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Riotta e Hersh: il confronto non regge

“Mainstream is a loser”. La frase non esce dalla bocca di un blogger o di un citizen journalist ma da quella autorevole di Seymour Hersh, l’uomo che ha svelato gli orrori di Abu Ghraib ed è stato il più giovane premio Pulitzer della storia statunitense (1970) per l’inchiesta sul massacro di My Lai ad opera dell’esercito statunitense.
 
Se anche uno degli ultimi “maestri” del giornalismo del XX secolo attacca il sistema dei media vuol dire che l’informazione necessita di nuovi orizzonti. Hersh avrebbe raccolto tantissimi applausi se non avesse preferito “rubare” quel tempo per dedicarlo ad una domanda in più, a stimolare il dibattito, ad invitare i giovani a impegnarsi nel mestiere di giornalista e di farlo, soprattutto, sul web. Un’ora di parole che attaccano Bush e Berlusconii loro incontri prima della guerra in Iraq facevano rabbrividire – ma anche quel giornalismo che dice “sì signore”, genuflesso al potere, soprattutto dopo l’11 settembre. Un attacco a chi ha scritto che Saddam Hussein aveva le armi di distruzioni di massa, un attacco ad una classe giornalistica impettita e distante dalle persone alle quali si “dovrebbe” rivolgere – ben rappresentata a Perugia da Gianni Riotta –. Una classe gionalistica che “se la rivoluzione arrivasse, se ne accorgerebbe sei mesi dopo”. E’ un fiume in piena Hersh, si rivolge, spesso, ai giovani, li invita a cambiare: “Se ci sarà un cambiamento, sarà grazie a noi, non grazie ad un politico”.
 
E’ uno statunitense Hersh che guarda il mondo, accusa il suo paese degli orrori ma non dimentica che i soldati sono dei giovani che, a volte, muoiono perché l’esercito era l’unica fonte di sostegno nell’America without dreams. E’ uno statunitense che ricorda vividamente le parole della mamma del soldato che gli raccontò, per la prima volta, degli orrori di My Lai: “I gave them a good boy, they send me back a murder” ma rimane lucido nel chiedere al Presidente Obama di abbandonare l’Afghanistan, una guerra che: “non vinceremmo mai”. Lui democratico, sostenitore di Obama ama ripetere che: “la notte delle elezioni sono andato a letto pensando dormo con una bellissima principessa. La mattina dopo però mi sono detto è una rana e devi trattarlo come una rana". Per un’ora sprona i giovani presenti in sala a rimane “watchdogs”. Lo fa con la classe di un settantaduenne che non pensa d’essere migliore di altri, lo fa utilizzando il dialogo, accettando sempre una domanda in più, rispondendo a tutte le interviste e chiedendo ai ragazzi con i quali si è fermato a cena la sera precedente: “di cosa volete che parli nel mio intervento di domani?”.
 
Guardare Hersh parlare ha reso ancora più amaro il parallelo con l’incontro che ha visto protagonista Gianni Riotta, da una parte un uomo che preferisce cenare con i giovani; dall’altra un direttore che afferma: “a 55 anni, da direttore del TG1, non sono venuto ad un Press Festival per farmi attaccare”. Così mentre Hersh chiede ai giornalisti di migliorarsi Riotta risponde ad un intervistatore: “se lei fosse un mio alunno l’avrei già bocciata”. Le luci del teatro si spegnono e lo avvolgono nel buio quelle su Hersh rimangono accese in attesa di un applauso non richiesto. Il direttore Riotta ad ogni parola ricordava i suoi (brevi) studi alla Columbia e i suoi docenti; Hersh no. Non parlava di sé – e ne avrebbe di ben donde – ma di giovani, di futuro, di new media.


Dott. Riotta, Hersh non ha allontanato nessuno dei suoi intervistatori dicendo: "lei non avrà mai un contratto da nessun giornale".

Dott. Riotta, oggi, in molti, hanno capito qual è la differenza tra gli USA e l’Italia. Dall’altra parte dell’Atlantico, almeno, c’è ancora una speranza. 
 
P.S. Direttore non si preoccupi del nodo della mia cravatta, la preferisco un po’ slacciata.
 

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.179) 8 aprile 2009 12:16
    Damiano Mazzotti

    Riotta fa parte dei neoborghesi che si mettono la cravatta solo per sembrare seri e fottere meglio il prossimo... come i bancieri e i politici... spero vengano spazzati via al più presto dall’onda della storia...

  • Di Virginia Visani (---.---.---.49) 8 aprile 2009 12:55
    Virginia Visani

    Grazie, Francesco, per il resoconto dettagliato e distaccato dell’incontro. Senza fronzoli e senza gigionerie. Bravo!

  • Di marvin (---.---.---.242) 8 aprile 2009 13:18

    “spero vengano spazzati via al più presto dall’onda della storia”

    "L’onda della storia" è un bella intuizione, ognuno di noi deve essere una goccia di quell’onda, più gocce si uniranno più l’onda sarà devastante.
    Vi invito a far parte del Muro di Sostegno, fatto di pietre vive, ma che rappresentano tante gocce di acqua viva che si prepara a spegnere il fuoco umano della malvagità e dell’ingordigia.
    http://www.boscorealeperamico.it/sito/tabellaMuro.php

     

  • Di marco (---.---.---.213) 8 aprile 2009 13:19

     Decisamente il confronto non regge. La spocchia, la supponenza, il sottille e (poco) sottinteso lei-non-sa-chi-sono-io nelle parole di quest uomo, la dicono lunga su chi gestisce il servizio pubblico e sulla classe dirigente che l’ha scelto. Ho sentito dire che lo sostituirà Belpietro: dalla padella alla brace. Si sente molto la mancanza di giornalisti come Montanelli e Biagi, ben lontani dall’essere mangiapreti comunisti, ma esiliati a loro tempo dal Potere. Speranze in giro? Poche, molto poche. Un isola felice è il tg3, sempre più "soft" nelle denuncie però. Forse i tg di la7, il giornalismo d’inchiesta di report e magari anche la rete all-news RaiNews24. Sulla carta stampata? Poco, niente, meno che niente. La Repubblica non si sa più se è l’organo ufficiale del Pd o cos’altro, il Corsera... vabbè evitiamo. Il Manifesto? Troppo impegnato a parlarsi addosso dando la colpa della propria crisi al sistema, quando forse basterebbe evitare di parlare ancora con un linguaggio difficile, antico, estremamente self-centred che i tanto vituperati giovani proprio non capiscono, ne giustamente vogliono capire. Il futuro è nei new-media? Non so, forse. Sicuramente una via d’uscita per questa assurda Italia passa anche dal giornalismo, che deve allargare le coscienze, non restringerle, incanalarle, controllarle.

    (Mi scuso per la prolissità e la poca chiarezza, forse, delle mie parole)

  • Di Roberto Calabrò (---.---.---.100) 8 aprile 2009 14:38

    Ha portato il "citizen journalism" all’interno del TG1?
    Lo scopro ora!
    Non me n’ero mai accorto.
    Nemmeno oggi dopo aver visto l’edizione delle 13.30....

    Comunque, direttore, manca l’ultima domanda: "Ci racconta la parabola professionale di un giornalista che parte dal Manifesto e finisce al Sole 24Ore passando per il TG1 (ovvero dalla sinistra extraparlamentare a Confindustria)?"

    Questa ti sei dimenticato di farla, Francesco...

  • Di maurizio carena (---.---.---.230) 8 aprile 2009 18:32
    maurizio carena

     Hersh incarna la miglior tradizione di quel giornalismo anglosassone d’inchiesta, sempre parte civile contro il potere, che, seppure non piu’ quello dei tempi d’oro tra gli anni 60 e 70, ancora conserva i valori dell’indipendenza e dell’onesta’ intellettuale.
     riotta e’ solo un cameriere, viscido e spocchioso, un perfetto propagandista d’alto bordo, in possesso della vaselina giusta, per rendere digeribile alle masse di telerincogloniti gli ukase dei padroni del vapore.

     tra la tradizione di liberta’ di stampa Usa e la nostra tradizione clerical-fascista-berlusconiana ci sono proprio anni luce.

     il confronto e’ proprio improponibile.

     bell’articolo.

    saluti

    m.c.

  • Di alride (---.---.---.96) 8 aprile 2009 23:50

    bell’articolo, ne condivido tutto, ovviamente.
    il 4 aprile ero a perugia per sentirti, come pubblicato su agora.
    ma tu...hai parlato il 3.
    sarà per la prossima volta.
    p.s.
    povero riotta!

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