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Occupiamo Bankitalia: dagli Indignados a Wall Street, le differenze tra protesta in Italia e negli Usa

Il movimento “Occupiamo Bankitalia”, emulo italiano degli Indignados spagnoli e degli statunitensi Occupy Wall Street sta muovendo solo ora i primi passi e già è partita la discussione sugli obiettivi e i risultati che questo movimento dovrebbe porsi. È guerra aperta sin dalla scelta del posto da occupare (perché la Banca d’Italia e non Piazza Affari, omologa dell’americana Wall Street?), fino alle rivendicazioni dei manifestanti, ovvero l’insolvenza del debito pubblico (“Noi la crisi non la paghiamo”) fino al default pilotato. E la spaccatura in atto, paradossalmente, è tra persone che in fondo la pensano alla stessa maniera (tra gli altri, per Valigia Blu, Mario Seminero, gestore di Phastidio.net che spiega quali sono gli errori dei manifestanti e qui Alessandro Gilioli in difesa degli "indignados"). Ma tra il pensare di alcuni e l’agire di altri c’è un abisso insormontabile

Perché in Italia, a pochi giorni dalla nascita del movimento, si discute e ci si indigna tanto sugli obiettivi che il movimento stesso si pone mentre negli Usa è stata una discussione importante, sì, ma non primaria? Lì, infatti, è passato un mese perché i manifestanti approntassero il loro manifesto definitivo, anticipato da Christian Rocca sul Sole 24 Ore: “Con qualche enfasi, i ragazzi di Occupy Wall Street sono a un passo dal presentare la prima bozza del loro programma economico, un misto di ricette socialiste europee (welfare dalla culla alla tomba, scuola e università gratuite per tutti), di slogan populisti contro banche, grandi aziende e super ricchi (cancellazione dei debiti, riduzione delle tasse per il 99% degli americani, super aliquote per l'1% dei privilegiati e per i capital gain), di scontate posizioni pacifiste (no alle guerre, abolizione del Pentagono) e di improbabili raccomandazioni di ogni genere e tipo (compresa la sottrazione dei figli ai genitori incapaci di garantire un'educazione adeguata a una non meglio precisata «moralità universale»)”.

Alla “dialettica” interna, inoltre, si somma una contingenza non proprio favorevole alla protesta, ovvero la crisi di Governo in atto che toglie voce mediatica alla protesta stessa, relegandola in secondo piano. Le prime pagine saranno per il salvataggio in extremis del Governo e del corollario radicale. Insomma un'agenda dettata ancora dalla crisi e dalla (mala)politica. Ma non è stato così anche negli Usa?
 
Beh, i contesti siano differenti ed è lampante. La protesta americana compirà il 17 un mese e se è vero che inizialmente era anch’essa relegata in secondo piano, successivamente è riuscita a dettare l’agenda mediatica negli Usa e nel mondo, anche purtroppo per colpa di alcuni violenti scontri e della reazione esagerata della polizia. Ma, soprattutto, ha ricevuto man mano l’endorsement di varie figure di spicco (Chomsky, Clinton, Zizek, Sarandon e tantissimi intellettuali, artisti e politici) che hanno dato una spinta notevole alle ragioni del movimento, nonché l'appoggio di molti media. Per alcuni, come Slate, infatti, i manifestanti americani hanno già vinto (“It has already altered our political debate, changed the agenda, shifted the discussion in newspapers, on cable TV, and even around the water cooler. And that is wonderful”) 
 
In Italia come detto si è già alle critiche accese ma bisognerà aspettare la manifestazione di oggi per capire qual è realmente la portata del movimento e se riuscirà ad arrivare al compimento del mese come negli Usa, dove però il mesiversario è stato messo in crisi da un dettaglio, che tanto dettaglio, in realtà, non era, ovvero la pulizia del Zuccotti Park (Parco privato aperto al pubblico 24h/24h, punto strategico per la manifestazione, come spiega il NYTimes). Ma lo spavento è durato poco, i proprietari del parco hanno deciso di ritardare la pulizia e i manifestanti, che s’erano già armati di scope e palette al grido di “Today we clean up our park, tomorrow we clean up Wall Street”, possono continuare a rimanere lì, anche se, nonostante l’annuncio, non sono mancati gli scontri con la polizia e gli arresti.
 
I discorsi sulle derive violente delle proteste made in Italy sono all'ordine del giorno e non senza qualche motivo. Inoltre sappiamo quand'è che la manifestazione, purtroppo, fa più notizia. Quanto più è numerosa e rumorosa, certo, ma anche quanto più è tesa la situazione tra manifestanti e forze dell'ordine. Un grande sguazzare tra chi parla di infiltrati, chi di mele marce e arresti, colpe, teatrino della politica etc mettendo in secondo piano le ragioni (giuste o sbagliate che siano) iniziali.
 
Domani la protesta toccherà 951 città di 82 paesi e in Italia la manifestazione principale sarà quella romana. Speriamo bene e che gli assalti ai bancomat dei giorni scorsi o le esagerazioni delle forze dell'ordine in stile TAV siano solo un brutto ricordo. 
 
Dove saranno fra un mese i manifestanti italiani? Saranno ancora nelle tende di fronte alla Banca d'Italia o avranno raggiunto gli omologhi statunitensi a Zuccotti Park per una protesta diventata globale?
 
Credits Foto: Occupiamo Bankitalia
 
LEGGI ANCHE: Wall Street: il sostegno di artisti, politici e intellettuali a un mese dall’inizio della protesta

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