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Sex and the City a Kathmandu

E' di questi giorni la notizia che tre ministri indiani del governo regionale del liberale Karnataka sono stati obbligati alle dimissioni perché sorpresi a guardare film porno durante un dibattito parlamentare. In India permane, almeno sulla carta, un certo rigore per tutto ciò che ha a che fare con i vizi. Per questo Kathmandu attira i turisti indiani, con i suoi casinò, night e, da qualche anno sexy shop. Tutto un po' essenziale e artigianale, ma una virata nei costumi e nelle tradizioni nepalesi.

Un tempo le uniche immagini erotiche visibili erano quelle delle splendide sculture lignee tantriche di Durbar Square o di Bakthapur in cui si raccontano decine di modi per fare l’amore Poi, negli anni ’70, sono arrivati dall’occidente le prime riviste, da un paio d’anni sono stati aperti due ai sexy shop. Uno il costoso Sweet Secret a New Road, nella strada principale della capitale, l’altro un po’ nascosto fra i negozietti di pashmine e sigarette di Sundhara, dove c’è l’alta torre di Dhara Dara. L’apertura dei due negozi non è stata ben vista dai vicini ma, ora hanno fatto l’abitudine al movimento, specie serale. Kathmandu nell’immaginario non ha mai avuto un gran sex appeal, per turisti e residenti. Un posto più sul mistico o sportivo per il trekking.

Nel mezzo, fra tantrismo e sexy shop, i primi casinò del sub-continente (legali e illegali) che soddisfacevano il piacere dell’azzardo di nepalesi e indiani, le massaggiatrici nascoste fino ai night club di Thamel. Non c’è più il pudore, l’ipocrisia e, anche, i valori di una società religiosa e contadina, dove di sesso non si parlava, poco se ne faceva in casa e tanto fuori, ben nascosti.

Nel negozietto più economico di Sundhara, arriva tanta gente a curiosare e vedere cosa passa il mercato. Il proprietario, Yubrai Neupane (è un bramino e proprietario di Condom House) aveva lavorato in una ONG proprio nel settore della prevenzione delle malattie sessuali e, oggi, fra preservativi e altri aggeggi vorrebbe “make this store a meeting point to talk about sex”. Niente di male ma il negozio è il segno di un cambiamento generale dei costumi, di maggior spregiudicatezza nella società nepalese, nel bene e nel male. Neupane racconta, infatti, l’imbarazzo del funzionario che doveva firmare la licenza quando nella descrizione dei prodotti in vendita vi erano, semplicemente, i preservativi (anche se multicolori). Non aveva visto il sito dove si trova ogni tipo di ageggio.

I residui degli antichi costumi resistono nei divieti formali sull’esercizio della prostituzione che il governo maoista, bacchettone in teoria ma libertino nei suoi dirigenti, ha mantenuto. Nei villaggi da loro controllati durante il conflitto era vietato tutto: gioco d’azzardo, alcol, sesso extrafamigliare ma, una volta giunti nella perduta Kathmandu, anche loro hanno apprezzato qualche godimento. Negli anni ’70-80, il perbenismo arrivava fino ad imporre il taglio dei capelli ai capelloni locali ma, poiché il business è sempre benvenuto, si vendeva liberamente il fumo. Adesso, dopo la decisione della Corte Suprema di “garantire piena uguaglianza a tutte le minoranze sessuali”, in Nepal sono permessi matrimoni gay e il turismo è così incoraggiato. Un business che vale qualche centinaio di milioni di euro annui (è stato calcolato).

Liberalità che incoraggia anche il turista indiano a cui tutto, almeno in teoria, è vietato nel suo paese. Nel bene e nel male un po’ di movimento che s’aggancia ai grandi cambiamenti nel modo di mangiare con i fast food, di comprare (con i centri commerciali) e di vivere (con i palazzoni). Del resto il mondo è questo

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