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La burocrazia che frena lo sviluppo: il caso Orogel

Come nei precedenti articoli su Ikea e Esselunga, Libero Mercato torna a denunciare l'ennesimo "ostacolo all'italiana" che coinvolge questa volta il gruppo Orogel, famoso brand che produce verdure fresche surgelate.

La consueta montagna di carte e quattro anni di attesa per ottenere l'autorizzazione all'insediamento di un nuovo stabilimento su un'area di 44 mila metri quadri affianco la sede principale nel comune di Cesena.

Il nuovo capannone rientra in un investimento complessivo di circa 80 milioni di euro da portare a termine entro il 2017, che prevede un magazzino automatizzato per la conservazione ed il confezionamento (tre reparti da 3.600 metri quadri ciascuno) con l'obiettivo di incrementare la capacità logistica dagli attuali 900 mila quintali all'anno ad oltre un milione e con la prospettiva di aumentare l'occupazione interna (sono previsti 80 addetti in più da affiancare agli attuali 850, su un totale di 2.500 che lavorano nell'azienda romagnola). Lungaggini e lentezze procedurali che lasciano l'amaro in bocca considerando la crisi economica degli ultimi anni. 
 
Per l'amministratore delegato Bruno Pieraccini sul Sole24Ore: "La burocrazia continua a pesare sulle imprese con un costo elevatissimo. Il terreno ad uso produttivo è nella nostra disponibilità da 12 anni. Con la scadenza del piano particolareggiato, nel 2010, abbiamo dovuto riavviare tutto l'iter, affrontando una regolamentazione farraginosa, che prevede il coinvolgimento di venti enti diversi".
 
Oltre quattro anni di stop sono tanti e l'autorizzazione da parte degli uffici urbanistica ed edilizia privata di comune e provincia dovrebbe arrivare finalmente entro l'estate, consentendo così l'inizio dei lavori a settembre.
 
"Tutto deve essere fatto nel rispetto rigoroso della normativa" - tiene a precisare Pieraccini, a scanso di equivoci - ma gli iter amministrativi per il rilascio delle autorizzazioni devono essere snelliti per non bloccare i programmi di sviluppo delle imprese. Il carico burocratico eccessivo scoraggia le aziende e blocca anche gli investimenti dall'estero".
 
Il gruppo Orogel ha avviato il nuovo programma di investimenti per rispondere ad una domanda in crescita in Italia, nonostante una crisi che per fortuna non ha intaccato il mercato domestico. Solo il 5% della produzione di surgelati, infatti, è destinata all'estero (il 20% se si considera il prodotto fresco), con quasi 2.000 soci produttori l'azienda ha raggiunto un volume d'affari nel 2014 di 328 milioni.
 
E' dalla soluzione di casi emblematici come questi, di inspiegabile auto-lesionismo amministrativo-burocratico, che l'Italia deve seriamente ripartire per recuperare un pesante deficit di credibilità, ponendosi la sfida di diventare realmente un paese "business friendly" (che non escluda, anzi includa una lungimirante visione industriale di lungo periodo e serie politiche attive per il lavoro) l'unica reale opportunità che abbiamo per competere in un mercato globale ed aumentare l'occupazione e la produttività.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.106) 27 marzo 2015 23:16

    Leggevo che la svizzera che ha conosciuto casi di mafia radicata si è ripromessa di non modificare le sue normative che permettono in 36 ore di aprire una attività.

    Qui da noi tale rispetto per la libertà di impresa è inesistente e si passa sopra come un carrarmato ai tempi e alla facilità di aprire una impresa e pure di ampliare uno stabilimento.

    Non è questione di regole da rispettare ma di mentalità: se si deve scegliere tra la burocrazia e lo sviluppo del paese allora si sceglie e si è sempre scelto la burocrazia che significa anche nuovi burocrati e quindi nuovi stipendi pubblici e voti assicurati (voto di scambio).

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