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 Home page > Tempo Libero > Satira > Mille giorni di me e di me, testo e musica di Matteo Renzi

Mille giorni di me e di me, testo e musica di Matteo Renzi

Si può riassumere la conferenza stampa di Renzi a palazzo Chigi parafrasando il titolo di nota canzone di Baglioni: “Mille giorni di me e di me”.

Il gelataio matto ha esposto poco o nulla; il “diario di bordo” dei mille giorni è la solita e male imbastita sfilza di promesse senza alcun fondamento a cui assistiamo da sei mesi (lasso di tempo troppo breve per giudicare; in Italia per smascherare un impostore ci vogliono almeno venti anni e una non ben definita sequela di minchiate).

Innanzitutto è doveroso premettere che la “annunciate” non è la sola malattia del presidentucolo del consiglio, infatti il “nostro” soffre anche di “ritardite” cronica e irreversibile. Infatti dobbiamo ricordare che Renzi iniziò la sua carriera da imbonitore preso da una fregola incontenibile, trombando il seminarista Letta annunciando addirittura una riforma al mese – la vera cosa assurda consiste nel fatto che venne anche creduto - poi, visto l’andazzo, cercò di contenersi, e pian pianino, “tomo tomo e cacchio cacchio” si è concesso la bellezza di mille giorni.

Ma i mille giorni non vanno contati dall’insediamento, eh no, sarebbe troppo bello, bensì partono dal primo settembre 2014, per poi concludersi nel 2017: dal turbo al babbo morto in men che non si dica! Insomma, Renzi dall’incontenibile “politicatio precox” è giunto mestamente all’autoconservazione più bieca e sfacciata.

In fondo è stato proprio lo sponsor monomandatario del cono ai gusti “puffo e bischerino” (nati per commemorare la salutare e rassicurante alleanza con Silvio), a svelare le sue intenzioni, infatti il pupetto ha dichiarato senza mezzi termini che “ha fame” (più confessione di questa, è meglio di un intercettazione). Come esclamò il grande Totò nel film “Fifa e arena”a proposito di politica, non si potrebbe mangiare qualche coserellina?”

Bisogna dire però che il ragazzo ci prova, ce la mette tutta: in fondo una persona che non ha neanche uno straccio di programma o idea degni di questo nome ma solo una favella continua, inarrestabile e tracotante che cosa può mai fare se non intossicare un intero paese già agonizzante con slogan propagandistici e promesse inverosimili? C’è anche da dire che adesso il poveraccio fa anche tutto da solo: è stato lasciato a se stesso, e con i pessimi risultati che vediamo, da quando l’agente Gori e il paroliere Baricco lo hanno abbandonato (il primo ora fa lo stilista per la moglie e a tempo perso governa Bergamo, mentre il secondo si è dato all’illusionismo d’avanguardia riuscendo ad addormentare intere platee commentando Erotodo, cosa che rasenta a dir poco lo sconcerto).

Nonostante abbia dalla sua tutti i mezzi di comunicazione, Renzi non riesce a sfondare, e ce ne vuole! In pratica è come se non solo non riuscisse a rubare le caramelle ad un bambino, ma addirittura le prendesse di santa ragione dall’infante col sonaglietto della Chicco!

Non c’è niente da fare, per quanto ci provi non buca lo schermo, al massimo lo ingrassa e lo sgonfia al ritmo del suo effetto fisarmonica, e non è bello né rispettoso costringere lo spettatore a passare di continuo dai 16:9 ai 4:3.

A conti fatti non è possibile stabilire quali sentimenti leghino il paese al soggetto Renzi: da un lato è borioso, presuntuoso, ciarliero e per nulla affidabile, mentre dall’altro ricorda un Mastrota in crisi depressiva dopo esser rimasto orfano dei sui materassi, costretto a mettere all’asta i mobili di casa dopo che ha fedelmente festeggiato per ben tre anni i trent’anni della Eminflex. Immagine devastante!

Certo, se Matteo non avesse in mano le sorti del paese ci farebbe simpatia il fatto che raduni una torma inutile di giornalisti per offrire coni gelato, penosa e grottesca risposta alla famosa e pungente copertina dell’Economist, ma, ahinoi, la ridicola pantomima ha prodotto solo vergogna e tristezza.

Sembra quasi che Matteo Renzi sia una semplice faccia, una maschera utile solo a far scena mentre nel sottobosco la casta lavora di fino per far sopravvivere un sistema oramai logoro, irrimediabilmente compromesso e impotente. Una faccia spacciata per nuova che è riuscita addirittura a invecchiare prestissimo e male.

Purtroppo non convince, come in tutti i suoi interventi ha parlato tanto e non ha detto nulla: ha farneticato di riforme strutturali sul lavoro senza il benché minimo riferimento a un progetto reale, o quantomeno a delle linea guida degne di questo nome. Non ha esposto nulla di solido o credibile, ha bypassato i dubbi esposti dai giornalisti elencando i primi e sofferti passaggi in aula su leggi solo imbastite, più deleterie che utili al paese, e sciorinando dati più che superficiali sull’ articolo 18.

Insomma nulla di nuovo, la faccia continua a fare il suo lavoro: concentrare su di sé l’attenzione del dibattito politico mentre “altri” – quelli veramente pericolosi – lavorano alle nostre spalle. 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.194) 7 settembre 2014 12:31

    Senza fiato >


    DAI fatidici 100 giorni ai prodromici “mille giorni”.

    DAL “fare in fretta” allo spirito del maratoneta fino al “passo dopo passo” del marciatore.

    DAL “lascio tutto e vado via” al “saremo giudicati a maggio 2017”.

    DAL “ci metto la faccia” al “nessuno può chiamarsi fuori”.

    DAL coraggio, orgoglio e ambizione di dare la svolta all’appello a speranza e pazienza.


    Qui c’è tutta la parabola di un Premier che prese il potere per “cancellare” decenni di politica insipiente, fumosa e parolaia.


    Dopo 6 mesi di governo la crisi è ancora tutta lì ed il DEBITO non dà tregua.

    Oggi le sue uniche carte da “investire” sono i margini di flessibilità chiesti alla UE, le iniezioni di liquidità della Bce ed i 300 miliardi promessi da Juncker.

    Per il resto solo pesanti tagli di spesa (con tasse annesse) necessari all’equilibrio del bilancio.


    In altri termini.

    E’ più facile che l’Italia diventi la “forza trainante” dell’Europa piuttosto che Renzi resti una volta “senza fiato”.

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non conosce remore o limiti fino …

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