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Nasce una nuova destra (forse)

La maggior parte delle storie d’amore finiscono, su questo non vi è alcun dubbio. Certamente, le scintille volate durante la direzione nazionale del Popolo delle Libertà sono state uno spettacolo sorprendente e inusuale, nel panorama della destra italiana.

Nasce una nuova destra (forse)

Il presidente della Camera Fini, cofondatore del Pdl, di fronte ad una platea per la maggior parte ostile, snocciola i nodi che da tempo affliggono il partito del predellino, inanellando questioni che già da tempo aveva lasciato ad intendere. Il discorso della quarta carica dello stato verte, a mio avviso, su due questioni principali: le scelte politiche del partito di appartenenza, da un lato, e un problema di democrazia interna nella conduzione della “creatura comune”, dall’altro.

I problemi politici che Fini pone all’attenzione della platea sono molteplici: una perdita consistenze dei voti al nord, dovuta ad un’emorragia dalle proporzioni considerevoli verso l’alleato leghista (“nel 2005 la Lega non era prima in nessuna provincia del Nord, nel 2010 è prima in nove province del Nord“), e un’evidente appiattimento del partito verso le posizioni del Carroccio. L’oratore rivendica una differenza culturale con la formazione politica alleata, e senza paura si scaglia contro le posizioni più aberranti di quest’ultima sulle quali, a suo dire, il Pdl non può e non deve riconoscersi (“io non mi ci ritrovo nei valori del Ppe, del rispetto della dignità umana, quando sento dire che i medici devono fare la spia, che quando un immigrato clandestino va in ospedale deve essere segnalato ai carabinieri“). Lamenta l’abbandono di scelte programmatiche chiare, come l’abolizione delle provincie, solamente per compiacere l’alleato nordico, e manifesta legittime perplessità riguardo l’eventuale riforma federalista, le cui linee strategiche sembrano dominate dalla cultura leghista di abbandono del Mezzogiorno al suo destino (“mi è stato detto – Quella è la bozza di Calderoli -. Ma sono eretico, sono bastian contrario se dico “Mi fate vedere bozza del Pdl, del mio partito, del partito che ho contribuito a fondare con tutti voi?”). Infine, esprime una profonda diversità culturale con lo stesso Berlusconi sul tema giustizia, accusando una riforma che dà l’impressione di “garantire sacche maggiori di impunità” (“l’impressione ad esempio c’è quando si legge che quando si ipotizzava la prescrizione breve ci sarebbero stati 600mila processi cancellati dalla sera alla mattina, un’amnistia mascherata”).

Un Berlusconi chiaramente infastidito lancerà successivamente un pesante ma giusto rimprovero nei confronti dell’eretico: il ruolo che Fini ha assunto con la vittoria del Pdl nel 2008 non gli permette tali prese di posizione e critiche, che non sono mancate da molti mesi a questa parte. Senza dubbio, occupare lo scranno più alto di Montecitorio si rivela una posizione stretta per colui che ora si vuole ergere a capo di una corrente interna al Pdl, partito di governo. Il ruolo superpartes di presidente della camera non dovrebbe permettere valutazioni (apprezzamenti o disapprovazioni) rivolte a proposte di legge sulle quali il Parlamento verrà chiamato a legiferare. Il predecessore Bertinotti, attaccato per aver espresso valutazioni generali sulla futura vita del governo, non si era mai lanciato in simili giudizi nei confronti di norme in entrata o in uscita dalle assemblee istituzionali.

Riguardo la seconda questione posta (la legittima presenza di posizioni differenti e la mancanza di democrazia all’interno del partito), Fini non può non tacere: sono in gioco il futuro e le regole di un partito che ha contribuito a fondare. “Da oggi nel Pdl cambia tutto“, assicura, rivendicando il diritto al dissenso, e allontanando fermamente l’accusa di alto tradimento rivoltagli da chi è sempre stato abituato, sin dal suo ingresso in politica, a comandare senza discutere. Si scontrano qui due culture politiche differenti, incarnate nelle due personalità che hanno condiviso una storia politica che, ora, sembra irrimediabilmente compromessa (una delle prime dichiarazioni politiche di Berlusconi imprenditore fu la l’espressione di fiducia nei confronti di Fini candidato sindaco di Roma, nel lontano 1994). Si scontrano la visione di chi esige un partito che faccia davvero politica, che discuta sui contenuti e sui valori, che si confronti e permetta dissensi (seppur limitati da un disegno comune e da regole democratiche), e chi ha sempre cavalcato una politica populista, plebiscitaria, forte della propria leadership alla quale va ricondotto qualsiasi successo. Il Pdl che Berlusconi vuole è la fotocopia di Forza Italia, un partito personale che oserei definire stalinista: o sei d’accordo con il capo, o sei fuori.

Berlusconi, ora, è certamente più debole, nonostante le ripetute vittorie elettorali. Ma Fini lo è di più: l’appoggio di cui può godere all’interno del partito è infimo, in termini numerici. Il grande pentimento al quale ha fatto riferimento Berlusconi apostrofandolo dal palco (“mi hai detto di esserti pentito di aver fondato il Pdl”) è sensato: vendere un partito, una storia, e dei valori (che Alleanza Nazionale vantava, a differenza di Forza Italia) lo ha trasformato in un intellettuale apprezzabile, ma privo di un esercito che lo sostenga. Le vesti di presidente della camera, inoltre, sono un abito certamente stretto per chi si appresta a fondare, finalmente, un nuovo centrodestra in Italia, che assomigli più alle destre europee e rifiuti l’anomalia berlusconiana. L’embrione di una nuova formazione politica che non faccia sconti, seppur da destra, riguardo i diritti civili e politici, la giustizia, la lotta alla mafia, e si faccia portatrice di una genuina cultura democratica e di rispetto delle istituzioni non può trovare spazio nella creatura che Berlusconi fondò dal predellino dell’automobile in piazza San Babila. Meglio sarebbe dimettersi dai ruoli istituzionali, lanciarsi nell’agone politico forte unicamente delle proprie convinzioni e intraprendere una nuova avventura politica verso la quale, ne sono convinto, non pochi si volgerebbero con vivo interesse.

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