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Polemiche, tagli e lentezze: l’annus horribilis dei tribunali

Riforma della giustizia e stato dell’arte del settore dopo i tagli del governo. Un quadro desolante

«Quale che ne sia il modello, non va concepita e realizzata, da nessuna delle parti, come un momento di scontro fra poteri dello Stato, ma come un momento di incontro e di convergenza, poiché si tratta di un fondamentale servizio pubblico con incommensurabili riflessi sulla vita civile ed economica del Paese». A parlare è il primo presidente della Corte di cassazione, Vincenzo Carbone, nella sua relazione sull’amministrazione della in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. L’oggetto, ovviamente, è la riforma e il dibattito che si è incendiato attorno alle proposte del ministro Alfano. «La riforma, allora, deve essere il più possibile condivisa, fra le forze politiche ma anche fra gli operatori». Un augurio o un monito? Il dibattito intanto degenera, con uno scontro che vede, da una parte l’intera magistratura che chiede maggiori risorse e la riforma del processo, sia penale che civile, dall’altra la che sembra molto più interessata al ruolo e ai poteri del pubblico ministero. «Sono da respingere come inutili, se non dannosi, interventi parziali, dettati da risposte a singole emergenze, a lobby o a gruppi di potere che finiscono per diventare non solo improduttivi, ma accrescono nei protagonisti la sensazione diffusa di frustrazione a fronte dell’apparente impossibilità di modificare l’attuale situazione di crisi», ha sintetizzato Carbone.


Un dibattito, quello sui pm, che sembra non interessare l’opinione pubblica. La lentezza, e non la divisione delle carriere o le intercettazioni: questo è il principale imputato. Soprattutto per quanto riguarda il processo civile. E, certo, i tagli inseriti nella manovra estiva non hanno migliorato l’efficienza nei tribunali italiani. Un rapporto dell’Anm, consegnato al ministro Alfano, fotografa un Paese in grande affanno. Tanto per fare un esempio, solo per quanto riguarda i collegi di Sicilia e Calabria si è raggiunto il limite del 20 per cento di carenze dell’organico. Che riguarda tutti i settori, dai magistrati ai cancellieri fino agli impiegati amministrativi. Con punte impressionanti a Locri (50 per cento), Enna e Gela (75 per cento), Caltanissetta (40 per cento). Se in queste due regioni si è arrivati a questi livelli, anche altre aree del Paese, che finora avevano “retto il colpo”, oggi sono in gravissima difficoltà, come Torino.

Una delle gravi cause di disfunzione, sempre secondo Carbone, è l’attuale distribuzione delle sedi giudiziarie, che «sfugge ai più elementari principi di buona organizzazione degli uffici pubblici». Sono circa 60 i tribunali periferici in sezioni distaccate del Tribunale del capoluogo di Provincia. Razionalizzare il sistema potrebbe consentire uno snellimento di molte sezioni in difficoltà, consentendo di mantenere intatta la rete territoriale, delegando, però, al presidente del Tribunale provinciale la gestione del personale e delle risorse. Nonostante il grido di allarme di Carbone, però, il dibattito rimane inchiodato alla questione intercettazioni sì intercettazioni no. E i tagli, senza razionalizzazione, immobilizzano ancora di più il sistema dei processi in Italia.

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