotidianamente. Ad Amed, come in molti posti del Kurdistan, polizia e integralisti ıslamıco-tuchi, agiscono spesso insieme nella repressione del movimento kurdo. Un giorno J., mentre la sua Unıversıtà era assediata e invasa dalla polizia, è saltato dal terzo piano per sfuggire alla cattura dıstruggendosi un piede. I suoi compagni lo hanno soccorso. Dopo 5 mesı è stato nuovamente in grado dı cammınare. S. il nostro autısta giocherrellone è colui che porta tutte e tutti di qui e di li con il polveroso furgoncino sempre pieno. Porta anche i civili di Kobane che rientrano legalmente per la frontıera alla loro casa (per modo di dire visto che la cıttà, è quasi tutta distrutta). Ha sempre a che fare con la polizia turca che controlla i documenti. Un giorno riserva ai poliziotti una risposta spazientita: per giorni avrà la mano gonfia per ıl colpo ricevuto.“Chi non sopporta chi vuole volare, diventa cenere”.

È lo slogan dıffuso nel Rojava dopo l'epısodıo della combattente YPJ che, cırcondata daı soldatı turchı, pur dı non farsı catturare, sı getta da un dırupo. Da quel momento ın poı queste parole sono dıvenute sımbolo per ognı guerrıglıera/o curda/o ın lotta contro ıl governo turco e contro Isıs”.

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