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Media e pubblicità: i persuasori occulti quanto sono occulti?

Abbiamo scelto le parole di Louis Cheskin, uno dei pionieri della ricerca motivazionale degli anni ‘50, che ha condotto inchieste di tipo psicanalitico per conto di molte imprese commerciali, come incipit per introdurre il testo di Vance Packard: “I persuasori occulti” e porre quest’ultimo in relazione ai messaggi pubblicitari odierni: “la ricerca delle motivazioni è quel tipo di ricerca che si propone di scoprire in base a quali motivazioni la gente faccia le proprie scelte. Essa si serve di metodi atti a raggiungere la parte inconscia o subconscia della mente umana, poiché le preferenze sono in generale determinate da fattori di cui l’individuo non è consapevole. Al momento dell’acquisto, infatti il consumatore agisce di solito obbedendo a impulsi emotivi, inconsciamente stimolato da immagini e simboli grafici che nel suo subcosciente si trovano associati con il prodotto”.

 

L’autore si sofferma ad analizzare l’impiego della psicanalisi di massa da parte della cd. “pubblicità del profondo”, che si propone di influenzare il comportamento del singolo e del collettivo nel campo del commercio, così come in politica e nelle relazioni industriali.

Questi “manipolatori di simboli” o “maghi del profondo” hanno imparato a conoscere il subconscio grazie alla psicologia e alle scienze sociali; e anche se preferiscono definirsi “ricercatori delle motivazioni” o “analisti delle motivazioni”- spiega Packard- utilizzano i perché dei nostri comportamenti così da poter manipolare a proprio vantaggio le nostre abitudini e preferenze, spesso legate a segrete debolezze e “vergogne” nell’intento di influenzare il nostro “subconscio stravagante”, spesso “miscuglio di vaghe aspirazioni e confuse velleità”.

L’assunto di base di questi tecnici o esperti pubblicitari è la considerazione per cui “pochissimi sono i casi in cui la gente sa realmente ciò che vuole anche quando dice di saperlo”, pertanto il pubblico o l’utente non è considerato come un essere razionale e con capacità di scelta autonoma e responsabile.

A questo proposito è interessante riportare “gli otto bisogni segreti” che Packard cita nel novero dei “desideri e delle nostalgie” del consumatore, così come utilizzati nelle applicazioni pubblicitarie:

1) La sicurezza emotiva (“Il frigorifero rappresenta per molti la garanzia che in casa c’è sempre del cibo, e la presenza del cibo nella casa rappresenta a sua volta stabilità, sicurezza e affetto”);

2) Stima e considerazione (per alimentare il senso di “stima e di merito” della casalinga, e impostare la pubblicità sull’importanza dei lavori domestici);

3) Le esigenze dell’ego;

4) Senso di potenza (l’agenzia pubblicitaria McCann-Erickson condusse per la benzina Esso un’indagine sui consumatori, ed elaborò una strategia pubblicitaria imperniata solo su due parole: potenza totale. La macchina con la sua velocità e le sue prestazioni, era simbolo della virilità e della sua potenza personale. Analoghe interpretazioni sull’accezione “prenatale, fetale, viscerale o sessuale” del prodotto, venne fatta per beni alimentari come i gelati (proiezione di “desiderio e libido”), le minestre (proiezione di “nutrimento e sicurezza”), le gomme americane (“mastica il poppante frustrato”);

 5) I legami familiari (la casa vinicola Mogen David raddoppiò nel giro di un anno le sue vendite con lo slogan “I bei tempi andati. Il vino della nostra infanzia, il vino che faceva la nonna”);

6) Speculazione sull’affetto;

7) Il bisogno di immortalità (in questa chiave è riportata l’esigenza di un’assicurazione sulla vita: ciò che attrae veramente è la prospettiva di perpetuarsi della propria influenza, anche dopo la morte);

8) Gli impulsi creativi (J. Vicari concluse che “cuocere una torta è un’azione sostitutiva del parto”, e quando una donna prepara la torta, offre simbolicamente un nuovo figlio alla famiglia. Ora, i preparati per la tavola, e in special modo le miscele per dolci si trovarono alle prese con questo “problema” dell’istinto creativo femminile; e mettere su un preparato istantaneo “non aggiungere latte, soltanto acqua”, privava le donne del tocco creativo! Nella miscela Swansdown cominciarono a modificare l’etichetta con le parole “Si aggiungano uova fresche”, incrementando le vendita semplicemente sollecitando il cliente al “suo tocco personale”).

La domanda è: la persuasione occulta è poi così occulta? Quanto siamo in grado di riconoscere le influenze indirette dei canali mediatici e mezzi d’informazione in generale, e quanto siamo capaci di filtrare le informazioni senza subirne il contenuto in maniera acritica?

Al di là dei giudizi valutativi sulla possibilità di “plasmare” le menti (nell’ottica del “mago pubblicitario”) o dell’essere plasmati (nell’ottica del consumatore), è importante vedere nella società dei consumi di oggi come allora, l’espressione di un linguaggio.

Se appare verosimile e verificabile la continua azione di persuasione da parte dei canali mediatici e/o pubblicitari al consumo di determinati prodotti (spesso superflui e che richiamano valori esteriorizzati al massimo come “la Bellezza, il Successo, l’Efficienza, la Potenza”); c’è da chiedersi allo stesso tempo come mai la maggior parte degli utenti si identifichino in questo tipo di messaggio e non agiscano (per mancanza di volontà, o per assimilazione al messaggio proposto) come “consumatori partecipativi”, nel senso di soggetti attivi del fenomeno.

Occorre soffermarsi sul fatto che la pubblicità crea spesso prodotti che sono uno specchio dell’identità collettiva a cui si rivolgono. E probabilmente un rifiuto generale delle sue proposte porterebbe le industrie e le aziende produttrici ad investire in altri campi per soddisfare un differente tipo di domanda.

A mio parere sono tre le variabili che bisognerebbe monitorare:


-  l’evoluzione del consumo in relazione ai bisogni sociali;

- l’eticità delle aziende e l’uso proattivo dei canali di comunicazione affinché siano parte di un processo costruttivo dell’identità collettiva;

-  la responsabilità del singolo, delle famiglie e delle istituzioni come fattori- filtro dei messaggi veicolati.

A tal proposito, un po’ ironicamente vorrei concludere citando le parole di Clyde Miller che in “The Process of Persuasion” sottolinea come attraverso un meccanismo di difesa appropriato, potremmo proteggerci “dai meschini trucchetti dei piccoli persuasori che operano su scala ridotta e quotidiana, ma anche dalle attività a vasto raggio dei maghi più potenti”.

In tal modo potremmo emanciparci non solo nello spazio pubblico del consumo, ma soprattutto come uomini e donne in relazione alle nostre scelte di vita, e riscoprirci individui integri, responsabili e autonomi, anche nella consapevolezza delle nostre “vanità” e dei “luoghi di consumo” più o meno superficiali, che però saranno percepiti come semplici servizi o contributo di colore al quotidiano, e non come la compensazione di un bisogno o necessità profonde che nessun centro commerciale con le sue grandi marche potranno mai colmare.

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