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 Home page > Attualità > Economia > Palle d’acqua: la disinformazione dei referendari

Palle d’acqua: la disinformazione dei referendari

Adesso che il popolo italiano si è liberamente espresso, sarebbe interessante fare alcune previsioni sulle conseguenze, dirette e non, che il referendum produrrà negli anni a venire.

Un importante punto di partenza è la disinformazione emersa dalla propaganda dei referendari durante la campagna delle ultime settimane, soprattutto sul quesito sull'acqua, dove l'invito a votare è stato massiccio e martellante.
 
VOTARE AL REFERENDUM E' UN DOVERE?

Alcune delle tesi pubblicate sui social network erano più o meno basate sul concetto che votare fosse un dovere e chi avesse deciso di astenersi avrebbe commesso addirittura un reato.
 
In realtà non è proprio così.
Votare è un diritto, sancito dall'articolo 48 della Costituzione, che parla altresì di "dovere civico" (non morale o tanto meno passibile di sanzioni). Ma è un diritto anche astenersi e decidere liberamente di non votare. Può valere nel caso di elezioni, qualora non ci fossero schieramenti che ricalchino in pieno le nostre idee politiche (anche se sarebbe meglio votare "turandosi il naso") ma ancora di più vale nel caso dei referendum.

Soprattutto se, come avviene in Italia, si tratta espressamente di referendum abrogrativi, di leggi dunque già varate da un Parlamento e da un governo che ha avuto rappresentanza e legittimità democratica.

In questo caso, gli elettori che volessero mantenere le leggi in vigore hanno una doppia possibilità: votare No ai quesiti che intendono abrograre la norma o astenersi per far fallire il quorum.
 
Considerato che chi va a votare nella stragrande maggioranza dei casi si esprime per il Sì, allora ha più senso per un cittadino che la pensa in modo contrario far valere la sua tesi non votando piuttosto che mettendo una crocetta, che avalla comunque il referendum.

Detto questo c'è una norma che prevede che chiunque ricopra una carica pubblica ed invita i cittadini all'astensionismo rischia una pena fino a tre anni di carcere. Proprio come fece Cofferati alla guida della Cgil nel lontano 2002 sul referendum per l'articolo 18.
 
Allora però, gli indignados di sinistra non fecero tanto rumore.
Invece si attacca Berlusconi solo perché ha annunciato che non sarebbe andato a votare (esprimendo dunque una normale opinione personale) accusandolo addirittura di invitare indirettamente i suoi elettori all'astensione.
Siamo arrivati al punto che il presidente del Consiglio non è libero di dire quello che farà.
 
La legge del forcone, insomma.

LA DIFESA DEL MONOPOLIO PUBBLICO 

Di panzanate sull'acqua, invece, ne abbiamo sentite parecchie.
Di Pietro si è spinto a dire "Chi non c'avrà i soldi morirà di sete", il buon padre Alex Zanotelli ha scomodato direttamente Dio e la sacralità dell'acqua.
Soprattutto si è parlato molto vagamente di "privatizzazione", coniando slogan e propaganda dai referendari più agguerriti.
Ma che cosa si intende per privatizzazione?
Che l'acqua diventa privata e finisce nelle mani di pochi ricchi che se la possono permettere?

Esattamente il contrario.
Attualmente, con una legge del governo Prodi del 1996 (ministro allora, guarda un po', Di Pietro) il sistema idrico è gestito in gran parte dal pubblico, le così dette aziende municipalizzate, partecipate con i comuni ed in alcuni casi in una co-gestione mista con i privati.
 
Il decreto Ronchi del 2008 prevede che le aziende possano concorrere maggiormente alla distribuzione del servizio idrico, gareggiando con le imprese statali.

In pratica l'acqua alla fonte resta un bene comune, gestito dallo Stato, che decide, tramite un normale bando di gara, di affidare la gestione del servizio (non la proprietà del'acqua in sé) a quelle aziende che si dimostrano più solide, affidabili ed efficienti, con una partecipazione minima del 40% del capitale.
Al fine di scongiurare eventuali errori o abusi, è stata varata un Authority ad hoc per controllare e garantire la corretta gestione del servizio.
 
Se un'azienda dunque, distribuisce male l'acqua, aumenta drasticamente i costi, non ristruttura le reti, può perdere la licenza ed essere sostituita da un'altra.

Il cittadino ha così la possibilità, se dovesse trovarsi male, di cambiare gestore, proprio come avviene da anni nel campo della telefonia (non credo che ad oggi ci siano nostalgici della Sip) o nel settore dell'Energia (grazie alle offerte integrate di Enel, Edison, Eon, ecc...).

Non mi pare si tratti di un furto o di un esproprio della natura.
Tant'è vero che basta analizzare l'attuale sistema, a prevalenza pubblico, dove quasi il 50% dell'acqua viene inutilmente sprecato (il caso clamoroso dell'acquedotto pugliese) e dove le aziende municipalizzate, gestite dai comuni, fanno il bello ed il cattivo tempo, senza che i cittadini abbiano la facoltà di scegliere.

O lo Stato, o muori.
Inoltre c'è chi ha posto dubbi sulla possibilità per le aziende che investono sul settore idrico di ottenere una renumerazione sul capitale investito.
Ora, cosa c'è di più logico e normale se una Spa che decida di lanciarsi in un progetto, quindi sostenendo dei costi non indifferenti, si aspetti perlomeno di ottenere dei profitti?
 
In un regime di libero mercato è assolutamente salutare, soprattutto se l'azienda in questione vuole mantenersi in vita e continuare ad operare nel settore di competenza.
 
E' meglio un'azienda che fa utili (che servono a pagare anche i dipendenti o eventualmente ad essere reinvestiti) o si preferisce una municipalizzata che va in rosso e scarica le perdite sul debito di bilancio e quindi sullo Stato, cioè su tutti noi cittadini?
 
Inoltre il profitto è stato fissato in un 7% lordo massimo (quindi un 5% netto circa), previsto per legge e non soggetto al libero arbitrio delle aziende stesse (evitando così che possano aumentare troppo il prezzo per ottenere più guadagni).

Dunque niente di apocalittico all'orizzonte.
Chi ha davvero a cuore il futuro dell'acqua dovrebbe anzitutto indignarsi per come è stato gestito finora il servizio idrico nazionale e soprattutto dovrebbe chiedersi dove tireremo fuori i circa 60 miliardi (ma qualcuno stima anche di più) necessari nei prossimi 30 anni all'ammodernamento delle infrastrutture.
Lo Stato da solo non può farcela, a meno che non si aumentino tasse e tariffe.
Ma la battaglia dei referendari non era proprio quella di impedire l'accesso ai privati per evitare l'aumento delle bollette?
Altra insanabile contraddizione dei votanti.

Quindi l'acqua è sì un bene pubblico, ma non è gratis, anzi è un servizio che si paga, e anche caro.

Per quale motivo ci ostiniamo a difendere il monopolio pubblico, quei carrozzoni statali dove i dirigenti vengono spesso scelti per nomina politica o perché vicini al sindaco di turno?

Sono tutte domande che evidentemente i refendari non si sono posti con adeguata attenzione, preferendo leggere un paio di volantini o accodandosi ai megafoni di giornali trasformati in vere armi di propaganda di massa (alla faccia dell'informazione equilibrata ed indipendente).

O peggio, interpretare il referendum come una semplice spallata a Berlusconi, quando in gioco c'è molto di più, e soprattutto sono temi che riguarderanno il nostro futuro ambientale ed energetico, come sul nucleare, del quale ci occuperemo nella seconda parte.

I commenti più votati

  • Di yepbo (---.---.---.17) 14 giugno 2011 12:29

    Se un’azienda dunque, distribuisce male l’acqua, aumenta drasticamente i costi, non ristruttura le reti, può perdere la licenza ed essere sostituita da un’altra.

    Questa sua asserzione, valida in un paese normale, non lo é da noi.

    Tale azienda, avrebbe fraterni agganci con politici, partiti, banche, clero e sindacati vari, ai quali allungherebbe sostanziosi riconoscimenti, e, dal consiglio di amministrazione a scendere, una folta rappresentanza di parenti vari divisi tra i gruppi su citati.

    In forza di ciò, tale azienda, continuerebbe a fare i suoi comodi.

    Lo stato di sfacelo del paese, ne é conferma

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.62) 14 giugno 2011 12:13

    Posso dire che qui in Sardegna, ad esempio, Abbanoa, che gestisce in una buona parte l’acqua nei comuni isolani, non dà un buon servizio: per esempio non risponde alle chiamate , fossero anche (ed è successo da poco) quelle di un sindaco che si lamenta per un’interruzione del servizio, quelle di cittadini che il sabato mattina si ritrovano senza acqua (e lo vieni a sapere, questo ,dalle notizie pubblicate il lunedi: ergo, tre giorni senza acqua e senza che nessuno faccia niente per risolvere il problema). Non possiamo nè dobbiamo accettare questo tipo di soluzioni. Sono d’accordo con chi dice che l’acqua è sacra, così come chi non vuole che si sprechi. I maggiori sprechi oltre che in alcuni acquedotti, avvengono in agricoltura e negli usi industriali: questo almeno per chi vede ancora i "cannoni" mentre altrove si adoperano impianti di irrigazioni moderni, ma costosi e che si ripagano nel tempo. Quanto agli obblighi ,al dover votare, concordo con chi scrive: non è obbligatorio, sopratutto se ci riferiamo invece che al referendum alle elezioni politiche,dove non possiamo nemmeno scegliere chi eleggere perchè questo è deciso da altri. 

    • Di (---.---.---.21) 15 giugno 2011 01:04

      Anche io vengo dalla Sardegna è recentemente ho avuto parecchi problemi con abbanoa.
      Per quanto rigurada la questione di Abbanoa il problema, a mio giudizio, consiste sia negli scarsi controlli degli organismi pubblici e sia nella politica clienterale. A questo si aggiunge l’indifferenza di noi sardi per questioni così importanti. Qualche hanno fa si è votato per restituire l’acqua ai comuni e parecchia gente è andata al mare, adesso che abbanoa sta mandando le cosiddette bollette pazze, tutti si arrabbiano e vanno a protestare, anche coloro che potevano cambiare le cose ma hanno preferito andare in spiaggia. Votare, come nel caso del referendum, significa esprimere chiaramente la propria opinione ed è un dovere civico perché non viviamo da soli, come le capre, ma in una collettività. Chi non va a votare è una persona egoista che pensa solo a sé e si disinteressa degli altri e se ha deciso di non esprimersi non ha più il diritto di protestare.
      L’articolo sostiene che il Presidente del Consiglio è libero di decidere se votare oppure no. Io non sono assolutamente d’accordo perché il suo è un dovere istituzionale e civico, fare il presidente del consiglio significa anche dare un buon esempio, ossia trasmettere ai concittadini l’idea che si vive in una società e che su cose di interesse comune è giusto dibattere ed esprimere la propria opinione. Poi puoi anche essere in disaccordo ma a votare ci debbono andare tutti, soprattutto chi ricopre cariche istituzionali.

    • Di (---.---.---.21) 15 giugno 2011 01:24

      Il servizio idrico va male perché in Sardegna, come in tante altre regioni italiane, gli amministratori vengono scelti tra i politici trombati o tra coloro che sono in grado di orientare il voto anziché tra persone oneste e capaci. La stessa cosa avviene nella scelta del personale, dal manovale all’impiegato, che sta lì solo perché ha svenduto i voti suoi e dei suoi familiari alla politica. è questa mentalità che ci spinge sempre a fottere lo Stato credendo che esso sia una cosa diversa da noi, che si sta portando alla rovina. Solo cambiando questo modo di pensare e di agire si potrà veramente imprimere una svolta per tutto il sud Italia.

  • Di yepbo (---.---.---.17) 14 giugno 2011 12:29

    Se un’azienda dunque, distribuisce male l’acqua, aumenta drasticamente i costi, non ristruttura le reti, può perdere la licenza ed essere sostituita da un’altra.

    Questa sua asserzione, valida in un paese normale, non lo é da noi.

    Tale azienda, avrebbe fraterni agganci con politici, partiti, banche, clero e sindacati vari, ai quali allungherebbe sostanziosi riconoscimenti, e, dal consiglio di amministrazione a scendere, una folta rappresentanza di parenti vari divisi tra i gruppi su citati.

    In forza di ciò, tale azienda, continuerebbe a fare i suoi comodi.

    Lo stato di sfacelo del paese, ne é conferma
  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.51) 14 giugno 2011 18:32
    Damiano Mazzotti

    Se ci guadagnano i privati con la gestione dell’acqua, possono guadagnarci anche i comuni...

    Ma se i comuni non resisteranno alla tentazione di guadagnarci troppo il sindaco e i suoi amichetti non saranno più rieletti...

  • Di (---.---.---.116) 14 giugno 2011 19:57

    questo è bullismo mediatico o attività di lobbing; in un paese di cosche, clan, caste, mafie, monopoli di fatto e oligipoli viene a parlare della possibilità per il cittadino di cambiare gestore se dovesse trovarsi male. Ma a chi crede di stare a parlare a iprimitivi che portano l’anello al naso?

    • Di Libero Mercato (---.---.---.235) 15 giugno 2011 11:48
      Libero Mercato

      Perchè il settore pubblico, i comuni e le muncipalizzate sono esenti da clientelarismo, malagestione, sprechi, inefficienze, corruzione, mafia, ecc... ecc.....???
      E’ questo sistema che nei fatti è stato difeso con il voto al referendum (certo indirettamente ed in buona fede, ci mancherebbe...)
      Io non dico a priori che i privati sono la salvezza o il paradiso, ma semplicemente parto d un’analisi concreta, ovvero che l’attuale sistema di gestione idrica non è all’altezza, che lo Stato da solo non può investire 65 miliardi per i prossimi 30 anni per ammodernare e ristrutturare le reti, che un mercato più aperto nel lungo periodo può portare dei vantaggi. Anche perchè il decreto prevedeva una partecipazione societaria dei privati, non un totale affidamento dell’acqua alle aziende.
      E’ ben diverso. Però purtroppo c’è troppa ideologia e diffidenza a priori verso il mercato.

    • Di (---.---.---.234) 15 giugno 2011 17:49

      Sei tu che difendi questo sistema - pubblico e privato - con l’aggravante che vuoi consentire altre speculazioni da sommare a quelle già in essere, speculazioni che devono andare - per legge (7%di utili garantiti) - a buon fine. Ladri prima o poi la pagherete!

  • Di pv21 (---.---.---.222) 14 giugno 2011 20:01

    Conclusione >

    Se "ha più senso" astenersi dal voto per far fallire il quorum tanto varrebbe cambiare la Legge e decidere che per l’abrogazione basta una raccolta di firme pari al 50% +1 degli elettori. Almeno i costi (tanti) sarebbero a carico dei promotori.

    Attenti a Riflessi e Riflessioni calibrate su soggetti sensibili alla fascinazione mediatica ... 

  • Di Geri Steve (---.---.---.135) 14 giugno 2011 21:37

    questo articolo e’ decisamente disinformativo.

    per esempio:
    "Il cittadino ha così la possibilità, se dovesse trovarsi male, di cambiare gestore, proprio come avviene da anni nel campo della telefonia..."

    io ho la stramaledetta disgrazia disgrazia di essere un utente di Acqualatina, che mi ha aumentato le tariffe e mi fornisce acqua all’arsenico .
    mi spiega come potrei cambiare gestore??

    sul quorum e sull’astensione rimando a :
    http://www.agoravox.it/Sfondare-il-...
    e a:
    http://www.agoravox.it/Siamo-sicuri...

    • Di Libero Mercato (---.---.---.235) 15 giugno 2011 11:35
      Libero Mercato

      Acqua Latina è una società mista, partecipata al 51% dai Comuni e dal 49% tramite una bando di gara europeo. Quindi la maggioranza del capitale è pubblico. Nella situazione attuale non c’è grossa possibilità di scelta, ovvio. Se si fosse aperto il mercato, facendo magari passare qualche anno di tempo e di sperimentazione, avremmo avuto la possibilità di ampliare l’offerta ed i servizi (di certo non si può pretendere tutto e subito). Da questo commento si evince che i cittadini sono i primi a chiedere maggiore concorrenza e poi votano un referendum che nei fatti annulla la possibilità di ampliare il mercato e lascia tutto com’è.
      Complimenti.

    • Di (---.---.---.234) 15 giugno 2011 17:52

      Ma non vi accorgete che questa è la voce della lobbi dell’acqua, e usando la parola lobbi sono stato gentile

  • Di (---.---.---.21) 15 giugno 2011 01:59

    Vorrei ricordare al giornalista che ha scritto quest’articolo che l’art. 3, 2 comma, della Costituzione italiana stabilisce che: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutte le persone all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
    Questa norma significa che la Repubblica, rappresentata dalle istituzioni, deve rimuovere tutti quegli ostacoli (naturalmente non solo di natura economica ma anche quelli di tipo culturale, sanitario, assistenziale) che impediscono l’effettiva partecipazione dei cittadini alla vita economica, sociale e politica del nostro Paese. Tra questi ostacoli che le istituzioni debbono rimuovere c’è anche l’indifferenza di quelle persone che non hanno capito quanto sia importante partecipare alle decisioni che riguardano la collettività.
    Deve pertanto concludersi che il Presidente nonché tutti i parlamentari, in qualità di istituzioni della Repubblica, hanno il dovere di dare l’esempio e di chiedere ai cittadini di partecipare e contravvengono ad essi se invitano persone civicamente immature a non andare a votare.

    • Di Libero Mercato (---.---.---.235) 15 giugno 2011 11:39
      Libero Mercato

      Ma nel caso di un referendum ABROGRATIVO, è diverso, poichè si intende abrogare norme e decreti legge che sono già passati al vaglio del Parlamento (votato ed eletto democraticamente) quindi non può essere sullo stesso livello di votare per le elezioni, poichè chi è d’accordo con le decisioni del governo che ha votato può tranquillamente evitare, o impedire, che vengano cancellate, con uno strumento legale e legittimo come l’astensione.
      Non si tratta in molti casi di "indifferenza" ma di vera e propria posizione politica.

    • Di (---.---.---.234) 15 giugno 2011 17:57

      Risparmiatevi l’affanno di contraddirlo è un "dipendente" della lobby dell’acqua ai privati e ai politici corrotti, qualunque cosa diciate a lui non va mai bene. Due sono le categorie di persone con le quali è del tutto inutile discutere i fanatici religiosi e i prezzolati

  • Di (---.---.---.224) 19 giugno 2011 00:22

    L’AUTORE DEL POST NON DICE CHE UN MONOPOLIO ODO OLIGOPOLIO NEL SERVIZIO DI UN BENE COMUNE E PRIMARIO COME L’ACQUA, PRODUCE PIÙ DANNI DI UN MONOPOLIO ODO OLIGOPOLIO PUBBLICO...di economia l’autore del post ne capisce poco...

  • Di (---.---.---.224) 19 giugno 2011 00:26

    intedevo dire nella prima riga qui sopra che ho scritto in maiuscolo: MONOPOLIO OD OLIGOPOLIO PRIVATO, NELLA VENDITA O PRODUZIONE DI UN BENE COMUNE E PRIMARIO COME L’ACQUA...

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