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Sakineh a vuoto

Un'oppositrice iraniana in esilio dice che oggi avrebbero ucciso Sakineh. Tutti i media occidentali lanciano l'allarme, un vasto numero di politici italiani si esibisce in stentoree dichiarazioni di principio contro la pena di morte, Sarkozy addirittura minaccia l'Iran di interrompere le relazioni se la donna sarà toccata.

Non è vero niente, il caso di Sakineh è ancora all'esame delle autorità iraniane che non hanno alcuna fretta di definire la faccenda. Pare di capire che la lapidazione sia ormai esclusa, non piacendo nemmeno in Iran, dove è comminata solo da alcuni giudici e non sembra avere nemmeno del gradimento del governo, per il quale i condannati si possono uccidere in maniera meno barbara. Resta così la minaccia della pena di morte, comunque avversata dall'Occidente che ormai ha eletto a santino la povera donna.

La reattività di politica ed informazione a queste indiscrezioni è davvero ammirevole, quanto purtroppo rarissima. Se andate alla mente alle dichiarazioni dei politici, troverete ben poco spazio dedicato a quello che accade oltrefrontiera e quasi tutto dedicato a seguire il tema del giorno, quello che fa i titoli. Poi ci sono parecchi politici e giornalisti dediti alla demonizzazione dei paesi islamici iscritti nell'elenco dei cattivi e così finisce che le cronache dall'estero sono plasmate dalla loro possibile strumentalizzazione in chiave interna.

Tra le notizie dall'Iran che potevano valere la pena ci sarebbe da seguire il dibattito provocato dalla clamorosa uscita dell'Ayatollah Ali Mohammad Dastgheib (nella foto), che ha contestato il leader religioso Khamenei, sostenendo che il suo potere non deriva da Dio, ma dall'Assemblea degli Esperti che lo sceglie perché vegli sul governo e ne limiti gli errori e gli abusi. Dastgheib, detto "l'Ayatollah verde" con riferimento al colore dell'opposizione, non è uno sprovveduto e nemmeno un kamikaze, la sua uscita non può essere considerata l'exploit di un ingenuo e il fatto che sia stata accolta con attenzione e sangue freddo dal leader, testimonia la valenza e pericolosità della contestazione. Dastgheib era "fonte d'emulazione" quando Khamenei venne eletto leader senza esserlo e fa parte dell'Assemblea degli Esperti, che negli ultimi anni di governo Ahmadinejad ha assunto parte dei poteri del governo, per i temi sui quali Ahmadinejad si è dimostrato incapace o foriero d'idee ritenute bislacche. La battaglia dialettica per ora si svolge sul filo del sofismo giuridico, ma la sostanza del contendere è tremendamente reale e tangibile, è potere.

Non resta che sperare che tutto questo casino serva a salvare la vita di Sakineh, anche se la sua salvezza si dovesse risolvere in un ergastolo nelle carceri iraniane.

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