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Libri, miscelazioni, storie: ’Jean Claude Izzo - Storia di un marsigliese ’ e ’Metro Milano - manuale per conquistare una città’

Nell’editoria non da prima linea, in quella che sa di non poter guadagnare la prima fila ma non cede a tutta una vasta gamma di ‘scorciatoie alla moda’, gestioni marketing in parte anche fuori dalla loro portata, copertine-occhiolini che le provano tutte per attirare il potenziale lettore e incollarsi a mani e portafogli; in quest’editoria intermedia, a volte piccola, a volte medio-piccola, altre proprio ‘piccolissima’, nascono libri che sono ‘miscelazioni’. E chi mi conosce sa, che le miscelazioni mi hanno sempre attirato, incuriosito, catturato.
 
Miscelare implica apertura, implica sfida e coraggio a mettersi in gioco tra virate e territori non convenzionali (non del tutto almeno).
Miscelare lo si può fare in molti modi, editorialmente ragionando: nell’aspetto dunque sull’oggetto-libro oppure nei suoi contenuti, tra narrazioni, e altre forme artistiche.
Miscelare piega regole, mette in dubbio ‘denominazioni’ e ‘catalogazioni’ (cos’è questo? Un romanzo? Un libro? Ci sono delle foto dentro? Poesie? Ma sono capitoli questi? E la trama, i personaggi, i colpi di scena…?).
 
Rientrano a mio avviso in quest’onda editoriale due libri:
‘Jean Claude Izzo – Storia di un marsigliese’ di Stefania Nardini, PerdisaPop, collana ‘Rumore bianco’ con illustrazioni di Ivana Stoyanova e traduzioni di Luigi Bernardi (che cura la collana) in uscita il 7 aprile 2010;
‘Metro Milano – manuale per conquistare una città’ di Paolo Melissi, Historica, collana ‘Cahier di viaggio’ con appendice fotografica e foto in copertina di Paolo Melissi, collana curata da Francesca Mazzucato, prima edizione marzo 2010.
 
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‘Jean Claude Izzo – Storia di un marsigliese’ inaugura la collana ‘Rumore bianco’ che si rifà nel nome quanto soprattutto nei sensi al lavoro di Don DeLillo nell’omonimo romanzo: “In Rumore bianco ho cercato uno squarcio di luce nel quotidiano. A volte, è una luce quasi spaventosa. Altre volte, può diventare quasi sacra…” (Don DeLillo, citazione).
 
E’ un libro che colpisce da subito, sfiorarne la copertina dai colori forti, pastelli opachi, tratti accennati, tenerlo in mano e scoprire una cura, scoprire un oggetto-libro ben oltre la media generale (includendo dunque anche le pubblicazioni delle ‘Grandi’).
Non amo raccontare di un libro iniziando dall’aspetto pratico-materiale, dall’oggetto-libro insomma, spesso lo trascuro completamente perché è di ciò che ha da dire, del suo contenuto, del resto che mi occupo abitualmente. In questo caso ci sono una serie di connessioni, importanti, notevoli io credo, tra l’oggetto-libro che colpisce immediatamente e ciò che poi dentro si trova, scopre piano piano.
La cura, che nell’oggetto si manifesta nella qualità, nel ‘come si presenta’, resta e insiste anche tra le pagine, tra gli intestini del ’libro-non-libro’ che mi è sembrato da subito sfogliandolo. Ne ha la forma, del libro, ma molte altre caratteristiche virano verso un confine labile. Ci sono illustrazioni che giocano ad alternarsi coi brevi capitoli, col narrare, il recuperare frammenti di Izzo. Il narrare stesso non solo non è lineare men che meno si chiude con l’ultima pagina, la centosessantotto.
 
E’ una storia, questa, sfilacciata e aperta, che intreccia il sentire e il vissuto dell’autrice, Stefania Nardini, con quello del ‘protagonista-osservato’ ovvero Jean Claude Izzo’ (per queste ragioni non riesco a considerarla una ’biografia’ sebbene l’intento e gli sforzi sono tesi in quella direzione).
Lo spiega la Nardini stessa, nelle note dell’autore, quanto il concepimento e dunque i sensi di quest’opera attingono a miscelazioni, virate, affondi:
 
“Non ho mai conosciuto Jean-Claude Izzo. Eppure è stato lui che mi ha portata a Marsiglia quando, anni fa, completata la lettura dei suoi libri, lo sognai. […] Quel sogno mi turbò. Andai a Marsiglia. Dovevo restarci due settimane. Ci sono rimasta quattro anni.,
 
Anche Laurence quando si arrabbia gli diceva: «Non fare come Montale!».
Se incontro Montale, cercherò di discutere con lui, penso che mi aiuterà!
Laurence è una donna tranquilla, solare, forte. Si era appena separata quando iniziò la sua relazione con Jean-Claude.
«Inizialmente anch’io soffrii molto quando capii che c’era un’altra persona a Parigi», racconta, «una persona che, come me, soffriva».
Con Laurence tornò a Marsiglia. Lei chiese un trasferimento per il suo lavoro e, dopo una serie di problemi, lo ottenne.
[* Jean-Claude Izzo, Manoscritto inedito, giugno 1993]
(pag.148-149)
 
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‘Metro Milano – manuale per conquistare una città’ si presenta con una veste semplice, la copertina è una fotografia dello stesso autore giocata sulle tonalità del verde, giallo e nero, i colori della Metro milanese rapiti da una certa angolazione. E’ lucida, la copertina, quanto il primo impatto. Aprendolo i polpastrelli vagano tra pagine d’un color panna e caratteri semplici, ordinati. L’impressione di ordine resta anche durante la lettura. Un ordine garbato, sporcato dalle virate nei contenuti, da capitoli dai titoli che incuriosiscono e confondono come ‘Esercizio n.7’ oppure ‘Carlo da Rovereto’ assieme ad altre frasi che emergono dall’impasto narrativo attraverso l’uso di diversi caratteri o pause come ‘Ma andare al lavoro no?’.
 
Melissi radiografa transiti metropolitani spezzati, quasi frame avvicinati per esigenze narrative, per raccontarli senza perderne umori e colori, sensi e suoni ma che restano comunque autonomi, solitari. Ed è un narrare che entra ed esce, da persone-personaggi, percezioni, riflessioni, constatazioni, proposte di ‘esercizi’ che diventano domande e risposte.
 
Melissi acchiappa dettagli, li mette in ordine, in ‘un’ ordine che guida attraverso ostacoli, cambiamenti improvvisi, location diverse, corpi, volti e voci che sono ogni volta storie, vissuti, aliti.
Non ne sono uscita ‘conquistatrice’ sebbene con Milano e la sua rete metro ho già avuto avvicinamenti anche tattili concreti, fisici. Non credo che Melissi proponga nulla di così superficiale da poter innescare aspettative precise nel lettore, la struttura, la lingua e l’incedere frantumano da subito ogni eventuali idea che il lettore può aver maturato prima di leggere.
 
Melissi cerca di far uscire fondali. Scava e registra. Avvia continuamente miscelazioni di descrizioni, immagini, pensieri, riflessioni, annotazioni libere e scomposte. Melissi punzecchia, gioca col lettore coi piccoli pezzi d’un puzzle incompleto, e ogni pezzo può tranquillamente essere assorbito, sentito e vissuto autonomamente.
 
Ogni giorno l’intimo respiro delle abitazioni viste dall’esterno, il cuore dei condomini sfiorati dai percorsi in tram e spiati di sfuggita attraverso i vetri umidi, ti sfiora da vicino, ne percepisci il calore. E con esso t’investe la piccolezza dei pensieri, l’esiguità dei punti di vista, l’imprevedibilità di certi ragionamenti, l’alterità sorprendente.
Capti come in una rete a strascico conversazioni piatte, tra colleghi o al cellulare.
[…]
 
Tatuaggi.
 
Stivali, tanti stivali. Femminili.
 
Più tardi: ragazzi, studenti universali. Professionisti di mezz’età. Signore casalinghe agiate in giro per compere.
(pag. 113-114)
 
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Due libri che accompagnano, sussurrano. Non chiedono tempi lunghi. Attenzione sì, la chiedono sussurrando tra le pagine ma nei formati quanto nelle strutture interne, lasciano ampio spazio negli usi, permettono sospensioni, ascolti mutevoli.
Sia che già si conosca Milano e la sua metro; sia che già si sia letto e magari amato Izzo, consiglio di tenerli in borsa o sul comodino, queste due libri. La tentazione di sfogliare potrebbe arrivare all’improvviso. Leggerne pagine anche a caso. Poi, chissà.
 
 
Immagine di Bg, marzo 2010, i Navigli, Milano.
 

Link
 
Scheda di ’Metro Milano’ dal sito dell’editore.
Scheda di ’Jean Claude Izzo’ dal sito dell’editore.
Stefania Nardini su Letteratitudine di M.Maugeri.

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